Come sempre accade davanti ad un fatto di sangue apparentemente incomprensibile, come quello di via Monte Grappa a Cosenza, le ore successive al delitto servono per cercare di capire cosa è realmente successo e qual è stato il movente che ha indotto Tiziana Mirabelli a uccidere Rocco Gioffrè. La donna si difende dicendo che il loro era un rapporto alimentato da una sorta di esagerata forma di controllo che il pensionato pare volesse esercitare sulla donna. Un controllo diventato negli ultimi mesi asfissiante: la quarantasettenne, interrogata dal gip Alfredo Cosenza, ha infatti rivelato che il pensionato le aveva imbottito l’abitazione di microspie. “Cimici” che la Mirabelli avrebbe rinvenuto e rimosso, nascondendole poi all’interno di una borsa rimasta nell’appartamento posto al quinto piano nella palazzina di via Montegrappa teatro del delitto. I carabinieri sono andati a prenderle. Si tratterebbe di strumenti non sofisticati acquistabili con facilità su internet.
L’indagata, che è difesa dall’avvocato Cristian Cristiano, ha pure indicato al pm Maria Luigia D’Andrea e al procuratore capo Mario Spagnuolo, l’esistenza sul suo cellulare di numerosi messaggi ricevuti dall’uomo che ha assassinato con 30 coltellate. Messaggi che rivelerebbero l’atteggiamento ossessivo-compulsivo mostrato dal pensionato nei suoi confronti. La vittima, infatti, la invitava a non incontrare alcune persone ed a limitare le uscite. Il telefonino è stato sequestrato dai militari del maggiore Antonio Quarta.
Ma le tesi di Tiziana Mirabelli sono clamorosamente sconfessate dalla figlia della vittima, Giovanna Gioffrè, che è stata ascoltata dagli inquirenti, ha scritto un post su FB e ha anche rilasciato un’intervista alla Gazzetta del Sud.
Questo il testo del post su FB.
Volevo solo precisare alcune cose che riguardano mio padre: prima di sparare sentenze senza sapere i fatti evitate di fare commenti negativi perché mio padre non è come è stato descritto da Tiziana Mirabelli cioè uno stupratore, perché papà era una persona pulita dentro e fuori e non avrebbe mai fatto una cosa del genere contro una donna. Papà era conosciuto da tutto Cosenza come una persona umile che non avrebbe torto un capello a nessuno. Era un tipo troppo buono, quindi vi prego di rispettare il nostro dolore e di non fare commenti negativi contro papà perché noi già stiamo soffrendo per colpa di una psicopatica che ci ha privato della nostra felicità uccidendo mio papà a sangue freddo con 25 coltellate, quindi lasciateci in pace.
Questo invece il testo dell’intervista.
Le chiavi di casa, il cellulare e il portafogli della vittima sono spariti. Giovanna Gioffrè non riesce a darsi pace. L’incontriamo a pochi passi dalla caserma dei carabinieri dove è stata appena risentita. «Mio padre» ci dice subito «non era un uomo violento e non credo a una parola della versione resa dalla donna che l’ha ucciso.»
Ma qual era -chiediamo – il rapporto tra i due?
«Di affetto e parentela perchè il fratello dell’assassina ha sposato mia cugina. Lei era come una di famiglia».
Non c’era un legame sentimentale?
«Erano come un padre e una figlia. La casa di papà per lei era come la casa di un congiunto: entrava e usciva».
Ma avete mai nutrito sospetti nei suoi confronti?
«No. Pensi che dopo il delitto si è venuta a fare la tinta ai capelli a casa nostra, cioè nell’appartamento di mio padre, come se il morto non fosse a pochi metri da noi. Era tranquilla. Sabato, addirittura, le ho medicato le ferite che presentava alle mani: mi ha detto che si era bruciata a lavoro usando la “Vaporella”».
Senta, in casa c’è una cassaforte?
«Sì, ma l’abbiamo trovata vuota. E non era apribile senza le chiavi, che aveva mio padre, che sono scomparse insieme al cellulare e al portafogli. Noi sappiamo che nella cassafirte c’erano più di 10.000 euro perché papà li aveva messi da parte: servivano a sostenere un importante intervento chirurgico».
Cosa chiede adesso alla magistratura?
«Io chiedo giustizia per mio padre, che è stato ucciso due volte: la prima a coltellate e la seconda facendolo passare come un depravato e uno stupratore. Mio padre era pulito dentro e fuori, deve riposare in pace».
Oggi verrà eseguita l’autopsia sulla salma di Rocco Gioffrè: Un atto importante che aiuterà gli investigatori a ricostruire la dinamica del delitto.