(DI GIACOMO SALVINI – Il Fatto Quotidiano) – Poco dopo le quattro del pomeriggio, le berline blindate che sfrecciano per le vie di Cutro vengono colpite da peluche per bambini e accolte con fischi e cori: “Vergogna, assassini!”. A bordo c’è Giorgia Meloni arrivata nel piccolo comune del Crotonese per presiedere il Consiglio dei ministri riparatore dopo la strage di 72 migranti. Tre ore dopo, la premier guarda attonita i giornalisti. È imbarazzata, non riesce a spiegare, a 13 giorni di distanza, perché la strage sia avvenuta e nemmeno perché non sia andata a omaggiare le salme nella palestra di Crotone: “Abbiamo finito adesso… ci vado anche volentieri…”. Balbetta, la premier. È sconvolta. Non è mai stata così in difficoltà, davanti ai cronisti che le chiedono spiegazioni. Si attiva il cordone di sicurezza, la segretaria Patrizia Scurti si sfoga con il capo ufficio stampa, Mario Sechi: “Mario, ferma i giornalisti”. Francesco Lollobrigida la scorta all’uscita del Comune di Cutro proteggendola con una cartellina. Lo specchio di una giornata drammatica per Meloni, che aveva organizzato la trasferta proprio per dimostrare che “il governo c’è”. E invece, dopo quattro ore di dramma, il governo è in panne. Tant’è che in serata Palazzo Chigi, per rimediare alla gaffe, è costretto a una clamorosa retromarcia facendo sapere che Meloni nelle prossime ore “inviterà i familiari delle vittime” a Roma.
Il “decreto Cutro” è approvato, ma è l’unica buona notizia per la premier. Che fa una gaffe dietro l’altra in conferenza stampa e viene surclassata dal vicepremier della Lega, Matteo Salvini, che riesce a inserire alcune norme dei decreti Sicurezza. Il leghista rivendica l’inasprimento delle pene per gli scafisti, i fondi per i nuovi Centri di rimpatrio, una norma “anti-Soumahoro” contro le cooperative sull’accoglienza e soprattutto la restrizione della “protezione speciale” puntando all’abolizione. Anche Meloni deve ammettere che “molte proposte della Lega sono entrate in questo decreto”. Il leghista riesce a far saltare anche una norma – inserita dal ministro della Difesa Guido Crosetto e dal sottosegretario Alfredo Mantovano – che faceva passare il coordinamento della sorveglianza marittima in capo alla Difesa, depotenziando Salvini e Piantedosi. Così non sarà, perché il leghista ha imposto il veto. Anche Lollobrigidae i forzisti erano contrari. Norma stralciata su richiesta di Crosetto. “La Guardia Costiera è da sempre in capo al mio ministero”, dice il vicepremier. Anche Silvio Berlusconi infierisce: “Il decreto non è risolutivo”.
La vera sconfitta è proprio Meloni. Che non trova nemmeno il tempo di incontrare le vittime dei familiari e di andare a omaggiare le salme. Meglio di no, le contestazioni potrebbero essere ancora più dure. Nella conferenza stampa del cortile del Comune di Cutro, spalleggiata da sei ministri, prova a uscire dall’angolo annunciando la stretta per i trafficanti (“li rincorreremo in tutto il globo terracqueo”) e a fare sue le parole del Papa (la targa nel comune si rifà alle sue parole). Ma i giornalisti le chiedono chiarezza sulle dinamiche della strage. Lei confonde la data (“il 24… anzi no il 26”), sbaglia la ricostruzione sull’intervento di Frontex: “Ha segnalato la nave quando era in acque italiane”. “Qualcuno di voi pensa ancora che sia colpa nostra?”, alza la voce. I cronisti però protestano, la incalzano, saltano i protocolli. La chiusura della conferenza stampa spetta a Salvini, che gongola: “Nel 2019, anno dei decreti Sicurezza, c’è stato il record con meno morti in mare…”. Per tre ore, il vero premier è lui. E Meloni fa la comprimaria: “Adesso devo andare…”.