Armi, Minniti e l’ex truppa Pci-Pds-Ds che ha imbracciato il fucile

(DI LORENZO GIARELLI – ilfattoquotidiano.it) – Al di là del destino giudiziario di Massimo D’Alema, appena coinvolto nell’inchiesta sulla vendita di navi e aerei militari alla Colombia, è chiaro ormai che a un certo punto parte della classe dirigente ex Pds abbia imparato a non preoccuparsi e ad amare le armi, per dirla con Stanley Kubrick.

Sono parecchi infatti i leader o gli ex enfant prodige eredi della tradizione comunista ad aver idealmente abbracciato il fucile, dedicando la propria second life fuori dalla politica a incarichi nel settore della Difesa, a metà tra il pubblico e il privato.

Detto di D’Alema, che tra le varie attività offre consulenze anche su compravendite di armamenti, è impossibile non partire dall’enclave dem dentro Leonardo, il colosso della Difesa italiano partecipato dal ministero dell’Economia. Nei vari rivoli dell’organigramma e degli enti interni, compaiono due big del centrosinistra che fu. Uno è Marco Minniti, già ministro dell’Interno con Paolo Gentiloni, ma prim’ancora dalemiano (fu sottosegretario a Palazzo Chigi durante il mandato di D’Alema): dopo cinque legislature in Parlamento, nel 2021 ha mollato la politica per guidare la fondazione Med-Or, promossa da Leonardo per favorire le buone relazioni con i Paesi del Mediterraneo. Un incarico da circa 300 mila euro lordi l’anno, come rivelato dal quotidiano Domani.

Cifra in linea con quella percepita – dopo qualche anno di servizio gratuito – da un altro storico dirigente Pci-Pds-Ds, ovvero l’ex presidente della Camera Luciano Violante. Dal 2019 Violante è presidente della Fondazione Leonardo – Civiltà delle macchine, gioiellino da 3 milioni di euro di bilancio, che edita un’omonima rivista diretta da Marco Ferrante e Pietrangelo Buttafuoco (l’edizione online). Entrambe le nomine, quella di Minniti e quella di Violante, sono avvenute durante il “regno” dell’ex amministratore delegato Alessandro Profumo, oggi indagato insieme a D’Alema.

Si è dato alla Difesa pure un altro ex Pd della filiera Ds. Si tratta di Andrea Manciulli, già segretario regionale dem in Toscana e deputato per una legislatura. Non ricandidato nel 2018, Manciulli ha prima trovato fortuna alla Fondazione Fincantieri, di cui è stato nominato presidente, riuscendo poi a diventare vicepresidente della stessa Fincantieri con la pesante delega ai rapporti con la Nato. Non male, visto che Fincantieri può vantare rapporti commerciali miliardari verso l’estero in tema di navi militari.

E poi c’è Nicola Latorre, uno dei più noti scudieri di D’Alema negli anni d’oro della scalata verso la Presidenza del Consiglio. Roba dell’altro secolo, certo, ma che ha restituito un Latorre preparatissimo sugli affari della Difesa, al punto che nel 2020 l’allora ministro dem Lorenzo Guerini lo ha indicato come Direttore generale dell’Agenzia Industrie Difesa (Aid), un ente controllato dalla Difesa che ha il compito di gestire le unità industriali del ministero. Tutte circostanze che rendono bene l’idea del trait d’union tra la classe dirigente post-comunista e quella legata alla destra e soprattutto al nuovo ministro della Difesa Guido Crosetto, che per anni ha lavorato in Aiad (la Federazione italiana delle aziende dell’aerospazio) occupandosi però anche di fornire consulenze alle singole società del settore inclusa Leonardo). Su questi temi, le larghissime intese tra FdI ed ex Ds funzionano benissimo.