(DI VALERIA PACELLI – Il Fatto Quotidiano) – Un rapporto del Dis, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza presieduto da Elisabetta Belloni, con notizie raccolte da fonti aperte e redatto nell’ambito di un tavolo aperto che si riunisce da tempo per discutere di eventuali rischi di quella che ritengono essere disinformazione. È questo il documento sui cosiddetti “putiniani d’Italia”. Sul quale ieri è intervenuto anche il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Franco Gabrielli, che ha escluso l’esistenza di una lista di politici, giornalisti o commentatori, come pure di attività di dossieraggi in corso.
Ma dove nasce il dossier pubblicato domenica dal Corriere della Sera che raccoglierebbe le opinioni sulla guerra di alcuni, come il fotoreporter Giorgio Bianchi, il docente Alessandro Orsini o l’ex presidente della commissione Esteri, Vito Petrocelli? Il documento è stato prodotto nel corso di un tavolo aperto al quale hanno partecipato diversi soggetti: oltre al Dis – ossia l’organo di cui si avvale la Presidenza del Consiglio e che coordina l’attività di informazione per la sicurezza – rappresentanti del ministero dell’Interno, degli Esteri come pure dell’Agcom, l’autorità garante delle comunicazioni.
Una riunione c’è stata anche la scorsa settimana (probabilmente venerdì), al termine della quale il Dis ha creato il rapporto che contiene notizie raccolte su fonti aperte: i canali Telegram, i profili Facebook, le ospitate televisive. Non è un documento che rappresenta un caso isolato: ne vengono prodotti in continuazione anche su altri temi. Ieri Gabrielli, l’autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, relativamente alla riunione con il Dis ha spiegato che si tratta di un tavolo “di confronto istituito sin dal 2019 e al quale partecipano le diverse amministrazioni competenti per materia, la cui attività, svolta esclusivamente sulla base di fonti aperte, mira non all’individuazione di singoli soggetti, bensì alla disamina di contenuti riconducibili al fenomeno della disinformazione”. Tema del quale si era discusso anche in altri momenti, come nel pieno dell’emergenza Covid, quando invece a preoccupare erano le campagne No-vax che tanto venivano spinte sui social. “Questi fenomeni – spiega una qualificata fonte al Fatto – non possono essere ignorati: nel caso del vaccino potevano avere conseguenze sociali come quella di creare disordini o anche di indurre molti a non vaccinarsi e a non vaccinare i propri figli, con tutto quello che poteva significare in un momento di pandemia preoccupante”.
Conclusa la pandemia, il tema ora è l’invasione russa dell’Ucraina. Al termine delle ultime riunioni è stato redatto dal Dis il rapporto pubblicato domenica scorsa. E ieri su questo Gabrielli ha assicurato: l’intelligence italiana “non ha mai stilato alcuna lista di politici, giornalisti, opinionisti o commentatori, né ha mai svolto attività di dossieraggio”.
A ogni modo, lunedì scorso quel documento è stato trasmesso dal Dis al Copasir, il comitato parlamentare che si dovrebbe occupare di controllare l’operato dei servizi segreti. Eppure Federica Dieni, esponente del M5S e vicepresidente del Copasir, in un’intervista al Corriere ieri ha spiegato che “sulla disinformazione faremo approfondimenti a 360 gradi”. Nelle scorse settimane il Comitato ha audito il presidente dell’Agcom, Giacomo Lasorella, e l’amministratore delegato della Rai, Carlo Fuortes. Ieri sul caso è intervenuto anche un altro membro del Copasir, il deputato Pd Enrico Borghi, secondo il quale “sono in atto delle attività di ingerenza straniere, come ha peraltro acclarato anche il Parlamento europeo. Attività di manipolazione delle informazione, di disinformazione pianificata che è finalizzata a una falsa rappresentazione dei fatti”. Diversa la posizione del senatore del M5S Primo Di Nicola: “È inaccettabile – ha detto – che in Italia si scateni una caccia alle streghe su chi esprime opinioni sui problemi sollevati dall’inammissibile aggressione russa all’Ucraina”.