Governo-toghe: scontro frontale tra proteste e “punizioni”

(FRANCESCO GRIGNETTI – lastampa.it) – ROMA. Al terzo giorno, dopo gli attacchi anonimi di palazzo Chigi e del ministero della Giustizia, arrivò la risposta ufficiale dell’Associazione nazionale magistrati. Il suo presidente, Giuseppe Santalucia, ci mette la faccia. «Il sospetto è che le riforme costituzionali vengano sbandierate non come miglioramento del sistema, ma come punizione della magistratura», dice nell’intervento applauditissimo di apertura dei lavori del comitato direttivo. Seguiranno tre documenti durissimi, votati all’unanimità, segno che, sotto attacco, la magistratura italiana si è ricompattata.

La polemica non è certo destinata a rientrare, ma palazzo Chigi decide di non rispondere colpo su colpo. Sembra anzi prevalere un approccio alla Mantovano, che già due giorni fa aveva invocato «equilibrio» e cercato una sponda con chi, a sinistra, ha patito negli anni un certo protagonismo giudiziario. E quindi, ecco lo «stupore» del governo per le accuse dell’Anm. Ma niente di più. Su questa linea si muove la premier Giorgia Meloni che «non cerca polemiche» ma rimane determinatissima ad «andare avanti con la riforma della giustizia».

I documenti dell’Anm sono pesanti. Il primo entra nel merito delle polemiche sul caso Delmastro e definisce «incomprensibili» le prese di posizione dei giorni scorsi. «Prima si auspica la separazione delle carriere perché i giudici sarebbero subalterni ai pubblici ministeri, poi si insorge quando un giudice si discosta dalle loro richieste». Il secondo risponde al ministro Carlo Nordio: «Intervenire nel dibattito che fisiologicamente precede e accompagna ogni proposta di riforma legislativa capace di incidere sui diritti e sulle libertà sia propriamente un dovere dell’Associazione. Lungi dall’essere un’interferenza, è la pretesa di essere ascoltati perché portatori di conoscenze ed esperienze». Il terzo demolisce letteralmente il ddl di riforma del ministro. Le modifiche procedurali «avranno un effetto devastante sugli uffici»; l’abrogazione del reato di abuso di ufficio mina la prevenzione della corruzione; la riscrittura del reato di traffico di influenze ci porta dritti a una procedura d’infrazione europea; i limiti al potere di appello del pm sarebbero addirittura incostituzionali e se ne parlerà quanto prima davanti alla Corte costituzionale.

Insomma, la magistratura si sente sotto attacco da tutti i punti di vista e reagisce. Come dice Santalucia: «Un’accusa pesantissima e gravissima colpisce al cuore la magistratura. Un attacco ancora più insidioso perché lasciato a fonti anonime di Chigi. Una forma di delegittimazione. E invece dal ministro mi sarei aspettato un’indagine immediata o un intervento per eliminare un clima di sospetto».

Questa reazione è presa malissimo dalla maggioranza. «Istigati dai capi delle toghe rosse – si scatena il senatore di Forza Italia e vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri – ampi settori della magistratura vogliono contestare l’autonomia e la potestà del potere esecutivo e del potere legislativo. Siamo di fronte a una vera e propria rivolta, solo perché si vuole attuare una riforma. La magistratura sta attentando alla Costituzione».

Non tarda la controreplica del Pd. «Gasparri – dichiarano all’unisono i capigruppo Francesco Boccia e Chiara Braga – sa bene che la magistratura agisce secondo le regole della nostra Costituzione. Questa destra continua a dimostrare una evidente allergia alle regole della vita democratica e all’equilibrio dei poteri. Ma questo scontro, l’ennesimo, con la magistratura indebolisce la nostra Repubblica».

La giustizia è ormai una questione di prima grandezza. Interviene Giuseppe Conte: «Mi preoccupa un presidente del Consiglio che non ha il coraggio di far dimettere dal governo i suoi amici di partito Santanchè e Delmastro, perché tiene più alla sua cricca che alla “Patria”. Nascondendosi dietro lo schermo delle “fonti Chigi”, conduce un gravissimo attacco ai magistrati che svolgono il proprio dovere». Ed è lapidaria Elly Schlein: «Meloni si sta occupando unicamente delle beghe giudiziarie dei suoi ministri, ma ci sono più di tre milioni di lavoratrici e lavoratori poveri che non possono aspettare ancora».