Castrovillari, perché l’eliminazione di Maurizio Scorza è ancora un rebus

di Alessia Candito

Fonte: Repubblica

CASTROVILLARI -Una macchina ferma sul ciglio della strada con i fari accesi in una zona isolata. Ai carabinieri che lunedì notte sono arrivati in contrada Gammellone, nelle campagne di Castrovillari, era stato segnalato solo questo. Ma quando si sono avvicinati, hanno capito subito che quella era la scena di un delitto efferato.

Sul lato passeggero, c’era una donna senza vita. Era riversa sul sedile, inzuppato del sangue uscito da diverse ferite da proiettile. I documenti che aveva con sé la identificano come Hanane Saadi, 40 anni che avrebbe compiuto ieri e che non arriveranno più. Subito dopo, nel portabagagli hanno trovato quello che da qualche tempo era il suo compagno, Maurizio Scorza, 57 anni. Anche lui ucciso da diversi colpi di pistola. Accanto, un capretto morto.

Un dettaglio agghiacciante, inizialmente letto come possibile firma di un delitto di mafia. Le prime indagini però hanno svelato che la presenza dell’animale in quel bagagliaio non era altro che una macabra casualità. In vista del pranzo di Pasqua, era stato acquistato da Scorza poche ore prima di essere ucciso.

Ma se un particolare si chiarisce, il quadro generale rimane ingarbugliato. Anche perché quello di Castrovillari è un omicidio strano. A partire dall’arma utilizzata.

Si tratta di una pistola, un’arma corta. Poco usuale in caso di agguati. Segno di una trattativa finita male, di un affare andato storto? E poi, che ci faceva la donna con Scorza? Sono stati sorpresi o il cinquantasettenne sperava di usarla come “scudo”, pensando che la sua presenza dissuadesse eventuali killer?

In passato, la medesima strategia era stata usata dal boss della droga, Giuseppe Iannicelli, che sperava di salvarsi dai sicari portandosi dietro la giovane compagna Ibtissam Touss e il nipotino, Cocò Campolongo, di soli tre anni. Ma nulla ferma la ferocia della ‘Ndrangheta. E tutti sono stati uccisi, i loro corpi bruciati nella Punto abbandonata nelle campagne appena fuori Cassano.

Che si sappia però Scorza non era un boss. Il suo era un nome noto alle forze dell’ordine, nel novembre 2013 era già stato vittima di un agguato dal quale si era miracolosamente salvato al prezzo di settimane di ospedale e gravi ferite, ma fonti investigative non lo collocano nel pantheon criminale di zona. “Aveva a che fare con giri di droga”, filtra, ma il suo non sarebbe stato ruolo da capo.

Ecco un altro dei dettagli che l’indagine dovrà chiarire. Molto potrà suggerire l’esame del medico legale, tuttora in corso, chiamato a chiarire come e dove siano stati uccisi Scorza e la compagna. Le ferite da arma da fuoco parlano, quelle da sparo a bruciapelo spesso raccontano un’esecuzione. E, dettaglio non da poco, nel caso bisognerà stabilire anche se sia avvenuta lì dove i due corpi sono stati trovati.

In realtà, al momento l’ipotesi più accreditata è che i due siano stati uccisi altrove, quindi portati nell’isolata zona di campagna in cui sono stati trovati. Qualcosa al riguardo potrebbe rivelarla il contenuto del telefono trovato addosso a Scorza, dove gli investigatori sperano di trovare gli indizi necessari per identificare il suo assassino.

Un rebus adesso in mano ai carabinieri coordinati dalla procura antimafia di Catanzaro, guidata da Nicola Gratteri, che ha preso in mano l’indagine avviata dai magistrati di Castrovillari dopo il ritrovamento dei cadaveri. Questione di competenza, perché l’omicidio di contrada Gammellone – è l’ipotesi degli investigatori – è cosa che potrebbe avere a che fare con la ‘Ndrangheta.