Rende, un “gioiello” in un mare di ipocrisie e falsità
di Francesco Vena
Una città, quella di Rende, ideata e progettata senza una identità, senza un’anima, senza un polo commerciale, economico e produttivo, senza punti di riferimento Una nascente cittadina certamente ordinata, con i servizi primari di livello e con una quota di verde invidiabile. Il resto? Una cittadina di passaggio con due rette parallele o, nella migliore delle ipotesi una dependance, fungibile da dormitorio, del capoluogo. Solo una visione lungimirante, un gruppo dirigente coeso, unito e coordinato da una mente raffinata, visionaria e riformatrice poteva integrare, magari sovvertendo l’ordine delle cose, tale disegno urbanistico dando, nel contempo, attrazione e fascino.
Dai famosi anni Ottanta nasce la città coesa, la città amalgamata, la città delle pari opportunità, una città vivibile e con elevati standard qualitativi di vita.
Il polo industriale, con annessa la “Silicon Valley” meridionale, le molteplici attività commerciali, l’istruzione coniugata fino ai massimi livelli, un terzo settore quasi avveniristico, un sistema sanitario pubblico dotato di strutture all’avanguardia, i molteplici punti di incontro, a cui non mancano i fondamentali riferimenti religiosi ed istituzionali, un sistema fluviale di prim’ordine e, non per ultimo, il restyling del “gioiello” incastonato nella verde collina.
Da quegli anni prende piede e forma, in maniera straordinaria e incancellabile, la Rende dalle mille luci. Questi sono fatti incontrovertibili e solo gli stolti sostengono artatamente tesi bislacche, non veritiere, false. Chi sposa e sostiene presunti dualismi è un cattivo lettore di eventi oppure, nella peggiore delle ipotesi, è in malafede.