(DI TOMMASO RODANO – ilfattoquotidiano.it) – Non è nemmeno fortunato, Matteo Salvini. Aveva lavorato con cura all’evento mediatico, “l’Italia del sì”, aveva scatenato il suo staff su slide, grafici e cartelline; aveva convocato ministri, deputati, diplomatici, amministratori delegati (anche un Luca di Montezemolo tirato a lucido), tutti sotto la cupola di vetro della Lanterna di Fuksas, con terrazza spettacolare sul centro di Roma. Aveva investito parecchio, insomma, in questo one man show per battezzare i primi nove mesi del mandato al ministero dei Trasporti: ben due plastici del ponte sullo Stretto (uno grande all’ingresso e uno meno invadente al quarto piano), una carrellata di video delle opere con montaggi e animazioni digitali, un torrido rinfresco con prosecco e finger food.
Tutto bene, tranne il tempismo. Mentre l’Italia è letteralmente tranciata a metà da un clima impazzito, con la Sicilia che brucia nel panico e il Nord ostaggio di nubifragi e grandinate, Salvini sembra un alieno in giacca e cravatta. Sale sul palco – dove sarà l’unico a parlare per oltre 60 minuti filati – e in 30 secondi sbriga la questione. “Aggiornamenti: l’aeroporto di Palermo è tornato all’operatività, l’aeroporto di Catania è al 40% dell’operatività, a Nord ci sono interruzioni stradali e ferroviarie”. Se ne occuperà nel pomeriggio. Poi comincia una carrellata immaginifica di piccole, medie e grandi opere da realizzare entro il 2032, “una rivoluzione come nel secondo dopoguerra”. Con due macro obiettivi – il famigerato ponte e il ritorno al nucleare – e uno sciame infinito di progetti in tutto il Paese.
Elenco parziale degli investimenti annunciati dall’ex Capitano leghista. Strade e autostrade: oltre 1.350 cantieri, 3 miliardi e mezzo di euro, più altri 4,5 miliardi compresi nel contratto di programmazione Anas. Rete ferroviaria: oltre 1.700 cantieri, altri 3 miliardi e mezzo di euro, 22 miliardi già appaltati per i lavori in corso. Rigenerazione urbana: 15mila nuovi alloggi popolari. Infrastrutture idriche: 124 interventi, 2 miliardi e mezzo di euro. Diga foranea di Genova: 1,3 miliardi. Promozione dell’industria dell’idrogeno: 3,64 miliardi. Autostrada Roma-Latina: 1,83 miliardi.
È un’orgia infrastrutturale da far impallidire tutti: il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ascolta con un sorriso tirato in prima fila (e appena finisce lo show, fila via senza dire una parola).
Il leghista cita tutto il costruito e il costruibile della storia recente d’Italia: opere già edificate, oppure avviate, immobili o solo sulla carta (la maggior parte dei progetti, premette egli stesso, sono ereditati dai governi precedenti). Tiene insieme tutto: l’eterna e sciagurata Metro C di Roma e la M4 di Milano, il Tav, il Mose, il tunnel del Brennero, il Giubileo del 2025. In trance agonistica, ricorda un po’ l’ingegner Cane, maschera comica di Fabio De Luigi, che sognava opere magnifiche in deroga a ogni legge scientifica (“Questo signor Pitagora stavolta si becca una bella denuncia”), sparava numeri trascendentali (“Mille miliardi!”) e come lui era posseduto dal demone del ponte sullo Stretto. Ecco, il ponte, tenuto per il gran finale, con i soliti aneddoti sulla fauna che non deve rompere le scatole (“Gli uccelli migratori sono intelligenti e migreranno un po’ più in là”), sul record della “campata unica più grande del mondo” (con sfida all’ambasciatore turco: quello di Messina supererà il record dei Dardanelli), sui turisti che lo visiteranno come la Tour Eiffel. Vuole posare la prima pietra entro fine 2024 e promette che costerà massimo 13,4 miliardi (“Meno della metà del Reddito di cittadinanza”). Intanto attacca don Ciotti: “Un abate ha detto che servirà a unire due cosche, invece che due coste. Parole di volgarità, ignoranza e superficialità senza confini”.
È il titolo più forte del comizio, insieme a quello sulle centrali nucleari: “Sono pronto a un referendum per spiegare perché all’Italia conviene”. Un altro referendum sul nucleare, dopo quelli del 1987 e del 2011. O magari altri due, tre, quattro, finché non se ne vince uno.