Omicidio Bergamini (story) e deliri fascisti: Cribari “infiltrato” da Gallerani e lo squallido asse con Campanella

L’avvocato ferrarese Eugenio Gallerani entra nel caso Bergamini tra il 2009 e il 2010 all’indomani del ventennale della morte di Denis e della ripresa dell’attenzione mediatica suggellata dalla trasmissione di “Chi l’ha visto?” e dopo un mese dalla manifestazione a Cosenza promossa dal Gruppo FB Verità per Denis Bergamini.

La famiglia Bergamini aveva esigenza di contattare un avvocato che potesse guidarla nella ricerca della verità e della giustizia e la scelta cade su Gallerani, dietro consiglio del deputato ferrarese del Pd Alessandro Bratti e di un altro big della politica ferrarese, Dario Franceschini. L’avvocato Gallerani era salito alla ribalta delle cronache per aver difeso con successo i fratelli Santagata, ingiustamente accusati della strage del Pilastro a Bologna, nella quale furono uccisi tre carabinieri che fu una delle tragiche tappe dei poliziotti cosiddetti della “banda della Uno bianca”. C’era pertanto molta fiducia nella sua opera di ricostruzione del caso Bergamini, nel quale – come ormai sappiamo tutti – non solo di forze dell’ordine corrotte ce ne sono a bizzeffe ma ci sono anche magistrati deviati e, come al solito, c’è la puzza nauseabonda dei servizi segreti.

Gallerani è protagonista di un brillante lavoro “investigativo”, che porterà alla stesura di un memoriale determinante per la prima riapertura del caso ma non si schiera apertamente per la cosiddetta “pista passionale” ovvero quella del delitto d’onore perché lascia aperte anche le altre piste investigative legate alla criminalità organizzata, al calcioscommesse, alla droga e… alla peste ca vi ‘mbacchia come diciamo a Cusenza...

Probabilmente pensa di poter far breccia nella procura di Castrovillari proprio agitando le diverse strade investigative ma si fida eccessivamente del procuratore dell’epoca, l’ormai noto Franco Giacomantonio detto il pavido, un soggetto che avrebbe fatto anche carte false per “difendere” l’indifendibile ovvero il suo predecessore Ottavio Abbate, colui che ha prima depistato e poi insabbiato l’omicidio di Denis. E che è ancora incredibilmente dentro il Tribunale della città del Pollino all’epoca della riapertura delle indagini ricoprendo addirittura il ruolo di presidente… Gallerani non si accorge che Giacomantonio lo “palleggia” per scagionare il suo collega e finisce per assecondarlo, andando incontro alla fine all’inevitabile doccia gelata della seconda dolorosissima archiviazione.

E mentre “vieta” tassativamente articoli e riferimenti a Ottavio Abbate, che invece dovrebbe essere additato già allora come “basista” dell’insabbiamento, si lascia abbindolare anche dai giornalisti che difendono a spada tratta Isabella Internò, capeggiati dal famigerato Marco Cribari.

Il 31 marzo 2023, nel corso dell’esame di Fabio Anselmo a Donata Bergamini, si è parlato proprio di questo strano rapporto tra l’avvocato Gallerani e l’addetto stampa degli assassini di Denis. Quando il legale della famiglia Bergamini chiede a Donata quale fosse il pensiero di Gallerani sui giornalisti che si occupavano del caso, la sorella di Denis non ha esitazioni a rispondere che era “attratto” e interessato dagli articoli del Cribari, che già allora iniziava a tessere la sua tela con un obiettivo ben preciso: evitare che si celebrasse un processo per l’omicidio di Denis Bergamini. E mentre in tanti consigliavano a Gallerani di lasciare nel suo habitat naturale (le fogne) il giornalista, notoriamente fascista dichiarato e neanche molto dotato nella conoscenza della lingua italiana (per non parlare della sua ridicola ars oratoria), il legale ferrarese decide addirittura di riceverlo nel Bed&Breakfast di Ciccio Conforti a Marano dove alloggiano i Bergamini (Donata e Domizio) e i Gallerani (Eugenio e sua moglie Ginevra).

Donata racconta in aula ad Anselmo ma anche ai giornalisti presenti i particolari di quell’incontro: “Eravamo io, Gallerani e Cribari. Io provai a far emergere e a far notare al Cribari che Isabella Internò si era quantomeno contraddetta nelle sue dichiarazioni rese ai carabinieri e alla procura di Castrovillari ma la risposta del giornalista fu che io potevo essere querelata per quello che dicevo. A questa affermazione non ci pensai due volte e abbandonai la stanza nella quale era stato convocato l’incontro mentre Gallerani e il Cribari rimasero da soli…”.

