È innegabile che il compito del Convitto di Cosenza da qualche anno ad oggi sia stato cambiato e che quella Istituzione scolastica abbia mutato la sua importante funzione sociale: da scuola capace di fronteggiare la dispersione scolastica e di creare una condizionalità per sfuggire all’emarginazione sociale al rango di una scuola che ha perso il senso pedagogico di recuperare gli ultimi.
In qualità di sindacalista altro che se ho titolo di prendere pubblicamente posizione, le mie possono piacere o meno, sicuramente non piaceranno ai tanti detrattori della scuola pubblica che si sperticano nell’osannare i grandi risultati ottenuti grazie all’ideazione della fantasiosa “Casa Telesio”. Anzi sono orgoglioso di contrastare, anche dovessi essere in solitudine, i disegni privatistici della scuola pubblica e i fautori della scuola a pagamento. Questa scelta radicale mi colloca dalla parte degli ultimi, dei perdenti, come una tessera di adesione contro il coro della retorica di coloro che si considerano vincitore del processo sociale e che si abbeverano alla fonte dell’informazione padronale.
Sono convinto che bisogna essere pronti ad incassare anche qualche colpo basso e trovarsi tanti dottor Nardella che come avvoltoi (ma anche come coniugi della vicepreside del Liceo “Telesio”?) sono pronti a difendere il processo ormai avviato. Ma sono altrettanto convinto che in giro ci sia un sentire condiviso, capace di organizzare un fronte comune per difendere quanto di più straordinario ci hanno lasciato i nostri Padri Costituenti ovvero la difesa della scuola pubblica.
Il mercato si sa non ha a cuore la uguaglianza sia nei punti di partenza che in quelli di arrivo e neppure l’equità sociale. Quel pezzo di mondo costruito dentro le mura del Convitto giustifica le disuguaglianze sulla base di diversi livelli. Cosa possono rappresentare 1600 euro di retta in un periodo di crisi sociale per un precario, un disoccupato, un cassintegrato, per un monoreddito con 1000 euro mensili, per un lavoratore che pur lavorando non arriva a fine mese. Fatti loro se non possono permettersi il Cambridge e tutte le altre amenità consumistiche che il cliché del Convitto (Istituzione scolastica pubblica, giova ricordarlo) propone ad una fetta (ben individuata, si intende) della società cosentina.
Essere considerato il nemico numero uno del Convitto e del Liceo “Telesio” solo perché ho sentito il dovere di riportare queste vicende ad una dimensione eminentemente pubblica dà fastidio, lo immagino. E lo dà tanto perché cade nel tombale silenzio circostante, tanto da far venire l’orticaria ai tanti menestrelli, cortigiani e pifferai, timorosi che questi privilegi a pagamento possano essere accantonati nel prossimo futuro e si possa (come sarebbe doveroso) riportare il Convitto ad una dimensione pubblica senza più forzature privatistiche.
Come se non bastasse il dottor Nardella sfodera la spada dello sceriffo di Nottingham contro l’arco di Robin Hood per difendere le scelte effettuate in questi anni dal reggente del Convitto dipingendolo come l’Eden amministrativo senza dire però come mai sui pulmini veniva impiegato, illegittimamente, personale educativo in barba ad ogni regola contrattuale e spiegare, magari in un confronto pubblico, pur brandendo l’arma dei tribunali (non amo arrivarci ma è sempre un piacere confrontarmi in ogni ambito dove lo si voglia), chi sono gli assegnatari dei corsi Cambridge e chi è la ditta dei trasporti aggiudicatrice del servizio trasporto.
Tutto ciò anche alla presenza della più volte richiamata CGIL, da cui il dottor Nardella è evidentemente molto distante da un punto di vista culturale: posso garantire comunque che non si troverà alcuno in quella Organizzazione Sindacale che ad una scuola pubblica e gratuita contrappone una scuola di censo e riservata a chi ha la fortuna di essere nato in una famiglia di benestanti, strafregandosene che anche gli ultimi possano avere le stesse possibilità della propria nipotina.
Pino Assalone, coordinatore di Democrazia e Lavoro – Sinistra CGIL