Ponte sullo Stretto. Messina, cronaca di una gara di… minchiate

UN PONTE SI’, MA FATTO DI MINCHIATE

Ieri a Messina sotto le bandiere della Cisl nazionale con a capo Luigino Sbarra, vecchia conoscenza di Report, recordman in fatto di clientele e intrallazzi fin dai tempo gloriosi nei quali “serviva” contemporaneamente l’Anas e il sindacato, è andata in onda la saga delle ovvietà e delle minchionerie .

A contendersi il titolo del premio: “Un Ponte sì, ma di pilu e minchiate” c’era il fior fiore dei campioni italici. Matteuccio Salvini, campione internazionale di cazzate, definito il cazzaro verde; Roberto Occhiuto da Cusenza, altrimenti detto parassita sociale ma anche fratello del famigerato sindaco “cazzaro” che ha mandato in fallimento la città oltre che le sue aziende “scatole cinesi”, qui nelle vesti di incantatore di serpenti, nonché a tempo perso…. dei calabresi anche presidente della Regione Calabria. Al cui confronto il collega Renatuccio Schifani da Paliermo fa la figura di uno statista. E infine il difensore dei lavoratori, del sud, degli ultimi Luigino Sbarra da Pazzano, braccia sottratte all’agricoltura e ce ne scusino i braccianti.

La gara è stata interessante e avvincente. I nostri protagonisti in splendida forma hanno sparato cazzate e minchiate a raffica per tutto il convegno. Il tema si offriva alla bisogna: “Il Ponte sullo Stretto. Infrastrutture e trasporti per unire l’Italia”. Peccato che si siano dimenticati l’Europa e perché no… anche l’Ucraina. Già l’idea che il tanto fantasmagorico ponte riesca dove fallirono gente come  i Normanni, e poi Giuseppe Garibaldi, Bixio, Cavour e infine  gli americani, è una pensata da miglior marketing dei cialtroni. Mentre fuori un po’ di contestatori facevano un po’ di casino – ma andate a lavurar pare abbia detto il cazzaro verde, ritirando subito l’espressione quando ha incrociato lo sguardo di… Occhiuto – i nostri campioni hanno dato inizio alla gara.

Il primo a sparare le minchiate del secolo è Salvini. Esordisce con una mitragliata da tramortire anche Mohammed Alì: “Il Ponte sullo Stretto unirà finalmente l’Italia dopo 50 anni di chiacchiere, di soldi spesi. Creerà 100 mila posti di lavoro soprattutto per i giovani siciliani e calabresi. Ripulirà l’ambiente, il mare, l’aria e sarà una opportunità per le imprese di tutta Italia, oltre che l’indicazione di quanto l’ingegneria italiana e gli operai italiani siano i migliori al mondo. Costerà al massimo 13 miliardi e mezzo di euro, come indicato nel Def. Conto che possa costare anche di meno, ma costerà meno della metà di quanto gli italiani hanno pagato il reddito di cittadinanza. Con la differenza che il reddito non lascia traccia, il ponte è invece è una infrastruttura che verrà usata da milioni di italiani, da tutti. L’obiettivo dell’apertura cantieri è l’estate 2024”.

Già ci immaginiamo i libri di storia tra cent’anni… l’Italia fu unita nel 2030 con l’apertura del Ponte sullo Stretto, opera voluta dal nostro grande padre della patria, Matteuccio Salvini. La Calabria e la Sicilia grazie a lui divennero terre ricche e prospere. 100 mila giovani da ambo le sponde trovarono lavoro, benessere e felicità. La corsa al ponte o febbre del ponte  sviluppò una febbrile migrazione di lavoratori verso queste terre fino ad allora in preda del malaffare.

Tutto il mondo civilizzato, ad eccezione dei niguri africani, trovò accoglienza a queste latitudini. Già all’apertura del cantiere il 30 (TRENTA) FEBBRAIO 2024 si sono contati miliardi di turisti in arrivo da tutto il mondo, ma che dico, da tutto il globo terracqueo, ad assistere ai lavori di costruzione. I pensionati italiani sono scomparsi da tutti i  cantieri della penisola e si sono dati convegno sulle due sponde tra Scilla e Cariddi. Anche gli ‘ndranghetisti si sono messi  in pensione o sono emigrati in terre lontane. Un po’ come è successo con la costruzione e i lavori per l’autostrada e il raddoppio ferroviario. Quando la mafia restò senza lavoro, gli portavano le mazzette direttamente a casa… Il Sud  è diventato la nuova Magna Grecia. Ma che dico… MAGNA, MAGNA, ITALIA.

