Omicidio Bergamini, ora il processo Cucchi diventa un incubo per la difesa di Isabella Internò

Ilaria Cucchi ha potuto dire addio a suo fratello. Un addio arrivato dopo la conferma da parte della Cassazione delle condanne a 12 anni di carcere per i carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, che nell’ottobre del 2009 hanno picchiato e ucciso Stefano Cucchi, e dopo le condanne del Tribunale di Roma nei confronti degli otto carabinieri che per anni hanno depistato le indagini sulla morte del geometra romano. In un post pubblicato su Facebook, in cui è ritratta china su una fioriera, Ilaria Cucchi scrive: «Dodici anni e sei mesi. È arrivato il momento di dirti addio. E qui e così sognavo di farlo. Ora posso lasciarti andare. Ti voglio bene fratello mio. Te ne vorrò per sempre».

Ma se Stefano Cucchi ha avuto Giustizia, c’è un altro ragazzo ucciso dallo stato che ancora la attende.

Che il processo per l’omicidio di Denis Bergamini sia soprattutto un processo mediatico lo sanno tutti. Caspita se è un processo mediatico: se non lo fosse stato nessun media se ne sarebbe occupato così a lungo negli anni nonostante un vero processo per l’assassinio del calciatore del Cosenza non ci sia mai stato, a parte quello grottesco e paradossale alla pretura di Trebisacce. Oggi per fortuna ci sono elementi solidissimi di scienza, che si tenta di far passare come sperimentali quando tutti i cold case più recenti (Claps, Cucchi ma anche altri) sono stati risolti con la glicoforina. Ed è per questo che la difesa di Isabella Internò va in tilt quando viene evocato Stefano Cucchi. E ci andrà ancora di più adesso, perché la sera del 4 aprile è arrivata la condanna definitiva a 12 anni per i due assassini, i carabinieri Di Bernardo e D’Alessandro, che da ieri sono in carcere. Ed è molto facile capire anche per gente come gli avvocati della mantide di Surdo che se non ci fossero stati questi solidi elementi scientifici, la loro assistita avrebbe continuato a fare la bella vita così come ha fatto in questi lunghi anni e invece il processo iniziato da circa 6 mesi a Cosenza con le prime 13 udienze penderà su di lei come una pesante spada di Damocle.

La difesa di Isabella Internò e la stessa imputata non sono in grado di reggere un processo mediatico perché finora hanno soltanto pensato a nascondere una verità conclamata come quella dell’omicidio di Bergamini e non si vede davvero quale strategia possano utilizzare, se non quella rozza e inutile degli azzeccagarbugli, per provare ancora oggi a negarla. Di conseguenza, c’è bisogno assoluto che questo processo mediatico dilaghi sempre di più tra l’opinione pubblica nazionale e Fabio Anselmo ha già una vasta esperienza avendo affrontato e vinto altri casi molto simili a quello di Denis Bergamini: non solo Stefano Cucchi ma anche Federico Aldrovandi e tanti altri, purtroppo.

“La verità la conosciamo tutti – ha detto Fabio Anselmo dopo una delle udienze a Cosenza -, però ancora qui dentro non è entrata e adesso finalmente stiamo facendo questo processo”. Non dev’essere facile per chi finora si è sentita intoccabile e protetta essere messa alla sbarra per un reato così grave e le analogie con il caso Cucchi vengono viste come il fumo negli occhi dal legale della Internò, l’anonimo Angelo Pugliese, avvocaticchio al servizio delle lobby di potere cosentine che non solo non ha mai fatto storia ma non ha neanche le basi per poter esercitare la professione a certi livelli.

Il processo Cucchi fa paura, lo capisco, perché le problematiche e le tematiche medico-legali sono simili a quelle del processo Bergamini. Nel processo Cucchi – ha ricordato l’avvocato Anselmo – avevamo trovato un radiologo di fama internazionale, il professor Masciocchi, che ci ha fatto sapere, interpellato da noi, che la famosa vertebra (di L3) era stata tagliata in due e la parte veramente fratturata, che invece veniva negata dai periti della Corte d’Assise di Roma, non era stata sottoposta ad esame perché mancava negli esami radiologici… Il professor Masciocchi è diventato così un teste della procura così come Vittorio Fineschi (il radiologo che ha portato avanti i test con la glicoforina per stabilire la vitalità delle lesioni, ovvero il metodo utilizzato per dimostrare scientificamente che Bergamini è morto per soffocamento, ndr) oggi è diventato un teste della procura di Castrovillari: è colui che si è occupato di questo caso con le moderne metodologie e ci ha consentito di riaprirlo grazie anche al procuratore Facciolla. Il fatto è meno eclatante e meno terribile di quello di Cucchi ovviamente, perché qui il problema, dal punto di vista medico-legale, è che la verità si è nascosta all’inizio non di recente. Ma l’analogia non può che fare paura perché oggi Fineschi è un teste dell’accusa”. Anselmo è soddisfatto. “Siamo partiti con il piede giusto e adesso viaggiamo. A Donata Bergamini dico di stare tranquilla, di essere serena perché arriverà il suo momento. Ci misuriamo sui fatti e finalmente faremo questo processo”.