Operazione No Global. Fiordalisi e Cantafora, i burattini locali del porto delle nebbie

Tra i principali protagonisti della feroce repressione messa in atto dallo stato durante e dopo il G8 di Genova del 2001, che passerà alla storia come “la più grave sospensione dei diritti democratici in un paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale”, spiccano, in chiave locale, tre soggetti: l’allora pm Domenico Fiordalisi, l’allora Gip Nadia Plastina, e l’allora dirigente della Digos Alfredo Cantafora. Sono loro che accolgono, per dovere di paranza, e fanno proprio, il dossier del Ros sui “sovversivi” della famigerata “rete Meridionale del Sud Ribelle”, responsabili, secondo i burattinai politici che muovevano i fili dei carabinieri, dei disordini avvenuti prima a Napoli e poi a Genova.

Oggi che uno di quei protagonisti ovvero Domenico Fiordalisi ha presentato domanda per i posti di procuratore capo a Cosenza e Paola forse è necessario rinfrescare la memoria a qualcuno.

Ma andiamo per ordine, scriveva Giuseppe D’Avanzo su Repubblica il 16.10.2002: “Accade che il Raggruppamento Operazioni Speciali (Ros) dell’Arma dei Carabinieri si convinca che dietro i disordini di Napoli (7 maggio 2001) e di Genova (21 luglio 2002) non ci sia soltanto il distruttivo, nichilistico furore di casseur europei o il violento spontaneismo delle teste matte (e confuse) di casa nostra, ma addirittura un’associazione sovversiva. Concepita l’ipotesi, gli investigatori dell’Arma intercettano, spiano, osservano, pedinano. In assenza di contraddittorio, s’acconciano come vogliono cose, frasi, dialoghi, eventi, luoghi edificando una conveniente e coerente cabala induttiva. È il sistema che più piace agli addetti: “lavorare su materia viva, a mano libera”. Organizzato il quadro, occorre ora trovare un pubblico ministero che lo prenda sul serio. Alti ufficiali del Ros consegnano il dossier, rilegato in nero, di 980 pagine più 47 di indici e conclusioni ai pubblici ministeri di Genova. Che lo leggono e concludono che “quel lavoro è “del tutto inutilizzabile”.

Gli investigatori dell’Arma non sono tipi che si scoraggiano. Provano a Torino. Stesso risultato: “Questa roba non serve a niente”. Il dossier viene allora presentano ai pubblici ministeri di Napoli. L’esito non è diverso: il dossier, da un punto di vista penale, è aria fritta. Finalmente gli ufficiali del Ros rintracciano a Cosenza il pubblico ministero Domenico Fiordalisi. Fiordalisi si convince delle buone ragioni dell’Arma dei Carabinieri. Ora rendere conto delle buone ragioni del Ros che diventano buone ragioni per il pubblico ministero e il giudice delle indagini preliminari, Nadia Plastina, è imbarazzante per la loro e nostra intelligenza”.

Prima di approdare a Cosenza con il teorema sui sovversivi gli alti ufficiali del Ros, girano le procure di mezza Italia alla ricerca di un pm disposto a firmare l’ordinanza contro i 20 terroristi appartenenti alla Rete Meridionale del Sud Ribelle, ricevendo tanti due di picche, segno evidente dell’inconsistenza e delle pretestuosità dell’inchiesta, ma l’ordine politico è perentorio: dovete arrestare i no global! E così, gira che ti rigira, trovano finalmente un porto sicuro per attraccare: il “porto delle nebbie”, ovvero la procura di Cosenza guidata allora dal procuratore capo Serafini. Ad accoglierli il pm Domenico Fiordalisi, e il Gip, Nadia Plastina, entrambi incaricati dai Fratelli Maggiori romani di prendersi cura dei Fratelli del Ros fino a quel momento bistrattati da tante procure. Ma non a Cosenza dove, per i Fratelli, la porta della procura è sempre aperta. L’accordo è presto stipulato e prevede per il pm Fiordalisi e il Gip Plastina, in cambio della loro firma sull’ordinanza, una bella promozione come premio per il lavoro svolto. Garantiscono i Fratelli Maggiori di Roma. L’operazione No Global può così iniziare.