L’intervento del nostro Matteuccio Salvini ha suscitato l’entusiasmo degli astanti. Una ola gigantesca ha attraversato la platea coinvolgendo dirigenti, faccendieri, lavoratori e perfino contestatori.

La sorte del titolo sembrava decisa, quando con uno scatto imperioso conquista il proscenio il mitico Robertino Occhiuto da Cusenza, per gli amici del nostro sito, il parassita. Con tono deciso e risoluto esclama: ”Chi protesta è un’esigua minoranza perché i cittadini del Mezzogiorno sono grati a chi si sta impegnando tanto. C’è una congiuntura favorevole, io e Schifani siamo entrambi tifosi del Ponte, ma va riconosciuto a Salvini che senza la sua determinazione oggi non ne parleremmo”.

Alle sue risolute parole si è assistito ad un fuggi fuggi generale tra i contestatori, chi verso casa, chi ha preferito suicidarsi buttandosi dal plastico del ponte, chi è entrato in sala e gettandosi ai piedi del nostro amatissimo  governatore ha iniziato a battersi il petto chiedendo perdono. Anche le congiunzioni astrali hanno riconosciuto che è il suo momento e del suo partner siculo. E poi, giustamente fa il tifo per il ponte: uno come lui potrebbe mai tifare per il Cosenza, che è una sofferenza continua?

Nel silenzio generale il nostro condottiero ha continuato con le minchiate pari se non superiori a quelle del cazzaro verde. “Il Ponte sullo Stretto è un’opera infrastrutturale  che crea sviluppo in un contesto, quello geograficamente delimitato dalla Regione Calabria e dalla Sicilia, che sta diventando sempre più strategico. Governo una Regione nella quale insiste la prima infrastruttura portuale d’Italia, il porto di Gioia Tauro, che negli ultimi anni è esploso con 3 milioni e mezzo di container movimentati all’anno”.

Le sue minchiate sono pari solo alla sua incapacità. Parla del  successo del porto di Gioia Tauro dove non c’è ombra di un’azione o di un intervento della Regione Calabria (e per fortuna aggiungiamo…) e spaccia per suo il lavoro fatto dal ministro Toninelli a suo tempo per rilanciare l’infrastruttura. Si, proprio quel Toninelli che lui e  i suoi amici deridevano come un  incapace. E che di fronte a loro era un Einstein delle infrastrutture. Come dice il grande Mourinho, zeru tituli per il parassita.

E arriviamo alla super minchiata finale. La minchiata delle minchiate: “Sarò un visionario ma credo che oggi la Calabria e la Sicilia possano vivere quello che hanno vissuto le Regioni del Nord qualche decennio fa, quando si sono avvantaggiate dal fatto di essere prossime al motore di sviluppo dell’Europa, che era rappresentata dalla Germania nel manifatturiero. Oggi, nel nuovo paradigma dell’economia europea, il Mediterraneo diventa centrale, tanto che si fanno gli investimenti per rafforzare il Mediterraneo orientale; dobbiamo rafforzare quello occidentale e l’investimento sul Ponte sullo Stretto è cruciale anche per questo”.

Ora di visionario il nostro (s)governatore ha solamente il sogno di mantenere la cadrega il più a lungo possibile, e, al limite, di diventare in seguito parlamentare europeo o ministro. Di altri possenti sogni o visioni non ne intravediamo nemmeno con un binocolo astronomico di ultimissima generazione. Infine facciamo notare al nostro (s)governatore che l’eventuale Ponte sullo Stretto non serve a collegare l’occidente con l’oriente, ma il nord – che saremmo noi calabresi – con il sud dei nostri cugini siculi. Non stiamo facendo un ponte che collega la Calabria con Atene o Palermo con Madrid. Per sua conoscenza lo informiamo che i punti cardinali sono quattro, oltre ad oriente e occidente, esistono anche nord e sud. Ma si sa, anche lui, i niguri li vuole aiutare solo a casa loro…

A questo punto della competizione (di minchiate) Luigino Sbarra da Pazzano dichiara che bisogna passare dalle parole ai fatti. E detto questo, dal cielo s’è scatenata improvvisamente una “tempesta”: persino ‘u Patreterno s’è rifiutato di continuare a sentire tutte ‘ste minchiate.