Cosenza. Roberto Porcaro come Turboli: “Ho raccontato bugie ai magistrati e ritratto tutto”

Roberto Porcaro ha deciso di andare fino in fondo nella sua scelta di non collaborare più con la giustizia. Per non lasciare più spazio a dubbi, oggi, nell’udienza del procedimento “Reset” a carico degli imputati che hanno scelto il rito abbreviato, Porcaro, rivolgendosi al giudice ha detto: “Ai magistrati della Dda ho raccontato solo bugie, mi sono inventato tutto, e ritratto tutto quello che ho detto”. E per mettere definitivamente un punto a questa vicenda ha nominato anche il suo nuovo legale. Presto, dice Porcaro al giudice, “farò pervenire a questo tribunale una mia memoria per spiegare il perché della mia volontà di non collaborare più con la giustizia”. Il dado è tratto. Indietro non si torna più. La scelta è definitiva, e ciò che l’aspetta è una detenzione lunga in perenne condizione di “divieto d’incontro” con tutto il resto della popolazione carceraria. Roberto Porcaro è stato chiaro come Danilo Turboli che prima di lui aveva deciso di saltare il fosso, per poi dichiarare in aula: “mi sono inventato tutto, ritratto tutto quello che ho detto”. Boss e picciotto fedeli un tempo alla paranza, diventati poi nemici per vicende che il Turboli spiega nel suo famoso post su Instragram, ora di nuovo accomunati dallo stesso destino.

Roberto ha preferito le sbarre alla libertà. Una decisione che necessita di una motivazione veramente forte. Rinunciare ad essere padroni del proprio corpo, del proprio tempo, non è una scelta che si fa solo per ripicca ai magistrati che non hanno voluto soddisfare qualche sua richiesta. Che sicuramente ci sono state, ma non possono aver determinato una scelta così pesante. Porcaro è un ragazzo intelligente, e sa benissimo che l’aver scelto la via della collaborazione ufficiale sei mesi fa, l’avrebbe marchiato come infame per tutta la vita. E che nessuna ritrattazione avrebbe mai potuto riabilitarlo nel mondo del crimine. Se lo ha fatto è perché in galera non ci vuole stare. Ha scelto consapevolmente di diventare pentito per mera convenienza personale. E ora per rinunciare alla libertà che per lui era a portata di mano, ribaltando, con tutti i rischi che comporta, la situazione, deve essere successo qualcosa che lo ha scosso nel profondo. Un qualcosa, evidentemente da salvare, per cui vale la pena sacrificarsi, e che non potrà mai scrivere nelle sue memorie.

La retromarcia definitiva di Roberto crea non pochi problemi ai magistrati della Dda che avevano arricchito il quadro accusatorio di Reset con le sue dichiarazioni. Che non hanno, ora, nessun valore. Un conto è perdere un Turboli qualsiasi, un altro è perdere un pezzotto del calibro di Porcaro. Testimone e mandante di tutti i crimini contestati agli imputati di Reset. Senza le sue conferme, la solidità dell’impianto accusatorio, messo in crisi dalla Cassazione, potrebbe scricchiolare. E non è detto che le dichiarazioni del nuovo pentito Francesco Greco, presentato a tutti come il fedele braccio destro di Porcaro, funzionino come tappabuchi.