I media di regime avevano finito presto di parlare e scrivere della indecorosa bomba ecologica di Rende malgrado persino il porto delle nebbie avesse “certificato” che la Calabra Maceri altro non è che un ricettacolo di affari e inquinamento, in stretta correlazione con il sindaco, massomafioso mazzettaro, che non si è mai dimesso ma almeno è stato cacciato a calci nel sedere con annesso scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose. Eppure, ci sarebbero tutti gli elementi per fare inchieste a 360 gradi: non solo il porto delle nebbie ma addirittura l’Arpacal era scesa in campo per lanciare un preoccupante campanello d’allarme, che per fortuna era stato evidenziato già da anni da parte di cittadini e associazioni ambientaliste di Rende e Montalto Uffugo.
II rogo della notte tra il 21 e il 22 maggio 2021 nel centro stoccaggio e lavorazione rifiuti di Calabra Maceri a contrada Lecco, del resto, non poteva passare inosservato neanche a un anno e mezzo di distanza. Era infatti il 3 dicembre del 2021 quando avevamo ufficialmente saputo che la procura di Cosenza aveva chiuso le indagini e aveva indagato il titolare di Calabra Maceri per inquinamento ambientale.
Pericolo di inquinamento ambientale derivante dall’emissione in atmosfera di sostanze inquinanti e attività di gestione rifiuti in violazione alle prescrizioni imposte sono i reati contestati a Crescenzo Pellegrino, Amministratore Unico di Calabra Maceri e Servizi S.p.a dalla Procura della Repubblica di Cosenza.
All’Amministratore dell’azienda era stato notificato proprio a dicembre 2022 l’avviso di conclusione delle indagini effettuate dal Nipaaf, Nucleo Investigativo Ambientale del Gruppo Carabinieri Forestale e dai militari della Stazione Forestale di Cosenza in merito all’incendio divampato in alcuni capannoni nell’impianto di stoccaggio di contrada Lecco nel comune di Rende la notte del 21 maggio del 2021. Ovvero un anno e sei mesi… della serie senza fretta!
Il rogo di vaste dimensioni, lo ricordiamo, era divampato poco prima della mezzanotte in un capannone adibito allo stoccaggio e recupero rifiuti ingombranti e multimateriale e si era propagato poi ad un altro interessando una superficie complessiva di migliaia di metri quadrati.
L’incendio ha sprigionato una densa nube nera maleodorante che si è diffusa nell’atmosfera per una altezza di centinaia di metri e visibile a chilometri di distanza. Per domare le fiamme in quella occasione i Vigili del Fuoco hanno lavorato per diverse ore con uomini e mezzi. I rilievi e le indagini dei militari dell’Arma Forestale hanno evidenziato come all’interno dei capannoni e all’esterno dell’impianto erano state stoccate quantità di materiali, in particolare rifiuti ingombranti, balle di carta, cartoni, plastica e rifiuti metallici, in misura superiore a quella autorizzata ed in cumuli di altezza superiore ai tre metri consentiti e posti in alcuni casi in aree non autorizzate.
Anche all’esterno quantitativi di rifiuti plastici che occupavano aree in difformità a quanto previsto in autorizzazione sono stati raggiunti dalle fiamme contribuendo ad alimentare il già vasto rogo.
Le indagini hanno inoltre appurato che il sistema di contrasto alle fiamme in dotazione non era dotato di un sistema di allerta automatico quali rilevatori di fumo e temperatura. Dai sopralluoghi e campionamenti effettuati congiuntamente ai tecnici Arpacal è stata accertata una compromissione e un deterioramento significativo dell’aria a seguito dell’immissione di elementi inquinanti, anche pericolosi, in atmosfera.
A un anno e mezzo da allora, la vicenda era stata insabbiata alla perfezione in perfetto stile porto delle nebbie ma ieri da Reggio Calabria, la procura diretta dal dottore Bombardieri grazie al blitz “Carta Canta” ci ha informato che la Calabra Maceri era impelagata anche in altre squallide vicende di trattamento illecito di rifiuti e ha addirittura proceduto al sequestro preventivo dell’azienda.
In particolare, sono stati raccolti elementi probatori tesi a dimostrare che, attraverso le società RSR di Rotolo Rosario e RSR Ambiente srl con sede a Rizziconi (RC), sprovviste di autorizzazione al trattamento dei rifiuti nonché alla successiva trasformazione degli stessi in “materia prima seconda”, gli imprenditori reggini spedivano a Calabra Maceri e Servizi spa di Rende (CS), i rifiuti senza il preventivo trattamento, utilizzando un semplice documento di trasporto, di modo da farli configurare come merci e così eludere i controlli sulla tracciabilità dei rifiuti, consentendo altresì l’azzeramento dei costi derivanti dal loro corretto trattamento. Si trattava di carta e carbone e il via vai dei camion è andato avanti per quattro anni.
Impossibile non collegare la vicenda degli incendi con questa nuova indagine: eppure tutti zitti e buoni. Ammantarsi dietro il senso del dovere dei lavoratori, del rogo domato in “sole” 4 ore, della ripresa immediata delle attività, non aveva incantato nessuno. Oggi più che mai è necessaria un’operazione verità.
Come è possibile che siano andati in “autocombustione” dei rifiuti nel pieno della notte? Sono state rispettate tutte le procedure per il corretto stoccaggio dei rifiuti? C’è stato dolo?
Vedremo cosa farà la magistratura, anche se non ne abbiamo nessuna stima e non riponiamo in gentaglia come il Gattopardo e i suoi affiliati nessuna speranza.
Altre, invece, sono le risposte che ci deve dare la politica.
Far autorizzare la trasformazione del sito di contrada Lecco da deposito temporaneo a stoccaggio dei rifiuti in una zona a poche centinaia di metri da un centro urbano (scuole, abitazioni, centro Asp) non è stata forse una decisione sbagliata? Da cosa è stata dettata?
Di sicuro a gravare su salute pubblica e sicurezza pesa l’incapacità amministrativa delle istituzioni. E non sarebbe il caso di chiudere questa bomba ecologica che tutti ormai hanno “sgamato”?
E che fine ha fatto lo stanziamento di 42 milioni di euro destinato all’Ato di Cosenza per la realizzazione dell’ecodistretto in provincia? Fatte salve, ovviamente, le chiacchiere del sindaco di Mendicino dell’epoca, che era notoriamente affiliato al clan Mazzetta.
La Regione Calabria, dal canto suo, ha il dovere di mettere in campo tutte le azioni necessarie per:
– accelerare il raggiungimento di una reale ed elevata percentuale di raccolta differenziata;
– ridurre la necessità di aprire nuove discariche;
– contrastare i fenomeni criminosi associati alla gestione dei rifiuti urbani;
– creare filiere industriali a norma ad elevata intensità tecnologica;
– far controllare e monitorare il rispetto delle regole negli stabilimenti.
Non possiamo più permetterci bombe ecologiche ad orologeria.