Calabria, stipendi dei manager troppo alti: legge “stroncata” dalla Consulta. Ennesima figuraccia della Regione

La legge calabrese che ha consentito l’aumento delle indennità spettanti ai commissari degli enti sub-regionali viola la Costituzione. Lo ha stabilito la Consulta che ha così accolto il ricorso presentato dal governo Draghi contro la norma approvata la scorsa estate (quindi nella precedente legislatura) in Consiglio regionale. Il provvedimento bocciato ha previsto finora che il compenso del commissario di realtà come Corap, Calabria Etica, Calabria Lavoro, non possa essere superiore al trattamento economico – prima “tabellare” – dei dirigenti di settore della Giunta regionale. Secondo i giudici costituzionali, «risulta palese che la disposizione impugnata comporta la possibilità di incrementare notevolmente il compenso attribuibile al commissario straordinario, individuato al di fuori della dirigenza regionale, in quanto riferito al complessivo “trattamento economico” del dirigente di settore della Giunta regionale, al quale concorrono le voci retributive ulteriori rispetto al solo stipendio tabellare».

Difatti, la legge approvata in Consiglio regionale, anche se individua solo il limite massimo di tracciamento attribuibile, “rende possibile – si legge nella sentenza della Consulta – il superamento dell’originario parametro costituito dal trattamento tabellare, così da determinare un incremento della relativa spesa posta a carico dell’ente conseguente all’accorpamento. Risulta, pertanto, priva di fondamento l’affermazione del legislatore regionale, nel senso della neutralità finanziaria della disposizione impugnata, così come la relazione tecnico-finanziaria, secondo cui la proposta di legge ha natura ordinamentale ed è neutrale dal punto di vista finanziario”.

Emerge, quindi, con chiarezza il contrasto della disposizione impugnata con il precetto posto dall’articolo 81 della Costituzione in riferimento al disposto del terzo comma, concernente l’obbligo per ogni legge comportante maggiori oneri di provvedere ai mezzi finanziari per farvi fronte. La norma regionale, secondo i rappresentanti della Corte costituzionale, è in contrasto con quanto previsto dall’articolo 17 della legge 196/2009, secondo cui il legislatore regionale è tenuto, al pari di quello statale, per ogni proposta di legge comportante implicazioni finanziarie, a redigere una relazione tecnica contenente gli elementi informativi richiesti dalla legge in ordine agli oneri recati da ciascuna disposizione e alle relative coperture.

La legge ritenuta adesso illegittima fu proposta da Nicola Paris (Udc, poi arrestato, ndr) e Tilde Minasi (Lega), poi emendata da Luca Morrone (FdI) con il parere favorevole della Giunta e approvata dal Consiglio col voto favorevole di appena 14 consiglieri e 2 astenuti, tanto che l’opposizione di centrosinistra arrivò a parlare di un “mini golpe compiuto in aula”. Nella relazione che accompagnò la legge si parlò di un provvedimento assunto senza “nessun ulteriore onere finanziario” per le casse della Cittadella. Tesi, evidentemente, che non hanno convinto i giudici della Consulta, tanto da accogliere le ragioni del governo in un procedimento dove la Regione nom si è nemmeno costituita in giudizio. Fonte: Gazzetta del Sud