Lettere a Iacchite’: “Cosenza, la mia verità su quanto accaduto all’Ic Spirito Santo”

Egregio Direttore,

sono la signora Francesca Cerra e scrivo al suo giornale chiedendole la possibilità di poter replicare e raccontare la mia verità su quanto accaduto nell’Istituto Comprensivo Spirito Santo, oggetto in questi giorni di numerosi interventi a seguito di una aggressione al maestro Nicola Cupelli. Non ho problemi a dire che sono la protagonista di questo increscioso episodio, ma vorrei spiegare, se lei me lo permette, il perché di questo gesto estremo di cui non vado per niente fiera. Certo, la mia è stata una reazione poco civile, ma dettata, però, dall’esasperazione di non trovare nessun ascolto alle mie lamentele su come il maestro Cupelli da tempo si pone con mia figlia, una bambina di 8 anni, a suo dire, alunna disubbidiente, e monella. E in quanto tale, per il maestro, non meritevole di frequentare la sua classe.

Per dimostrare ciò, il maestro Cupelli, più volte si è dilettato a filmare e a fotografare “l’alunna ribelle” durante quelle che lui definisce le sue scorribande. In una occasione mi è stata mostrata una foto che ritraeva mia figlia accovacciata sotto il banco, e in un video dove lanciava in aria qualche foglio di quaderno. Azioni che secondo il maestro dimostrano l’irrequietezza dell’alunna, e che giustificano, quindi, i tanti allontanamenti di mia figlia dalla classe, spesso lasciata alle cure dei bidelli. Una punizione, di cui ho chiesto più volte conto, esagerata per una bimba di 8 anni. Del resto la vivacità a quell’età appartiene a tutti i bambini. E poi definire il gioco del nascondino un’azione ribelle mi pare veramente eccessivo.

Di tutto questo già nello scorso anno scolastico ho informato il preside, che non ha mai dimostrato attenzione alle mie lamentele, liquidandomi con frasi fatte e promesse mai mantenute. Più volte ho provato a spiegare al preside che la vivacità di mia figlia è probabilmente il risultato di uno scarso controllo della classe per quel che riguarda i rapporti tra gli alunni. Spesso le sue birichinate – voglio ricordare a tutti che stiamo parlando di una bimba di 8 anni -, sono la reazione a bisticci tra bimbi non controllati dal maestro. Ma di questo il preside Ciglio non ha mai voluto interessarsene, salvo poi esternare, dopo il mio inqualificabile gesto, tutta la sua costernazione per quanto accaduto con un’espressione offensiva sulla mia appartenenza sociale, magari scopiazzata da qualche libro di antropologia.

Il preside Ciglio pensa di essere superiore a tutto questo, e che le mie lamentele non sono degne della sua attenzione, forse perché non ho letto libri di antropologia. Il maestro per il preside, sicuramente per spirito di corporazione, ha ragione a prescindere. E la mia parola, per il preside Ciglio, non vale niente. Se solo si fosse fermato ad ascoltare fino in fondo le parole di una mamma preoccupata, tutto ciò non sarebbe accaduto. Che non vuole essere una giustificazione al mio incivile gesto, ma solo un modo per rimarcare che oltre alla mia palese responsabilità, che accetto, bisogna, allo stesso tempo, dare la giusta parte di responsabilità anche alla noncuranza di una bambina di 8 anni che dovrebbe essere seguita nel suo percorso di crescita.

L’aggressione di cui tutti parlano e che non nego, non senza imbarazzo, ha origine con la richiesta della sostituzione di un quaderno che, stando al maestro, non presentava le rigature giuste da quello che lui stesso ci aveva detto di acquistare all’inizio dell’anno scolastico. Ma nessuno mi ha mai detto che i quaderni che avevamo portato all’inizio dell’anno scolastico andavano sostituiti. E così mia figlia si è trovata in classe sprovvista del giusto quaderno, e per questo suo irriverente e oltraggioso gesto, esclusa, dal maestro Cupelli, dalla lezione. Lasciata a braccia conserte sul banco ad osservare i compagni partecipare alla lezione. Una condizione che ha creato un forte disagio a mia figlia che, sentendosi evidentemente umiliata e discriminata, ha provato a uscire dall’aula. Un tentativo fermato dal maestro Cupelli che ha trattenuto, afferrandola con una stretta eccessiva, mia figlia, riconducendola al banco con forti strattonate, lamentate poi a casa dalla bambina.

Ovviamente, dopo aver appreso tutto questo da mia figlia, mi sono recata a scuola chiedendo al maestro Cupelli un incontro per meglio capire quello che era successo in classe. Ma il maestro Cupelli, da sempre ostile alla mia persona per via delle mie continue lamentele sul suo operato con il preside, ha pensato di liquidarmi con un gesto che tradotto significa: vai a quel paese. Non avrei dovuto, ma di fronte a quel gesto, con in mente le lacrime della mia bambina, ho reagito mollandogli uno schiaffo. Il che ha scatenato all’istante la reazione del maestro che, dopo avermi afferrata per i polsi, mi ha spinto contro il muro provocando, di conseguenza, la reazione di mio marito che, nel tentativo di allontanarlo da me, gli ha mollato un altro schiaffo. Il maestro si è allontanato, e tutto è finito tra urla e promesse di querele.

È così che sono andati i fatti di cui non vado fiera. Non posso negare la mia sconsiderata reazione. Né cerco con questa mia lettera giustificazioni. Mi sono lasciata sopraffare dall’istinto protettivo innato di una mamma quando vede il proprio cucciolo in pericolo. E non ho misurato, come avrei dovuto fare, la reazione. Mi sono sentita sola e inascoltata, ho visto la mia bimba sola e indifesa, mi sono sentita in trappola e ho cercato, nell’irrazionalità di quel momento, una breccia. Lo so che può sembrare retorico, ma è così che è andata nella mia testa. Non riuscivo a togliermi proprio dalla testa una frase che la bambina mi ha raccontato sull’insistenza del maestro Cupelli nel chiedergli il perché non aveva il giusto quaderno come gli altri, e la bambina ha risposto: non ho il quaderno perché mamma non ha i soldini. Mi si è stretto il cuore. Nell’insistenza del maestro ho visto cattiveria. Ma ciò nulla toglie al fatto che ho sbagliato, e ne pagherò le conseguenze, e mi scuso con tutti quelli che dal mio gesto si sentono offesi. In tutto questo, a voler cercare un aspetto consolatorio, per quel che vale, posso dire che tutto è avvenuto in assenza dei bambini. Gli unici innocenti in questa storia. Grazie.

Francesca Cerra