Reggio Emilia, politica e cosche: le carte della Procura antimafia sulle indagini a sinistra e la lettera mafiosa al sindaco

Appena qualche mese fa il sito emiliano Reggionline, collegato alla televisione TeleReggio, ha pubblicato una importante inchiesta, che è un approfondimento sui rapporti tra politica e criminalità organizzata. E’ stata ricostruita capitolo dopo capitolo una storia quasi ventennale, con l’ausilio dei risultati delle indagini e dalle sentenze, e proponendo atti giudiziari noti ma ormai dimenticati e documenti ancora inediti. Il tutto serve anche per inquadrare la realtà calabrese e l’attività per certi versi discutibile della Dda di Catanzaro. 

di Gabriele Franzini

Fonte: Reggionline

POLITICA E COSCHE: LE CARTE DELLA PROCURA ANTIMAFIA SULLE INDAGINI A SINISTRA

Politica e cosche: le carte della Procura antimafia sulle indagini a sinistra.

Sveliamo i contenuti della relazione che la Dda di Bologna inviò al Ministero della Giustizia nel 2020, quando i senatori Gasparri e Quagliariello accusarono i magistrati di non aver indagato sugli esponenti del centrosinistra.

REGGIO EMILIA – Ecco i contenuti della relazione che la Direzione distrettuale antimafia di Bologna inviò al Ministero della Giustizia nel 2020. Un documento inedito, che costituisce la risposta alle interrogazioni parlamentari presentate dai senatori Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello, nelle quali i due esponenti politici accusavano i magistrati che avevano condotto l’indagine Aemilia di non aver seguito le piste investigative che portavano ad amministratori del centrosinistra. 

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Le verifiche sono state fatte. Anzi, sono state fatte e rifatte. Ma non hanno portato a niente, perché le notizie di reato non erano fondate. E’ questa la sintesi della relazione inviata al Ministero della Giustizia dalla Direzione distrettuale antimafia di Bologna nell’autunno 2020. A proposito delle note del Servizio di sicurezza interno (Aisi) confluite all’inizio del 2013 in due informative dei Carabinieri di Reggio, che suggerivano di rileggersi gli atti dell’indagine Brick del 2006 e tiravano in ballo la dirigente comunale Maria Sergio, la Dda richiama tre note del Ros dei Carabinieri di Bologna (20 e 22 aprile 2016 e 23 maggio 2016) che, esaminati gli atti, “non hanno segnalato alcun concreto elemento di connessione con i fatti e le vicende di ‘ndrangheta oggetto della operazione Aemilia“. Lo stesso procuratore capo di Reggio Giorgio Grandinetti, aggiunge la Dda di Bologna, non ha indicato “alcun coinvolgimento di soggetti arrestati” nell’operazione Aemilia “né alcun riscontro al contenuto della nota Aisi comportante la necessità di approfondimenti di competenza di questa Dda”.

Rispetto al ruolo di Graziano Delrio, Luca Vecchi, Maria Sergio, Antonella Spaggiari e Fabio Filippi, nella relazione si legge che nei vari gradi di giudizio del processo Aemilia “non sono state rilevate dai Giudicanti condotte di valenza penale da ulteriormente approfondire, tantomeno di competenza di questa Dda”.

I magistrati esaminarono anche la vicenda dell’abitazione acquistata nel 2012 da Luca Vecchi e dalla moglie da Francesco Macrì, in seguito processato e condannato come prestanone delle cosche. Sulla compravendita, precisa la Dda, “non era emerso alcun fumus di reato“. L’acquisto della casa è avvenuto prima che Macrì commettesse i reati per i quali è stato condannato: nel 2012, spiega la relazione, Macrì aveva “certificato penale nullo, non a caso impiegato come prestanome proprio in quanto soggetto insospettabile”.

E non è finita. Per preparare la risposta alle interrogazioni parlamentari, nel settembre 2020 la Dda scrisse a tutte le diverse polizie giudiziarie che nel tempo erano state delegate a condurre l’indagine Aemilia e le indagini connesse. Furono contattate le Squadre Mobili di Reggio e Bologna e i nuclei investigativi dei Carabinieri di Reggio, Modena, Parma e Piacenza per sapere se in qualche atto fossero emersi condotte penalmente rilevanti o favoritismi nei confronti di qualcuno da parte di Maria Sergio. Tutti risposero di no. 

POLITICA E COSCHE: LA LETTERA MAFIOSA DI BRESCIA A VECCHI

Politica e cosche: la lettera mafiosa di Brescia a Vecchi.

A questo punto ricostruiamo uno degli episodi più torbidi della storia del rapporto tra criminalità organizzata e politica: la lettera di minacce al sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi scritta nel 2016 dal carcere bolognese della Dozza

REGGIO EMILIA – Il 28 gennaio 2016 l’avvocato Luigi Comberiati varca l’ingresso del carcere bolognese della Dozza per far visita al suo assistito Pasquale Brescia, detenuto con l’accusa di associazione mafiosa. Quando se ne va, Comberiati ha con sé, dentro una carpetta, una lettera scritta a mano da Brescia, non datata e non firmata, indirizzata al sindaco di Reggio Luca Vecchi. Il legale dirà poi ai giudici, che lo processano per minacce con l’aggravante mafiosa, di aver trattenuto quel manoscritto per errore. Sta di fatto che, appena terminato il colloquio e uscito dal carcere, Comberiati telefona a una cronista del Carlino Reggio con cui è in contatto da tempo. Cosa le dice? Le dice di essere in procinto di entrare in possesso di una lettera di Brescia “contenente fatti che riguardano il sindaco Vecchi”. Una lettera che l’avvocato Comberiati è pronto a passare al Carlino.

Cinque giorni prima, il 23 gennaio 2016, il Carlino aveva pubblicato la notizia che nel 2012 Vecchi e la moglie Maria Sergio, dirigente comunale, avevano comprato una casa al grezzo dall’imprenditore edile Francesco Macrì, in seguito indagato nell’operazione Aemilia. Pasquale Brescia era il proprietario, insieme ai fratelli, del New West Ranch, un maneggio abusivo realizzato in via Croci, a Cella. Da quattro anni, da quando l’amministrazione comunale aveva ordinato la demolizione del maneggio, Brescia aveva ingaggiato una battaglia giudiziaria con l’ente pubblico. Cosa poteva avere di interessante da dire sul sindaco di Reggio un detenuto accusato di associazione mafiosa in guerra con il Comune dal 2012?

Per saperlo, basta aspettare altri cinque giorni. Martedì 2 febbraio 2016 la lettera di Brescia finisce in prima pagina sul Carlino e il giorno seguente viene pubblicata anche dalla Gazzetta. Linguaggio allusivo, frasi oblique, annuncio di prossime puntate, riferimenti ai figli e a quanto sono stati fortunati Vecchi e la moglie. Per la Corte d’Appello di Bologna, che ha condannato sia Brescia che il suo avvocato con sentenze confermate dalla Cassazione, la “natura intimidatoria” della lettera “appare di solare evidenza”, in quanto proveniva “da un associato eccellente ad una cosca mafiosa molto pericolosa”. Domani vedremo quale fu la genesi della lettera e come finì sulla prima pagina dei giornali.

(continua)