Cosenza. Città unica, Luca Addante: “Lo dice la storia: coinvolgere tutti i paesi dalle falde della Sila alla Catena Paolana”

Sulla principale questione politica di cui si sta discutendo in questi mesi, l’unificazione di Cosenza, Rende e Castrolibero, abbiamo più volte rilevato come ci paia tutto nu ’mbruagliu teso a favorire i soliti noti (e a buttare polvere negli occhi ai caggi), ma il processo va avanti nonostante si sia delineata una chiara frattura fra lo schieramento del no e quello del sì. Con il notevole intervento della Corte dei Conti che ha sollevato varie dure obiezioni.

Rispetto allo schema su cui si sta dibattendo (sì o no) è emersa una proposta terza che spariglia la questione, avanzata dal professore Luca Addante, docente di Storia moderna a Torino che collabora con la Sorbona di Parigi. Non si tratta, dunque, dell’ennesimo politicante che nel migliore dei casi fonda le proposte sul proprio interesse ma di uno studioso riconosciuto in Italia e all’estero, che basa la sua proposta in primo luogo sulla storia. Essendo cosentino doc e nostro antico amico, abbiamo chiesto all’accademico di precisare meglio il suo pensiero.

Professore Addante, rispetto all’attuale proposta di legge regionale sull’unificazione Cosenza–Rende–Castrolibero non ti sei schierato né per il sì né per il no ma hai proposto di tornare all’antica configurazione di Cosenza e Casali. Ci spieghi meglio?

Certo! La Città di Cosenza, sin dai tempi antichi, ha sempre incluso un territorio che andava ben oltre l’attuale perimetro, soprattutto grazie al possesso della Sila, che per secoli e secoli è stata la nostra principale fonte di ricchezza.

Giunti al Medioevo, quando nacque lo Stato meridionale (uno dei primi sorti in Europa) Cosenza e il suo territorio andarono configurandosi come un unicum che comprendeva i paesi alle falde della Sila e quelli che sorgono ai piedi della Catena Paolana. In effetti, questi ultimi col tempo andarono in mano a signorie feudali, e ciò riguarda anche Rende e Castrolibero, sicché già questo aspetto mostra la scarsa aderenza storica del processo in atto. Mentre tutti i paesi alle falde della Sila e a Sud di Cosenza (fino a Scigliano) restarono per secoli (fino all’800) legati a quella che già le fonti antiche definiscono la «Metropoli dei Brettii» e che nel Medioevo divenne l’«Università di Cosenza e Casali». Considera che c’era un’istituzione (il «Parlamento Generale di Cosenza») che unificava politicamente e istituzionalmente la Città e i Casali, e vi partecipavano sia i delegati cittadini sia i rappresentanti dei Casali.

Puoi essere più chiaro rispetto ai paesi implicati?

Non voglio fare la lista della spesa essendo un numero importante di luoghi, ma mi riferisco ai territori che andavano da Castiglione Cosentino a San Pietro in Guarano, da Zumpano a Celico, da Rovito e Spezzano all’attuale Casali del Manco (nome, questo, che includeva tutti i paesi posti in Presila e non certo solo gli attuali comuni che si sono riunificati con questa denominazione), ad Aprigliano e Piane Crati, per poi andare sulla direttrice Sud: Dipignano, Rogliano, Paterno…

E i paesi dei Casali di Destra?

Ancora oggi non abbiamo chiarezza totale sul piano storico, ma Mendicino, Cerisano, Castrolibero, Rende, San Fili, i due Marano e altri ancora in origine erano legati a Cosenza, poi man mano vari di questi centri caddero in mano di feudatari (conti, marchesi, duchi o principi che fossero). È vero, però, che il feudalesimo fortunatamente non esiste più, e dunque a mio avviso oggi potremmo tranquillamente includere non solo Rende e Castrolibero ma anche Carolei, Domanico, San Fili… Io includerei anche Montalto Uffugo da una parte e Rose e Luzzi dall’altra. Per essere più chiari, si tratterebbe di estendere il territorio di un’uscita autostradale a Sud (Rogliano) e una a Nord (Montalto).

La Corte dei Conti ha sollevato sode obiezioni rispetto allo schema originario Cosenza–Rende–Castrolibero. Cosa ne pensi?

