Cosenza, Fondazione Giuliani e Villa Rendano: il tradimento di Mario Occhiuto

Abbiamo deciso di aprire uno spazio con il quale Iacchite’ vuole seguire e commentare la “vera storia” della Fondazione Giuliani di Cosenza di cui è stata compiuta senza ragioni note una specie di decapitazione alla Robespierre. Il decapitato al di là dei ruoli formali è stato Francesco Pellegrini, colui che su mandato del Fondatore Sergio Giuliani ha realizzato il progetto che in realtà  si chiama “Villa Rendano” e che era il garante – sempre su mandato di Sergio Giuliani- di assicurarne la durata nel tempo dando spazio a nuove iniziative, il giornale ICalabresi in primo luogo, peraltro accolto da milioni di calabresi sparsi ovunque. La domanda alla quale occorre rispondere per un obbligo etico e per non contraddire la volontà dirimente di Sergio Giuliani è: quale legittimità può avere una Fondazione in mano a soggetti che restano estranei e portatori di un’azione di conquista ostile?

E allora, dopo aver riportato uno stralcio della prima puntata del racconto di Francesco Pellegrini, pubblicata su “I Nuovi Calabresi” (https://www.inuovicalabresi.it/capitolo-1-un-dono-alla-citta/), oggi siamo alla seconda… (https://www.inuovicalabresi.it/capitolo-2-responsabilita-e-narcisismo/).

CAPITOLO 2 – RESPONSABILITA’ E NARCISISMO

Mi pare che sia chiaro, e ripeto meritorio, il diretto coinvolgimento del sindaco Occhiuto, il quale non si limitò a caldeggiare l’acquisto di Villa Rendano, ma addirittura organizzò il primo incontro a Napoli con due dirigenti della SNAM, responsabili della gestione degli immobili societari.
Da ciò ricavo la conferma che il sindaco, parte attiva nell’acquisizione dell’antica dimora della famiglia Rendano, offriva così al dott. Giuliani la garanzia istituzionale che il Comune avrebbe operato per la valorizzazione di Villa Rendano e delle attività che si sarebbero realizzate con la necessaria progressività.
Va dato atto al sen. Occhiuto, con il quale fino allo scorso anno ho avuto rapporti reciprocamente corretti, che la sua autorevolezza costituiva una delle garanzie che il Fondatore richiedeva per l’efficacia, il valore civile e la durata nel tempo della Fondazione ormai identificabile con Villa Rendano.
L’altra garanzia – scontata quella di guidare con efficienza e trasparenza prima la fase della ristrutturazione poi quella della programmazione e gestione – alla quale Giuliani subordinò il suo impegno economico era richiesto a me che la realizzazione della Fondazione ho curato scrivendo il primo Statuto nel 2011… 

Ma l’impegno che Giuliani ha ripetutamente preteso ovvero la durata nel tempo della Fondazione, come condizione per finanziarla con buona parte del suo patrimonio, Franco Pellegrini ritiene di averlo onorato modificando lo Statuto e privilegiando il ruolo dell’Ordine notarile come garante di una scelta di personalità di garanzia al vertice.
E ripete che su questo si doveva poter contare sul sindaco della città per un verso e su di se stesso, con tanto di mandato con atto pubblico.

Bene, credete che Occhiuto possa dire di avere compensato con un’azione solidale e di tutela, a nome della città, l’atto donativo di Villa Rendano di cui è stato persino parte attiva nell’avvio delle trattative con la proprietà SNAM?

L’aver condiviso e coperto politicamente il sodale e amico Walter Pellegrini nella sua manovra tesa a recuperare ruolo e privilegi che la lontananza e la lunga degenza ospedaliera in terapia intensiva di Franco Pellegrini gli aveva assicurato, almeno fino al suo trasferimento a Cosenza, è quello che ci si attendeva da lui?

Insomma, in conclusione: Sergio Giuliani ha impegnato 13 milioni di euro e Franco Pellegrini 11 anni della sua vita realizzando quello che era nelle legittime sue aspettative per regalare il tutto a Walter Pellegrini? Una beffa, un tradimento, una patente di libertà (provvisoria, almeno crede lui) per le sue ambizioni e il suo protagonismo narcisistico.

IL TRADIMENTO DI OCCHIUTO

Nella seconda puntata della storia di Villa Rendano  torna in ballo il ruolo che Mario Occhiuto ha avuto nel convincere Sergio Giuliani ad acquistare la storica dimora della famiglia del compositore cosentino.

Pellegrini non giudica negativamente il ruolo del Magnifico ma introduce un argomento che non è né ingenuo né innocuo. Insomma, se abbiamo capito bene, se Occhiuto s’è speso tanto per Villa Rendano, condannata oltre che al degrado e all’abbandono ad essere per i cosentini solo “quella dove si pagavano le bollette”- un identikit deprimente ma subito accettato perché cosa c’era dentro a Villa Rendano oltre le pareti divisorie in cartongesso restava un mistero- e s’è spinto sino al punto di essere parte attiva per far partire la trattativa con la Snam, cioè con la proprietà, Giuliani o chi per lui può chiedergli conto che fine ha fatto la promessa, addirittura la garanzia istituzionale, che il ruolo del sindaco assicurava?

Insomma, non ci sarebbe da temere che – come è nel carattere dell’ archistar – la volubilità e la memoria bucata lo facciano volare cosi in alto che la realtà, gli impegni assunti o fatti credere tali, gli si sfarinino tra le dita. Ma poi Occhiuto non è il solo che naviga tra bugie e fantasie: e allora, oltre tutto, perché cambiare? Ha fatto il sindaco per un decennio, ha convinto a lungo la maggioranza dei cosentini che frotte di turisti sarebbero arrivati per vedere le magnifiche opere che trasformavano il volto della città e per sognare di imbattersi nel mitico tesoro o quantomeno in qualche osso scapolare del barbaro Alarico…

E poi, diciamoci la verità: con le sue elaborazioni fantasiose (lui si autodefinisce visionario e verrebbe quasi spontaneo aggiungere de noantri o de… stacippa), Occhiuto quatto quatto  non solo s’è messo al riparo dai magistrati che indagano o processano, ma piano piano s’è addirittura “assettato” sui banchi vellutati del Senato della Repubblica.

Quindi, ritornando a bomba: cosa gli importa di Villa… come si chiama Rondone, ah no… Rendano? 

Non si ricorda neppure se hai mai parlato effettivamente con Giuliani, sì quel riccone ingenuotto che pensava che la parola del sindaco l’avrebbe reso orgoglioso della Villa come si chiama, i lupi in cerca di ulteriore bottino sarebbero stati tenuti lontano, la sua longevità sarebbe stata garantita più da lui che dal cugino Pellegrini (Franco) che ha fama di uno che rispetta la parola data ma per la fiducia che dispensa a destra e manca s’è fatto fregare – lui dice per ora – persino da un omonimo, aggiungendo al danno la beffa che i cosentini questa volta non hanno nemmeno bisogno di fare il salto della quaglia, tanto Pellegrini è uno e Pellegrini è l’altro. Quindi non è successo niente e non serve neppure la garanzia che mai comunque sarebbe arrivata dal sindaco padre putativo, cioè a sua insaputa, della Villa …come diamine si chiama? Rondano, Ridano… ah sì Rendano.