Cosenza 2016. L’interrogazione del Pd: “Tra le ditte amiche di Occhiuto c’è anche la malavita”

Ripubblichiamo il testo integrale dell’interrogazione parlamentare sulla Tangentopoli cosentina presentata il 9 febbraio 2016 ai ministri dell’Interno, della Giustizia, della Funzione pubblica e degli Affari regionali da Ernesto Magorno, Enza Bruno Bossio, Ferdinando Aiello e Stefania Covello. All’epoca erano tutti col Pd, poi Magorno s’è buttato con Renzi, la Covello ancora non si capisce bene ma ormai è fuori dai giochi, così come Aiello. L’unica a “resistere” è la solita Madame Fifì. 

Non avevamo e non abbiamo nessuna stima nei confronti dei pessimi personaggi che l’avevano firmata ma rimane un testo importante, nel quale erano comunque contenute delle novità assolute non tanto sul merito delle illegalità dell’amministrazione Occhiuto, che sono davvero sotto gli occhi di tutti, quanto sul livello investigativo e giudiziario. Chissà portasse bene…

L’interrogazione era stata presentata a poche ore dalla sfiducia nei confronti del sindaco Occhiuto, con le firme dei consiglieri comunali del partito ma anche di alcuni che sostenevano la maggioranza, come per esempio Luca Morrone, che era stato determinante per “affossare” il cazzaro.

Ma procediamo con ordine.

“Si perviene alla fine anticipata della consiliatura – si leggeva nel testo dell’interrogazione – perché si registra la convergenza tra tutte le forze di minoranza ed un segmento della ex-maggioranza consiliare anche e soprattutto al fine di esercitare una azione interruttiva della attività amministrativa che già da tempo ha fatto registrare una molteplicità di casi di illegalità che puntualmente sono stati segnalati attraverso la stampa e numerose interpellanze da parte dei consiglieri comunali;

– sono state numerose le interrogazioni a firma dei consiglieri comunali (in verità non ne ricordiamo molte ma tant’è…, ndr) rimaste senza risposta che richiedevano chiarimenti sul continuo ricorso da parte dell’Amministrazione all’istituto dell’affidamento diretto per cottimi fiduciari o lavori pubblici di somma urgenza;

– la pratica usuale dell’affidamento diretto pare configurarsi come un vero e proprio artificio per aggirare l’obbligo della procedura concorsuale e favorire poche imprese fornitrici divenute beneficiarie dell’assegnazione di ingenti quote di risorse finanziarie pubbliche;

– in particolare, pare che alcune di queste imprese registrino tra i soci proprietari persone notoriamente vicine al sindaco, parenti di qualche suo stretto collaboratore e di soggetti legati alla criminalità;

– lo scenario ed il contesto di una preoccupante e pericolosa deriva di arbitrio è confermata anche dalle evidenze accertate dalla procura della Repubblica di Cosenza che nell’ambito del procedimento penale n.2442/2012 per il reato di falso, addebitato ad un consulente del comune, ha affermato, in maniera non dubitativa, che “le indagini espletate hanno evidenziato rilevanti violazioni dei principi di buona amministrazione e di trasparenza dell’azione amministrativa” e che al Comune di Cosenza è pratica usuale “l’affidamento di incarichi di consulenza a soggetti esterni all’amministrazione comunale, con scarne motivazioni in ordine agli esiti della procedura comparativa seguita per la selezione del contraente”. La procura, nello stesso testo, inoltre, afferma che i professionisti sono scelti “in modo del tutto arbitrario, avvalendosi di incarichi di mera facciata”;

– da tempo si susseguono notizie di stampa relative ad inchieste ed indagini in corso da parte di diversi uffici degli organi investigativi, riferite a pratiche amministrative irregolari, illegali dai profili corruttivi;

– a ridosso della scadenza del mandato e della imminente campagna elettorale sembra che questa pratica si sia fortemente intensificata con affidamenti e pagamenti senza alcun controllo che hanno determinato un intervento della guardia di finanza come ad esempio nel caso della assegnazione di oltre un milione di euro per allestimento di luminarie nelle vie cittadine;

– è ingente la mole dei debiti fuori bilancio contratti durante questa consiliatura e sui quali il collegio dei revisori dei conti ha formulato pesanti osservazioni perché conseguenti a pratiche amministrative effettuate in aperta violazione di legge;…”. 

Fin qui il testo dell’interrogazione di sei anni fa. In città per mesi si disse che era alle porte la concretizzazione di quella ormai celeberrima inchiesta della Dda di Catanzaro che avrebbe dovuto fare pulizia e che invece all’epoca venne fermata per motivazioni che rimangono ancora oscure e che hanno consentito al cazzaro mafioso di fare il bello e il cattivo tempo per tutti questi anni fino al tragicomico dissesto finanziario. Una situazione che non solo è diventata imbarazzante ma ha ridotto la giustizia ad una barzelletta…