Per rendere più credibile l’inchiesta, viste le tante bocciature, serve la partecipazione della digos di Cosenza che descriva gli appartenenti al “Sud Ribelle” come feroci agitatori politici, usi alla violenza e alla sovversione dell’ordine economico dello stato. Le prove raccolte dal Ros contro i 20 sovversivi sono aria fritta, come dicono le procure di Genova, Torino, Napoli, bisogna integrare il “fascicolo” con racconti cruenti per giustificare l’applicazione del 270 bis (Associazione con finalità di terrorismo). Gli arrestati devono apparire agli occhi della gente come dei pericolosissimi terroristi. Serve l’uomo giusto a cui affidare il delicato compito. La scelta non poteva che ricadere sull’allora dirigente della digos Alfredo Cantafora, uomo di fiducia del pm Fiordalisi usato, spesso e volentieri, come bassa manovalanza. Il fascicolo del Ros si arricchisce così di nuovi verbali e relazioni scritte su misura per avallare il teorema dell’accusa. Una montagna di “informative” tarocche che hanno prodotto, come scrivono i giudici dei tre gradi di giudizio che hanno assolto gli arrestati, la più grande panzanata giudiziaria del secolo.

Per Cantafora, che accetta l’incarico di buon grado, è l’occasione che aspettava da tempo per vendicarsi dei tanti smacchi subiti dai “sovversivi” cosentini. Le troppe figure barbine rimediate in tanti anni di servizio (non certo per la comunità) ad opera dei soliti manifestanti, Cantafora se li è legati al dito. Sono anni che passa per lo zimbello della questura, e ora ha finalmente l’occasione giusta per fargliela pagare. Sbatterli in galera la sua più grande soddisfazione. E giù con falsità scritte e prove costruite… e prove false, sui fatti di Genova, come dicono diverse sentenze, ne sono state costruite tante. Daje al no global diventa l’unica attività “investigativa” di tutta la questura, se mai ne avesse una prima. Tutti impegnati a seguire e ad intercettare i no global. Tonnellate di materiale audiovisivo che registra la noiosa quotidianità dei sovversivi, senza mai produrre un solo frame di reato. Al netto della valanga di parole prodotte dagli intercettati.

Con un sapiente ma inutile lavoro di taglia e cuci, il pm Fiordalisi mette insieme un teorema accusatorio talmente ridicolo da suscitare, una volta reso pubblico, l’ilarità di tutta Italia. Scattano le manette, i terroristi vengono portati nelle carceri speciali di Trani, Viterbo e Latina. Da subito è un coro di solidarietà per gli arrestati, da destra e da sinistra. Cosenza finisce nei titoli dei Tg e dei giornali nazionali e esteri. La condanna all’operato della procura di Cosenza è unanime e arrivava da tutto l’arco istituzionale. Politici, Vescovi, magistrati, intellettuali, artisti, cantanti, attori, associazioni, e tantissima gente comune, tutti a gridare all’ingiustizia, all’esagerazione, al capro espiatorio. È chiaro a tutti che con questa operazione qualche politico losco vuole nascondere, addossando la colpa ai no global, le responsabilità dello stato nei gravi fatti accaduti a Genova. Il teorema di Fiordalisi e del Ros manovrato dai Fratelli Maggiori romani, si infrange così sullo scoglio del Tribunale della Libertà che annulla l’ordinanza di custodia cautelare (con obbligo di firma per alcuni) per tutti i sovversivi. Ci vorranno oltre 10 ann per mettere nero su bianco che le accuse formulate dalla procura di Cosenza nei confronti degli arrestati erano frutto di un vero e proprio complotto politico massonico. ma nessuno per questo, ovviamente ha pagato.

Ad essere indignati più di tutti, per la vigliacca operazione giudiziaria, sono i cosentini che accolgono la manifestazione no global con caffè e pasticcini. Difendono a spada tratta gli arrestati accusando la procura di aver agito per conto di chissà quale potere forte. Per il trio Cantafora-Fiordalisi-Plastina, è una Waterloo. Nel loro meschino piano non avevano messo in conto la reazione popolare. Sono costretti a ripiegare. Il piano è fallito, per gli infami di stato è una sconfitta su tutto il fronte. Per la prima volta nella città più corrotta d’Italia, la Giustizia popolare ha trionfato.

Da allora, fuori da quello straordinario momento, nulla è cambiato. I tre, Cantafora-Fiordalisi-Plastina sono stati promossi, e la corruzione nel “porto delle nebbie” continua alla grande. Il meschino e infame utilizzo delle funzioni pubbliche da parte di massomafiosi che occupano posti apicali nelle istituzioni locali, è ancora pratica assai diffusa, a tutti i livelli. Di “storie” simili, dove servitori dello stato si adoperano a costruire accuse e inchieste farlocche, per conto di massomafiosi, su chi non si allinea al sistema, negli ultimi vent’anni, la “cronaca” di Cosenza ne è piena. E noi ne sappiamo qualcosa.