(di Antonio Padellaro – Il Fatto Quotidiano) – “Negli Usa cresce l’allarme per una ‘post-fascista’ verso Palazzo Chigi”.
È inutile girarci attorno: sul “post-fascismo” di Giorgia Meloni si giocherà una parte forse decisiva della campagna elettorale. Per rallentare, certo, la corsa della leader di Fratelli d’Italia verso Palazzo Chigi. Mentre, con ogni probabilità, la “pregiudiziale antifascista” sarà anche la freccia in più nell’arco del centrosinistra. A cominciare dal Partito democratico, che ha tutto da guadagnare da una polarizzazione dell’elettorato tra le due forze che i sondaggi segnalano da mesi al primo (FdI) e al secondo posto, il Pd appunto.
Anche se, considerato lo stile e il temperamento del personaggio, Enrico Letta potrebbe avere un qualche disagio a guidare la carica contro l’arrivo dei barbari neri (senza contare i buoni rapporti intrattenuti con la Meloni), esiste un vasto mondo che gravita attorno al Nazareno (la grande editoria, le tv, i social) che sicuramente avrà letto dell’“allarme americano”, pronto a trarne le dirette conseguenze. Come per l’editorialista del “New York Times”, David Broder, il principale argomento anti-Giorgia sarà che il suo partito “porta il simbolo adottato dai luogotenenti sconfitti del regime di Mussolini”. Così come nella newsletter “GZero” di Ian Bremmer, il commento di Willis Sparks sottolinea l’adesione della Meloni allo slogan della “vecchia scuola fascista: Dio, patria e famiglia” e si chiede se l’erede di questa tradizione e la campionessa del nazionalismo euroscettico sia “la persona più adatta a fare gli interessi di Roma in una fase storica così delicata”.
Ora, in linea puramente teorica, a una Giorgia Meloni giunta in prossimità di un traguardo storico quasi incredibile, la guida del governo, resterebbe da scalare la cima più impervia. Dopo la netta dichiarazione di filoatlantismo anti-Putin seguita all’aggressione all’Ucraina dovrebbe essere lei, infatti, la prima interessata a occultare nelle “fogne” tutto l’armamentario non solo simbolico fatto di saluti romani, faccette nere e olio di ricino dell’intolleranza contro tutte le diversità non contemplate nel libro e moschetto. In linea pratica si presenta, tuttavia, come un’operazione non semplicissima, visto e considerato che la quota “nostalgica” risulta ancora molto presente in FdI, con una sua identità ideologica e una sua attrattiva, anche sui più giovani. Per accreditarsi presso le “cancellerie” occidentali, la premier in “doppio pectore” dovrà anche regolare i conti, e in modo definitivo, con tutta la galassia fascistissima che, da Forza Nuova a CasaPound, non vede l’ora di sedersi al tavolo dei vincitori. Nessuna ambiguità le sarà perdonata. Sul fronte opposto sarebbe davvero triste se dei valori repubblicani sanciti dalla Costituzione nata dalla Resistenza s’impadronissero i professionisti dell’antifascismo per farne un uso personale, fazioso e comiziante. A una Meloni che dovesse spazzare via qualsiasi legame con un pesante passato, il centrosinistra dovrebbe avere la forza di contrapporre proposte alternative, convincenti e ben argomentate. Con le scomuniche e gli anatemi non si convincono gli incerti.