E non è finita qui, perché Fabio Anselmo andando avanti rivela che tra i due c’è stato anche un copioso scambio di “documenti”. Il giornalista, tanto per fare un esempio, inviava al legale materiale riguardante il coinvolgimento del boss cosentino Tonino Paese nel procedimento “Missing” della Dda di Catanzaro. Con il chiarissimo obiettivo di scagionare la famiglia Internò e di riproporre la trita e ritrita storia della malavita cosentina implicata nell’omicidio. Verrebbe quasi da dire che Cribari si era “infiltrato” nella macchina organizzativa dell’avvocato Gallerani, ottenendo lo stesso risultato del suo sodale Giacomantonio, che infatti, pur pavido qual è, non esita ancora oggi a supportare con i suoi penosi “like” i deliri del giornalista fascista dichiarato.

E proprio mentre tutti i presenti in aula istintivamente si voltano verso Cribari, il Nostro, capita l’antifona, era già sgattaiolato fuori per evitare gli sguardi di scherno dei colleghi. E poi dicono che i fascisti non sono anche… conigli!

A proposito di fascisti, a molti addetti ai lavori proprio nella giornata del 31 marzo 2023 non era sfuggito un delirante articolo pubblicato dal “Secolo d’Italia”, notoriamente vicino – sempre per utilizzare un eufemismo – alla destra più becera e reazionaria del nostro Paese. Un articolo, che non riportiamo per non fare “pubblicità” a un delirio, nel quale si trattava la vicenda di un assassino (tale Alberto Scagni), che ha ucciso la sorella a martellate, e che coinvolge anche due agenti di polizia e una psichiatra del servizio pubblico che non sono intervenuti davanti alle minacce del giovane rivolte prima ai genitori e poi alla sventurata sorella e per i quali il giornale diretto da Bocchino invocava l’assoluzione con motivazioni al limite della… follia nelle quali si mischiano Goebbels e il Pcus per dimostrare che “ci sono cose che devono sembrare vere ad ogni costo anche se la verità potrebbe essere altra”. Che altro non è che una massima di propaganda che magari sarà anche appartenuta al Pcus e a Goebbels ma che viene tirata fuori con un solo obiettivo ovvero quello di dare fastidio al legale che sostiene in maniera a dir poco sacrosanta le accuse ai due agenti di polizia e alla psichiatra oltre che all’assassino.

E indovinate chi era l’avvocato? Ma Fabio Anselmo, naturalmente. Con tanto di riferimenti espliciti al caso Bergamini per sostenere surrettiziamente e in maniera viscida, come da lezione fascista, che Anselmo “perseguita” quella “povera anima linda di Isabella Internò”. Un delirio, appunto. In perfetta sintonia con i deliri di Cribari a Cosenza sul caso Bergamini.

E chi era l’estensore dell’articolo? Nientepopodimenoche… Mario Campanella. Questo soggetto, non certo nuovo ai lettori di Iacchite’ (Campanella, un lecchino per tutte le stagioni) passato dal socialismo militante giovanile al fascismo quasi caricaturale di gentaglia come Mimmo Barile e Arnaldo Golletti, ben presto ha capito che non avrebbe fatto strada con il giornalismo e così si è messo a leccare il culo ai politici più potenti della scena cosentina. Prima Tonino Gentile, con il quale ha rastrellato parecchi incarichi di sottogoverno soprattutto nella sanità, poi Mario Occhiuto, che l’ha nominato addirittura dirigente al Comune salvo poi decadere per avvenuto… dissesto finanziario. E infine riciclatosi abilmente con Jole Santelli e, dopo la sua morte, buttandosi tra le braccia di Fratelli d’Italia ritornando così al suo vecchio amore “fascista” con le funzioni di “ghostwriter” di tale Alfredo Antoniozzi (che fa rima con… ‘sti cozzi), deputato meloniano eletto col “paracadute” in Calabria alle ultime elezioni. Un asse fascista perfetto nel suo squallore, dunque, tra Cribari e Campanella. 

È facile fare i fascisti in uno stato democratico. Provate a fare i democratici in uno stato fascista…”. Ma forse quella del 31 marzo era una giornata particolare per la destra italiana. Multe alle parole forestiere, donne che sfornano patate (arrosto), bimbi frigorifero. Poi attacchi contro i cinesi che portano a Bruxelles valigie piene di soldi per convincerci sulle auto elettriche. Soprattutto i nazisti uccisi a via Rasella che non erano SS ma una banda di musicisti pensionati. Ore di ordinaria follia verbale di esponenti del governo e della maggioranza che svuotavano di senso (e di pesci) persino la giornata di oggi, primo aprile. Messe in fila, però, sono una sequenza impressionante che sorprende per pervasività e uso dei media più disparati. Tra i quali anche Il Secolo d’Italia con il delirio del fascista (che lecca) di Cosenza… E che continua a “difendere” il suo camerata Cribari anche quando è evidente che cerchi solo di “provocare” una intera città…