Procura nazionale antimafia, Di Matteo e Ardita sostengono Gratteri: si vota i primi di maggio, poi il ballottaggio finale

Sarà una sfida a tre per la procura nazionale antimafia. Dopo il primo “turno”, la Quinta commissione del Csm proporrà al Plenum tre nomi: sono quelli del procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri (che ha ottenuto due voti), dell’aggiunto della Procura nazionale antimafia Giovanni Russo (due voti anche per lui) e di Giovanni Melillo, procuratore di Napoli, che ha ottenuto un solo voto. Si registra l’astensione di Michele Ciambellini, togato eletto con Unicost.

La votazione dei giorni scorsi ha riservato una sorpresa: alla vigilia Melillo era accreditato di un numero superiore di voti e invece adesso Gratteri è in vantaggio. Ora, nei primi giorni di maggio, il Plenum voterà per i tre proposti (Gratteri, Russo e Melillo); successivamente ci sarà il ballottaggio tra i due che totalizzeranno più voti. Siamo alla stretta finale, dunque, della tornata che – una volta conclusa – avvierà un effetto domino in alcune tra le Procure più importanti del Paese.

Nei giorni scorsi il Csm ha impresso un’accelerazione sulla scelta del successore di Federico Cafiero De Raho, con le audizioni, in Commissione Direttivi, dei sette candidati, inizialmente convocate per il 12 aprile. Un segnale della volontà di stringere i tempi, considerata l’importanza e la delicatezza del posto da ricoprire.

Siamo comunque sempre davanti ad una spaccatura, l’ennesima, che mostra ancora una volta lo stato in cui versa la magistratura italiana. La Commissione per gli incarichi direttivi del Csm si è divisa sulla scelta dell’erede di Federico Cafiero De Raho, il procuratore nazionale antimafia andato in pensione per limiti d’età lasciando il suo posto senza un ‘titolare’ dallo scorso febbraio.

Di Matteo sarebbe propenso a votare Gratteri. Per il procuratore di Catanzaro ci sarebbe anche l’altro pm antimafia Sebastiano Ardita. Melillo sconterebbe un ‘peccato originale’: quello di essere stato il capo di gabinetto dell’allora ministro della Giustizia Andrea Orlando (arrassusia, diciamo a Cosenza). Un incarico troppo ‘politico’ per poter ora aspirare a diventare il capo della Dna. Melillo, come si ricorderà, era stato nominato procuratore di Napoli a luglio del 2017. Per ironia della sorte aveva battuto, 14 voti a 9, proprio Federico Cafiero De Raho, fino a quel momento procuratore di Reggio Calabria. Come per la nomina di Marcello Viola a procuratore di Milano, sarà comunque determinate l’orientamento dei consiglieri laici. Salvo imprevisti, il voto è atteso dopo Pasqua.

Nino Di Matteo non fa parte della Commissione per gli incarichi direttivi ma che prima di essere eletto al Csm prestava servizio alla Procura nazionale antimafia e dove tornerà il prossimo settembre quando terminerà la consiliatura. Con Cafiero De Raho il magistrato siciliano aveva avuto un rapporto complicato al punto da essere “rimosso” a maggio del 2019 dal pool che si stava occupando delle indagini sui mandanti occulti delle stragi dei primi anni 90.

Ufficialmente il motivo del trasferimento ad altro incarico all’interno della Dna era stato dovuto al fatto che il pm del processo Trattativa Stato-mafia aveva raccontato, durante la trasmissione di Andrea Purgatori su La7, alcuni dettagli, ritenuti da Cafiero De Raho di interesse investigativo e relativi a trascorse vicende giudiziarie. Riferendosi ad esempio alla strage di Capaci, Di Matteo aveva sottolineato con il giornalista il ritrovamento nei pressi del cratere della bomba di un guanto con tracce di dna femminile e di un foglietto con il numero di un funzionario dei servizi segreti. Il magistrato aveva poi ricordato che Pietro Rampulla, l’uomo che fornì il telecomando per la strage, era un estremista di destra e l’interesse di Giovanni Falcone per gli elenchi di Gladio.