“Una vittoria oggettiva”, dice ora il suo legale, Flavio Rossi Albertini, non solo per le sorti del detenuto anarchico, ma perché “ha compiuto una dichiarazione di incostituzionalità del divieto di prevalenza di tutte le attenuanti, nei confronti delle recidiva reiterata, per tutti reati la cui pena edittale sia fissa e contempli il solo ergastolo”.
“Fermo il digiuno, non cammino più”
È stato l’anarchico stesso a comunicare, compilando un modulo prestampato a disposizione dei detenuti, la scelta di ricominciare ad alimentarsi dopo 181 giorni di digiuno più o meno ferreo iniziato come forma di protesta contro il regime del 41 bis e l’ergastolo ostativo: “Dichiaro di interrompere lo sciopero della fame”, ha scritto Cospito, avvisando così i vertici del Dap, del carcere di Opera e del Tribunale di Sorveglianza di Milano. “Grazie – ha annunciato l’anarchico condannato per la gambizzazione dell’ex amministratore delegato di Ansaldo nucleare, Roberto Adinolfi, e gli ordini davanti alla Scuola allievi carabinieri di Fossano – a tutti coloro che hanno seguito la mia tenace e inusuale forma di protesta”.
Nelle ultime settimane Cospito aveva ricominciato ad assumere integratori, brodo vegetale, qualche bustina di parmigiano, bevande e latte su consiglio del medico di parte, Andrea Crosignani. “Non avremmo mai pensato che sarebbe giunto vivo al 18 aprile”, aveva detto ieri il suo legale. Vivo ci è arrivato ma ora è in sedia a rotelle “e i medici disperano che possa essere reversibile il danno neurologico riportato al piede”, spiega il suo avvocato difensore Flavio Rossi Albertini.
Ora la ripresa dell’alimentazione dovrà essere graduale e tenuta sotto controllo dai medici del San Paolo. Quando le condizioni di salute lo permetteranno, Cospito verrà riportato nel carcere di Opera a Milano. Anche se l’anarchico avrebbe espresso il desiderio di tornare nel carcere di Bancali a Sassari in cui era detenuto prima del trasferimento ordinato per motivi clinici.
La svolta dopo il verdetto della Consulta
La decisione non è stata al momento motivata. Ma ieri, 18 aprile, Cospito e il suo avvocato Flavio Rossi Albertini avevano ottenuto, dopo sei mesi, la prima vittoria giuridica. All’anarchico, già condannato a 20 anni per i due ordigni esplosi nel 2006 davanti alla Scuola allievi carabinieri di Fossano, la Cassazione nel luglio scorso aveva deciso di contestare il reato di strage politica, punito con l’ergastolo, senza attenuanti. Anche se strage non c’era stata perché le bombe non avevano provocato morti né feriti. La Corte d’Assise d’Appello di Torino aveva deciso di rimettere il caso alla Consulta su istanza del legale di Cospito che ha sempre sostenuto che si sarebbe potuta riconoscere l’attenuante dei fatti di lieve entità, riducendo la pena. E la Corte gli ha dato ragione smontato un tassello della legge ex Cirielli e stabilendo che “il carattere fisso della pena dell’ergastolo esige che il giudice possa operare l’ordinario bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti”. E “conseguentemente il giudice dovrà valutare, caso per caso, se applicare la pena dell’ergastolo oppure, laddove reputi prevalenti le attenuanti, una diversa pena detentiva”. Una scelta che apre la strada alla riduzione di pena da parte dei giudici di Torino, dall’ergastolo a una condanna tra 20 e 24 anni.
La vittoria giuridica sull’ergastolo. E la nuova istanza a Nordio sul 41 bis
“Attraverso il suo corpo, sempre più magro e provato, Cospito ha svelato cosa significhi in concreto il regime detentivo speciale: illogiche privazioni imposte ai detenuti, aspre limitazioni prive di una legittima finalità, deprivazione sensoriale, un ambiente orwelliano. E ancora, impossibilità di leggere, studiare ed evolvere culturalmente e di ricevere libri e riviste dall’esterno anche quando inviati da case editrici”, dice senza mezzi termini l’avvocato in una nota. E aggiunge: “Grazie alla vicenda Cospito, il 41 bis è sempre meno tollerato”.
Il regime di carcere duro però, per il quale l’anarchico aveva annunciato mesi fa che sarebbe stato pronto a lasciarsi morire di fame, non è stato però toccato dal verdetto della Consulta. E per questo l’avvocato ha presentato una nuova istanza al ministro Carlo Nordio, che già una volta ha però detto no alla cancellazione del carcere duro per l’anarchico. Tra due o tre anni, aggiunge Rossi Albertini, dovrebbe arrivare anche la pronuncia della Cedu, la Corte europea dei diritti umani, che ha accolto il ricorso del legale. La battaglia per la modifica di una norma (la ex Cirielli) Cospito invece la ha vinta.
Il precedente: quando Cospito fece cambiare la legge sulle condanne per i renitenti della leva
E non è la prima volta. Era già successo nel 1993. Anche allora una “sentenza Cospito” della Corte costituzionale aveva fatto giurisprudenza. Per chiunque disertasse la leva, come l’anarchico, si abbatteva la cosiddetta “spirale delle condanne” fino al 45esimo anno di età: a ogni chiamata del servizio militare rifiutata corrispondeva una condanna. Nel 1993, dopo la battaglia legale dell’anarchico, i giudici stabilirono che i disertori non possono essere condannati più di tre volte e comunque a pene che non possono superare complessivamente l’anno di carcere.