Ponte sullo Stretto. Le valutazioni ambientali e l’articolo 9 della Costituzione

Capitolo 7
Le valutazioni ambientali e l’articolo 9 della Costituzione
di Aurelio Angelini, docente di Sociologia dell’Ambiente e del Territorio presso l’Università di Enna Kore e di Maria Rosa Vittadini, IUAV

Il recente decreto-legge sul Ponte, approvato in via definitiva dal Parlamento, resuscita vecchie leggi superate da norme sopraggiunte e attualmente vigenti ponendo in essere un irrimediabile contrasto con le disposizioni europee in materia di ambiente, di risorse naturali e paesaggistiche. A livello nazionale la normativa contenuta nella nuova legge, che prevede la realizzazione del ponte senza alcuna appropriata valutazione, è in aperto conflitto con i principi che riguardano la “tutela dell’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi” contenuti nell’art. 9 della Costituzione.

Nell’area vasta dello stretto di Messina è presente un ecosistema ricchissimo di biodiversità: acque, correnti, venti, caratteristiche geomorfologiche, presenze faunistiche, ricchezze botaniche e naturalistiche fanno unico questo luogo, attraversato da un processo di antropizzazione accertato fin dal più antico paleolitico E’ un’area che possiede tutte le caratteristiche per poter essere riconosciuta Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, per eccezionale valore universale quale patrimonio naturale, in considerazione delle: “formazioni geologiche e fisiografiche e delle zone strettamente delimitate costituenti l’habitat di specie animali e vegetali minacciate, di valore universale eccezionale sotto l’aspetto scientifico o conservativo” e in considerazione del fatto che essa è riconducibile, secondo le declaratorie UNESCO, ai “siti naturali o le zone naturali strettamente delimitate di valore universale eccezionale dall’aspetto scientifico, conservativo o estetico naturale”.

Infatti, in pochi chilometri è contenuto uno scrigno naturalistico rappresentativo dell’intero il Mediterraneo, in un contesto tra i più importanti delle culture mitologiche del mondo classico. Non è un caso che l’intera area dello Stretto sia il punto focale di un importantissimo sistema naturale oggi costituito da riserve naturali e parchi naturalistici, ricchissimo di siti delle Rete Natura 2000. Basti pensare ai Nebrodi, all’Aspromonte, all’Etna, alle Eolie patrimonio UNESCO, all’Isola Bella, alle lagune di Ganzirri e di Marinello, agli ambienti umidi del litorale con gli acquitrini salmastri di Faro e Ganzirri; alla zona costiera di Capo Peloro, per tacere delle alture che si affacciano sulle due sponde che sono i luoghi di sosta di una avifauna migratoria di straordinaria ricchezza.

Tutti questi aspetti sono rappresentativi del patrimonio della nazione e costituiscono principi e valori descritti nella parte prima all’art. 9 della Costituzione, in cui si stabilisce che “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”.

Alla luce dell’art. 9 la tutela del valore del sistema “Ecoculturale, Paesaggistico e Naturalistico dello Stretto di Messina”, assume oggi un nuovo e più importante significato e obbliga a considerare attentamente i cambiamenti intervenuti nel ventennio trascorso dalla presentazione del traballante progetto del ponte, elaborato e sottoposto a vaglio ambientale attraverso le maglie larghe della “legge obiettivo” e che oggi viene ripescato con un decreto convertito in Legge dal Parlamento. La riforma della parte prima della carta Costituzionale contenente i valori e i principi della Repubblica, codifica infatti la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi come obiettivo da perseguire “nell’interesse delle future generazioni”. In base ai nuovi principi l’ambiente è dunque un bene da salvaguardare, diritto fondamentale della persona, da tutelare da parte delle generazioni attuali nel rispetto e nell’interesse delle generazioni future.

Il nuovo Decreto per la realizzazione del Ponte e la relativa Legge di conversione si contrappongono nel loro insieme alle finalità dell’articolo 9, per i vuoti normativi e per le procedure finalizzate all’aggiramento delle verifiche ambientali. Violano dunque la Costituzione, che esige che qualsiasi legge non possa essere in conflitto con i principi costituzionali.

Allo stato delle cose il progetto definitivo del Ponte non è mai stato oggetto di una compiuta Valutazione di Impatto ambientale e neppure è mai stato incluso in un documento programmatico sottoposto a Valutazione ambientale strategica, benché entrambe siano procedure obbligatorie secondo la normativa europea e la normativa italiana.
Le norme procedurali per il riavvio della programmazione e progettazione dell’opera previste dall’art 3 del Dlgs 35/2023 tracciano un percorso con aspetti paradossali, del tutto incurante del tempo e delle trasformazioni intervenute. Oggi, anno 2023, assumono come riferimento un progetto definitivo elaborato nel 2011 (12 anni fa), che nel 2013 è stato esaminato dalla Commissione VIA al fine di verificare la sua rispondenza alle prescrizioni derivanti dalla Valutazione di impatto ambientale condotta nel 2003 (20 anni fa) sul progetto preliminare, secondo le norme fortemente semplificatorie della Legge Obiettivo.
Il parere reso in questa occasione dalla competente Commissione di Valutazione d’Impatto Ambientale, esitato il 15/03/2013, è il documento dal quale, secondo il Dlgs 35/2023 oggi convertito in Legge dovrebbe riprendere la verifica ambientale.