Credo che le obiezioni siano in gran parte da accogliere. È chiaro che non si può fare un’operazione come questa senza prima studiare analiticamente tutte le questioni. E non si tratta solo di finanze. Ovviamente ci sarebbe da verificare attentamente il problema dei rifiuti, dei mezzi di trasporto, della gestione del verde, e di un cumulo di questioni ulteriori che andrebbero verificate in modo serio, affidandosi a persone esperte (sociologi, economisti, storici, antropologi, giuristi…) per valutare ogni singolo aspetto. Tanto per dire, una volta unificati i Comuni, nel caso di strade che abbiano lo stesso nome che si fa? Ti faccio presente che non è solo una questione nominale, visto che le strade di residenza sono indicate nei documenti di identità dei cittadini.

Ma basterebbe istituire un trust di cervelli ed esperti per affrontare la questione?

Assolutamente no. Come ho già detto nella mia proposta, sarebbe imprescindibile coinvolgere tutta la cittadinanza, in un processo partecipato che leghi alto e basso. I Comuni ovviamente dovrebbero essere attori di primo piano, ma anche le associazioni, i movimenti, gli organi di stampa e i semplici cittadini. Non si può ridurre la partecipazione a un mero referendum consultivo celebrato dopo l’unificazione. L’unificazione va costruita coinvolgendo il maggior numero di persone possibile. E questo secondo me ha ricadute anche sull’altro tema sollevato dalla Corte dei Conti, che è quello dell’identità.

Spiegati meglio

La magistratura contabile dice che il processo di unificazione in atto (Cosenza–Castrolibero–Rende) comporterebbe un rischio a livello identitario. Ora, se noi ci basiamo invece sulla configurazione storica, tale problema non esiste: quando mai un cittadino di Pietrafitta (dico per fare un esempio) non si sente al contempo cosentino? Non abbiamo tutti presente che quando siamo fuori e ci chiedono di dove siamo diciamo sempre: di Cosenza; e che poi ci si chiede: ma di Cosenza Cosenza? Be’ i cittadini di Rogliano, Carolei, Castrolibero eccetera eccetera poi specificano il loro luogo preciso di provenienza. Ma in prima battuta dicono subito: «Sono di Cosenza». Questo vale per tutti i paesi e non dipende solo dal fatto che si pensa che Cosenza sia più conosciuta, ma è dovuto proprio alle ragioni storiche di cui ti accennavo. Inoltre, coinvolgendo la cittadinanza si potrà creare uno spirito costituente che, legato alle radici storiche, secondo me il problema del rischio di perdita di identità lo risolverebbe. Anzi: a mio avviso se di identità (termine che non amo) si vuol parlare, con la mia proposta ciò non farebbe che rafforzarsi notevolmente. In fondo, non tifiamo tutti per la squadra del Cosenza?

Ma sul piano economico secondo te ci guadagneremmo?

Non sono un economista, e come detto ritengo sia necessario prima fare tutte le valutazioni del caso su dati reali, non su slogan, e rivolgendosi a studiosi che sappiano trattare la questione, prendendo tutto il tempo necessario e senza accelerazioni che possono solo essere dannose. Detto ciò, avremmo un territorio di vastissime dimensioni (a partire dalla nostra meravigliosa Sila) nel quale attività produttive (soprattutto l’agroalimentare), turismo e altri settori come il commercio non potrebbero che avvantaggiarsi.

E sul piano politico?

Il rafforzamento mi sembra evidente. Nella proposta attuale supereremmo di pochissimo i 100.000 abitanti (saremmo meno di 110.000), mentre la mia proposta porta a una popolazione superiore ai 200.000 cittadini. Questo dato, se si vuole pensare all’istituzione di una Città Metropolitana come avvenuto in Calabria già per Reggio, secondo me è assolutamente decisivo. Un conto è essere poco sopra i 100.000 (come saremmo con l’attuale proposta), con una soglia che date le tendenze demografiche attuali sarebbe pesantemente a rischio. Altro è stare abbondantemente sopra i 200.000. Ed è chiaro che una città di oltre 200.000 abitanti avrebbe altro peso politico.

Come si dovrebbe chiamare la città?

Be’ su questo non ci sono dubbi di sorta. È chiaro che da sempre è Cosenza la metropoli (ti ricordo che per una brevissima fase a inizio Cinquecento Cosenza fu addirittura capitale dello Stato). Ma con la Città Metropolitana ogni luogo manterrebbe una sua Municipalità mantenendo il proprio nome storico.