Cosenza corrotta: la “scorta” di Mario Occhiuto

Da sinistra: Cannizzaro, il questore Anzalone, Occhiuto e Potestio

Come procede e si organizza la DDA di Catanzaro è inutile supporlo, ipotizzarlo, prevederlo. Quando, come e perché agire lo sanno solo loro. Ed è così che deve andare.

Lo abbiamo detto: la segretezza per un PM è la prima cosa da salvaguardare in un’ inchiesta. Senza questa precauzione il rischio di inquinamento dell’indagine è alto. Lo abbiamo visto con le “soffiate” dell’ispettore Ciciarello che avvisava boss e picciotti della presenza di microfoni e telecamere piazzate dagli investigatori, lasciando loro la possibilità non solo di coprire reati, ma anche di indirizzare gli investigatori verso false piste.

Ma i PM della DDA, in questo caso, avevano sgamato il Ciciarello, riuscendo ad arginare il danno. Infatti, l’ispettore era stato quasi “costretto” a chiedere il trasferimento dal delicato incarico alla squadra mobile alla Prefettura, dopo diverse segnalazioni fatte dal pm Bruni all’allora questore Anzalone.

Che Ciciarello fosse un cantaro al servizio dei clan, i pm antimafia lo avevano appreso dalla viva voce dei pentiti cosentini. E questo ha permesso loro di correre ai ripari. L’attività dell’ispettore a favore dei clan presa in esame dall’investigazione va dal 2012 al 2014.

Un biennio d’oro per Occhiuto. Che da poco era stato eletto sindaco. La cricca, su cui ho scritto tanto, a quel tempo era completa: Anzalone, Cannizzaro, Granieri, Tridico, Cozzolino, il colonnello Ferace, direttori di giornali, l’avvocatone Sammarco, il solito ingegnere Pecoraro, l’architetto Cucunato; ufficiale di collegamento tra i clan e la pubblica amministrazione Carminuzzu Potestio, capo gabinetto del sindaco. E a dirigere la baracca su tutti, Mario Occhiuto.

Il colonnello Ferace e il sindaco Occhiuto
Il colonnello Ferace e il sindaco Occhiuto

Una banda che a Cosenza faceva chiova e scampà. Un sodalizio nato subito dopo l’elezione di Occhiuto. Voi capite che con un apparato così a coprirti le spalle, la città è tua. Puoi fare, come ha fatto Occhiuto, tutto quello che ti pare.

Regali, appalti, affidamenti a più non posso, sempre con i soldi dei caggi. Senza nessuna regola. Senza rispettare nessuna legge. La copertura degli intrallazzi era totale: tribunale, questura, carabinieri, giornali. Nessuno ficcava il naso nei loro affari. E quando qualcuno ci ha provato è finito nei guai. Non con la malavita, come ci si potrebbe immaginare, ma con lo stato. Inchieste e reati farlocchi attribuiti a tutti coloro che osavano denunciare intrallazzi e malaffare a Cosenza. Giornalisti minacciati da poliziotti. E spostati dalle redazioni con il benestare di direttori responsabili che oggi si atteggiano a persone oneste. Roba da mafiosi originali.

I primi tre anni di consiliatura occhiutiana sono stati degni dei fasti di Re Sole. Uno sciacqua Rosa e viva Agnese, che non ti dico. I primi a bussare alle porte del Comune sono stati i creditori di Occhiuto: un esercito. Coloro i quali più di ogni altro avevano concorso alla sua elezione. E ci credo. E giù con determine, affidamenti, incarichi, consulenze, progetti farlocchi e imbrogli di ogni sorta. Tutto in tranquillità.

Non temeva nessuno Occhiuto in quegli anni, nemmeno il cinghiale, tanto era accavallato. L’impunità per lui e i suoi sodali regnava sovrana. Il paese dei balocchi. Il paradiso per uno rovinato come Occhiuto. Che da subito si è dato da fare svuotando le casse pubbliche per attagnare i suoi creditori.

occhiuto scaramuzzoQuesta cosa, lo dico ai sostenitori di Occhiuto, non è una mia invenzione (ci sono le carte dei debiti che parlano chiaro), è successa sul serio. Prima ne prendete atto, meglio è per voi e per tutti i cittadini. Non potete far finta che questa cosa non è successa. Ne va della vostra integrità morale ed etica. Oltre che della vostra onestà intellettuale.

Ma Occhiuto non si è limitato a svuotare le casse, che evidentemente non erano bastate a far fronte ai suoi problemi personali, non contento ha acceso mutui e prestiti a nome dei cosentini, che dovranno pagare per i prossimi trent’anni. Una vigna così, avrà pensato Occhiuto, non mi capita più. Ed ha minatu fra capu e nuci i cuaddru che non ti dico.

Del resto, a provare ciò che dico c’è anche l’indagine che sta svolgendo la dottoressa Manzini sugli affidamenti diretti. Bambole permettendo.

questura cosenzaCerto è che Ciciarello e compari, arrestati e indagati ad aprile, sono l’ultima ruota del carro. Perché, viene da chiedersi, come mai i loro diretti superiori non si sono mai accorti di niente? Dirigenti, funzionari, questore, colleghi, possibile che, nei confronti dell’ispettore, non hanno mai avuto il benché minimo sospetto? Eppure della corruzione nella questura di Cosenza si parla da tempo.

Si sa che molti informatori, che a Cosenza sono tanti, avevano già spifferato a diversi investigatori la presenza di diverse talpe nella questura di Cosenza. Già, perché Ciciarello non è il solo della questura a cantarsela con i boss. Anche questo si sa.

E le domande nascono spontanee: come mai l’allora questore Anzalone, compare di Occhiuto, non si è dato da fare, magari aprendo un’ indagine interna sulle relazioni di servizio che indicavano la presenza di una talpa nel suo ufficio, per porre un freno a tutto questo?

Mario Occhiuto e Dario Granieri
Mario Occhiuto e Dario Granieri

Stessa cosa per il procuratore Granieri. Come mai non ha mai aperto un’inchiesta sulla corruzione in una città dove la corruzione è il primo dei reati? A voi lettori l’ardua risposta.

Comunque, quella del 27 aprile rientrava in una più vasta operazione di polizia giudiziaria. Perché ancora non è finita. All’appello delle divise infedeli mancano ancora diversi soggetti: esponenti della polizia penitenziaria, un giudice, alcuni carabinieri, e ovviamente qualche altro questurino. Successivamente toccherà ai politici corrotti. Non tutti, purtroppo. Qualcuno è già salito sul ponte di comando a dirci chi deve fare compagnia ad Occhiuto.

GdD