Incidenti sul lavoro: i veri responsabili la fanno sempre franca (di Mimì De Paola)

di Mimi De Paola, Le radici del sindacato (Cgil)

Con l’aumento degli incidenti sul lavoro e le aggressioni, anche mortali, a lavoratori in sciopero, la tanto attesa “ripresa” post covid mostra il suo vero volto, e non poteva che essere così. Manca ancora il furto di denari pubblici su vasta scala, ma arriverà anche quello: basta avere pazienza.
Per gli incidenti sul lavoro, gli inquirenti indagano sui singoli episodi e, come nel caso che ha portato alla morte l’operaia Luana, trovano quasi sempre un sistema di sicurezza manomesso o una regola non rispettata. Uno o più colpevoli vengono assicurati alla giustizia (a volte!), ma il sistema è innocente: SE i sistemi di sicurezza sono integri, SE le regole sono seguite, tutto funziona a meraviglia, nessuno si fa male e tutti possono vivere felici e contenti come nei finali di fiaba.
Ma la realtà è ben altro di quanto riescono a descrivere delle indagini e dei processi giudiziari.

Partiamo da un assunto difficilmente contestabile: scopo della produzione di merci è il profitto. In regime di concorrenza, due degli elementi fondamentali per abbassare i costi di produzione, e quindi aumentare i profitti, sono il risparmio sugli impianti e l’aumento dei ritmi di lavoro. In ogni fabbrica si svolge un’incessante selezione naturale darwiniana nella quale prevalgono (ovvero, se capi fanno carriera e se operai, per giunta precari, conservano il posto di lavoro) coloro che maggiormente salvaguardano il profitto, magari “aggiustando” qualche impianto o “dimenticando” qualche regola. Ovviamente nessuno gli chiede in modo chiaro di farlo, ma chi lo fa ha più possibilità di “riprodursi” di chi si rifiuta: in questo modo i geni della scorrettezza risultano vantaggiosi per l’attività produttiva e quindi per il profitto.

Gli imprevisti di questo sistema sono gli incidenti, che sono però soggetti a due fattori:
1. Non hanno quasi mai una sola ragione, ma sono il risultato della combinazione casuale di eventi diversi ed eterogenei e, quindi, anche se non si rispettano le regole, sono eventi statisticamente rari;
2. Non c’è una relazione proporzionale tra la gravità di un evento e le sue conseguenze: crolla un impianto durante la pausa mensa e non ci sono vittime, ma se fosse successo un’ora prima o un’ora dopo sarebbe stata una strage.
Entrambi questi fattori rendono l’incidente con conseguenze gravi un evento eccezionale e quindi un rischio accettabile a fronte dei vantaggi ottenuti non rispettando le regole di sicurezza.

Facciamo uno schematico esempio. Nella fabbrica X, per i capi, premi in denaro e carriera sono legati al raggiungimento di livelli di produzione sempre più alti, che si raggiungono più facilmente se si allentano i sistemi di sicurezza. A gestire la produzione ci sono venti capi, dieci dei quali applicano strettamente le regole, mentre gli altri dieci sono disposti a transigere. Avviene però un grave incidente e un capo del secondo gruppo finisce in guai giudiziari. Alla fine dell’anno però gli altri nove del suo gruppo ottengono il premio perché hanno raggiunto l’obiettivo, mentre solo due del primo gruppo sono riusciti a farcela.

L’assumersi il rischio ha portato quindi a un successo del 90% contro il 20% di chi è rimasto nelle regole. Ma il successo maggiore è quello degli azionisti della fabbrica che non rischiando nulla in termini giudiziari e pochissimo in termini monetari, hanno aumentato i loro profitti, mentre chi ha perso veramente è l’operaio vittima dell’incidente. Sacrificando un capro (sarebbe meglio dire, capo) espiatorio ogni tanto e in barba alla magistratura, i veri responsabili la fanno sempre franca (Atlantia insegna).
È una constatazione abbastanza immorale, ma se volete una storia con una morale, guardatevi un film di Hollywood.