Quella pronunciata dal giudice Giovanni Rossi, della seconda sezione penale del tribunale di Salerno, giorno 27.06.2023, era una sentenza che aspettavamo da tempo. Un processo iniziato nel lontano 11.07.2017, 16 udienze, 6 testimoni, tre pubblici ministeri, che si sono alternati nelle diverse fasi del processo, sul banco degli imputati Iacchite’.
A “trascinarci” davanti al giudice quel bellimbusto del pm Giuseppe Cozzolino, detto Pino, in servizio permanente alla procura di Cosenza da ben 17 anni, che accusava Iacchite’ di averlo, con più articoli, diffamato. Articoli che raccontano un giro di tangenti, dove quel figurino di un Cozzolino è coinvolto, “posto in essere” dall’associazione Prometeo di Cosenza, a danno dei fondi pubblici destinati alla formazione professionale. Un classico dei colletti bianchi: truffare lo stato e spartirsi il malloppo con chi garantisce immunità e impunità, ovvero un magistrato. In questo processo abbiamo prodotto le foto di quel fotogenico di un Cozzolino a cena con l’indagato, i verbali del Csm, un video dove si vede chiaramente la spartizione del malloppo, ma soprattutto abbiamo portato in aula un testimone, ovvero colui il quale ha girato il video della “mazzetta”, il signor Libero Cafaro, organizzatore della truffa ai fondi per la formazione, insieme all’avvocato Lafranco e al signor Bafaro, e quindi “testimone oculare” degli eventi da noi narrati negli articoli. Il signor Cafaro ha chiaramente indicato quel terminal di un Cozzolino, come “l’utilizzatore finale” del giro di mazzette che ruotava intorno alle loro truffe (oltre un milione di euro).
Il sistema messo in atto dall’avvocato Lanfranco (braccio operativo) e da quel mentalista di un Cozzolino funzionava, e continua a funzionare, così: Cozzolino, a capo di un fantomatico pool investigativo impegnato solo ed esclusivamente a scovare reati contro la pubblica amministrazione, dopo aver individuato (spesso su segnalazione degli amici degli amici che con lui hanno già avuto a che fare) i furbetti della truffa allo stato, apriva nei loro confronti un fascicolo, ordinando a finanzieri e poliziotti di perquisire, intercettare, convocare, interrogare, non certo per fini di Giustizia, ma con un preciso scopo: creare apprensione e panico in chi ha qualcosa da nascondere. E i signori Bafaro/Cafaro di cose da nascondere ne avevano a bizzeffe. Direbbe il commissario Montalbano: “Tutto scarmazzo, tutto teatro” per agganciare i truffatori e fargli una proposta che non possono rifiutare.
E qui entra in scena l’avvocato Lafranco, amico d’infanzia di quel partenopeo di un Cozzolino, che si pone ai preoccupati truffatori “sgamati” come il signor Wolf: uno che risolve problemi. Soprattutto quelli giudiziari con la procura di Cosenza. Un sistema, dice il Lafranco, ai colletti bianchi scoperti da quel segugio di un Cozzolino, già collaudato, basta solo sborsare 200mila euro. Centomila in contanti, e centomila in consulenze, e l’indagine sparisce. Prezzo fisso e risultato garantito. E così è stato. Come? Una volta chiuso l’affare, quel calcolatore di un Cozzolino, ha messo in atto il solito trucchetto: tirarla alle lunghe fino ad arrivare alla prescrizione. E così è stato. Ed è così che funziona da decenni la procura di Cosenza.
Ritornando al processo, c’è da dire che solo nel 2022 le udienze hanno subito una accelerazione. Prima di quell’anno le udienze venivano spesso rinviate, chiaro segnale che la procura di Salerno, almeno fino al 2022, di celebrare questo processo non ne aveva propria voglia, e questo spiega anche il perché si sono avvicendati tre pm, manco fosse il processo a Riina. Solito gioco (Cozzolino docet): tirarla alle lunghe, con cavilli e cambi di pm, per arrivare alla prescrizione, così da rendere nulle le dichiarazioni dei testimoni. Ma il giudice Rossi non ha permesso tutto questo e, dopo aver capito il trucchetto, ha riconvocato i testimoni, già sentiti ma che non avevano dichiarato nulla, compreso quel querelante di un Cozzolino, per vederci chiaro, permettendoci di portare in aula il video girato di nascosto, della mazzetta di 30mila euro. Una prova che la Procura di Salerno si era “dimenticata” di portare in aula. Solo dopo questa udienza il testimone Cafaro, riconvocato dal giudice Rossi, ha deciso di confessare in aula.
Sono le 17, 30 del 27 giugno e il giudice Rossi entra in aula per pronunciare la sentenza: “letti gli artt. 530 cpv. c.p.p., 51,59, co. 4, c.p. – assolve Iacchite’ in relazione al reato a loro ascritto in rubrica perché il fatto non costituisce reato.
Il giudice ha riconosciuto la veridicità dei nostri articoli. Noi non abbiamo mai diffamato quel togato di un Cozzolino. Ora ci aspettiamo dalla procura di Salerno un serio e capillare approfondimento su quanto dichiarato in aula dal testimone Cafaro.
Un doveroso e mai sufficiente grazie al nostro avvocato Nicola Mondelli, sempre in prima linea nella trincea dei tribunali.