Tale documento riguarda la Verifica di ottemperanza che il progetto definitivo doveva dimostrare rispetto al progetto preliminare sottoposto a procedura VIA nel 2003 e al recepimento delle sue (molte) prescrizioni fatte proprie dal CIPE con la Delibera n.66/2003. La procedura sul progetto preliminare si era conclusa infatti con un parere positivo, ma accompagnato da ben 27 prescrizioni di completamento e approfondimento, da sviluppare nel progetto definitivo, e da 8 raccomandazioni relative alle misure di compensazione e mitigazione. La verifica di ottemperanza del 15/03/2013 si è conclusa con un esito negativo, dal momento che la Commissione VIA ha ritenuto lacunose, parziali e non sempre esaustive le integrazioni fornite dal proponente, e ha dichiarato:
1) di non poter esprimere alcuna valutazione sulle Varianti sostanziali (che riguardano tutti gli impattanti progetti di collegamenti stradali e ferroviari) né sul versante siciliano né sul versante calabro.
2) di ritenere ottemperate 6 prescrizioni, ma che altre 20 erano state ottemperate solo parzialmente
3) in particolare di ritenere totalmente non ottemperate le prescrizioni relative alla Valutazione di Incidenza naturalistica (biodiversità ed ecosistemi), all’obbligo di approfondire le conoscenze sulle criticità e di compensare in maniera adeguata e sufficiente le specie interferite, compresi i flussi migratori dei cetacei e dei volatili.

In definitiva la Commissione VIA nel 2013 stabiliva che il progetto era invalutabile perché carente e incompleto. C’è da chiedersi se per colmare le carenze conoscitive e progettuali allora rilevate basterà la Relazione di accompagnamento che, secondo il Dlgs 35/2003, dovrebbe redigere il progettista del Ponte inviando poi il tutto al Ministero dei trasporti e a quello dell’Ambiente per una nuova pronuncia, rigorosamente limitata all’ottemperanza del progetto definitivo alle prescrizioni del 2003 e solo per gli aspetti non valutati in precedenza. Come se il tempo fosse rimasto fermo allo stato dell’ambiente, dell’economia e della società di allora.

Invece nel frattempo non solo sono spirati abbondantemente i termini di legge (5 anni) relativi alla durata di validità della procedura conclusa dalla Commissione VIA nel 2013, ma nel frattempo sono cambiate, oltre alle norme, anche le principali pianificazioni che riguardano direttamente tutta l’area dello Stretto di Messina e che oggi non prevedono, anzi confliggono con la realizzazione del Ponte, vedi i Piani paesaggistici, i Piani territoriali ed urbanistici, le VAS dei Piani di infrastrutture e mobilità ecc. Il progetto stesso del Ponte si è grandemente esteso a coinvolgere aree più lontane, tracciati diversi, opere complementari più complesse, misure di asservimento al ponte di aree e risorse non considerate e non considerabili nel lontano 2003.

Per tali ragioni è indispensabile, oltre che ineludibile, una nuova procedura VIA, non solo e non già per l’esito negativo della VINCA, che pure basterebbe, ma anche in considerazione degli importanti aspetti legislativi e procedurali introdotti nell’ultimo decennio, come le norme del Codice dei Contratti (Dlgs 50/2016 e poi Dlgs 36/2023) che riguardano specificamente le opere strategiche. Innovazioni tali da far ritenere per norma e per logica che debba essere effettuata una nuova procedura d’Impatto Ambientale, nel rispetto dell’ordinamento giuridico vigente. La nuova procedura deve assicurare l’insieme delle informazioni progettuali e ambientali del “nuovo Ponte” al fine di valutare in modo puntuale le ripercussioni del progetto sulle componenti ambientali, sulle loro relazioni e sulle loro tendenze, per evitare interventi che causino sacrifici ambientali superiori a quelli necessari al soddisfacimento dell’interesse sotteso all’iniziativa e nel rispetto dell’art. 9 della Costituzione.

Il complesso delle mutate condizioni, l’ampiezza e il rilevante numero di azioni collaterali alla costruzione del ponte, ma necessarie per la sua funzionalità e per la sua integrazione nella struttura territoriale, riportano in primo piano la questione della Valutazione ambientale strategica. All’inizio degli anni Duemila la definizione di “opera strategica” operata dalla Legge Obiettivo si riduceva ad un puro atto politico. Oggi, per essere definita strategica un’opera deve rispondere ai “ criteri di rendimento attesi in termini di sviluppo infrastrutturale, riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale, sostenibilità ambientale, garanzia della sicurezza strategica, contenimento dei costi dell’approvvigionamento energetico del Paese, adeguamento della strategia nazionale a quella della rete europea delle infrastrutture” (art 39 Dlgs 36/2023)
Tutte condizioni che possono essere esplicitate solo con un regolare processo di VAS, del resto richiesto come “condizionalità ex ante” dalla UE per ottenere i contributi dei fondi strutturali.

Occorre rilevare che nell’unico Quadro delle infrastrutture strategiche sottoposto a VAS (Allegato Infrastrutturale al DEF 2015) il progetto di attraversamento stabile dello Stretto di Messina non è neppure nominato benché il Progetto definitivo del Ponte fosse disponibile e la valutazione ambientale VIA fosse in corso. Il ponte come opera strategica del sistema intermodale del trasporto Nord-Sud, rende quindi indispensabile la sottoposizione a VAS dell’intero progetto, non solo per permettere la partecipazione dei portatori d’interesse e delle amministrazioni dei territori interessati, ma anche per poter verificare gli effetti sistemici del “progetto Ponte” sull’ambiente naturale, nel rispetto della Direttiva 2001/42/CE”, con lo scopo di poter valutare concretamente se la realizzazione dell’opera è l’alternativa migliore per il raggiungimento degli obiettivi nazionali e comunitari previsti, se è fattibile utile e strategica nello Stretto di Messina.