Cutro. Processo Malapianta, in appello confermata condanna al boss di San Leonardo

La Corte di Appello di Catanzaro ha confermato 18 condanne nel processo scaturito dall’operazione Malapianta del maggio 2019. Nel pomeriggio di lunedì 9 ottobre è stata emessa la sentenza che riguarda il troncone del processo celebrato con rito ordinario che si era concluso presso il Tribunale di Crotone il 24 maggio 2022. Confermata la condanna di primo grado a 30 anni di reclusione emessa nei confronti del boss di San Leonardo di Cutro, Alfonso Mannolo di 83 anni; è stata confermata anche la sentenza di condanna a 19 anni nei confronti del figlio del boss, Remo Mannolo, e la pena ad 11 anni di Antonella Bevilacqua. Ridotta di poco la pena inflitta a Francesco Falcone (da 16 anni a 15 anni e 9 mesi con esclusione dell’aggravante mafiosa). Passa da 17 anni e due mesi a 7 anni di reclusione la condanna di Giuseppe Benincasa al quale, oltre l’assoluzione per l’accusa di associazione mafiosa, sono state escluse le aggravanti mafiose per quattro capi di imputazione; rideterminata anche la pena per Antonio De Franco (che passa da 13 anni a 7) che è stato assolto dall’accusa di associazione mafiosa.

L’operazione Malapianta è arrivata a compendio delle indagini grazie alle quali la Dda di Catanzaro, insieme alla Guardia di finanza di Crotone, nel maggio del 2019 ha portato alla luce le attività dei clan di San Leonardo di Cutro collegato ai Grande Aracri di Cutro che opprimevano le attività economiche della zona al confine tra le province di Crotone e Catanzaro ed in particolare i villaggi turistici ai quali veniva chiesto il pizzo anche attraverso minacce di morte, ma che ha fatto luce anche (con l’operazione gemella Infectio) sulle propaggini per il traffico di droga dal crotonese verso l’Umbria. L’operazione, eseguita il 29 maggio 2019 dalla Dda di Catanzaro, infatti è nata da una indagine avviata dalla Finanza di Crotone dopo la denuncia dell’imprenditore Giovanni Notarianni titolare del villaggio Porto Kaleo a San Leonardo di Cutro che si è ribellato alle estorsioni della cosca. Denunce alle quali hanno fatto seguito anche quelle di altri titolari di strutture turistiche della zona.