Fonte: AltrePagine (https://www.altrepagine.it/index.php/2023/10/16/ndrangheta-nella-sibaritide-di-cicco-ammazzato-perche-parlava-con-gli-sbirri-sacchetti-ucciso-e-poi-frantumato-per-disperderne-i-resti/)
CORIGLIANO-ROSSANO – Attirato in una trappola a Torretta di Crucoli. Raggiunto dai colpi d’una pistola calibro 38 appena sceso dall’auto guidata dall’oggi “pentito” Ciro Nigro.
Salvatore Di Cicco, cassanese di Sibari, detto sparami n’piettu, fu ammazzato, secondo quanto dichiarato dai collaboratori di giustizia Nicola Acri e Ciro Nigro, dal coriglianese Rocco Azzaro e dai cirotani Giuseppe Spagnolo e Giuseppe Nicastri, oltre che da loro stessi che pure all’omicidio vi parteciparono.
Nell’ordinanza cautelare in carcere firmata dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro, Gabriella Pede, e notificata oggi agl’indagati da parte dei carabinieri del Ros, si legge che gli esponenti delle organizzazioni di ‘ndrangheta di Cirò Marina, Cassano Jonio e Corigliano, «fra loro alleate», deliberarono la morte di Di Cicco, attirandolo in una trappola, grazie alla complicità di Nigro e di un altro soggetto ora defunto (ammazzato), Eduardo Pepe.
Il quintetto ‘ndranghetista avrebbe imposto a Di Cicco di recarsi a Cirò «con il pretesto di concludere un acquisto e trasporto di armi unitamente a Ciro Nigro».
Nigro, «informato del mandato omicidiario direttamente da Rocco Azzaro e Nicola Acri, a bordo della Fiat Bravo a lui in uso, unitamente alla vittima» avrebbe condotto Di Cicco presso il lungomare di Torretta di Crucoli per consegnarlo a «Giuseppe Spagnolo detto ‘U Banditu, e Peppe Nicastri, i quali, unitamente ad altri rimasti allo stato sconosciuti», che avrebbero bloccato immediatamente Di Cicco una volta che il sibarita scese dall’auto esplodendogli contro i colpi d’una pistola calibro 38.
L’esecutore materiale, raccontano i due “pentiti”, sarebbe stato Spagnolo, il quale, poi, «grazie all’ausilio dei mezzi meccanici in uso all’azienda di Giuseppe Nicastri, ne occultavano il cadavere, interrandolo».
La Procura distrettuale Antimafia Catanzaro – nelle persone dei pubblici ministeri Stefania Paparazzo, Domenico Guarascio e Parolo Sirleo, oltre che dei procuratori aggiunti Vincenzo Capomolla e Giancarlo Novelli e del procuratore Nicola Gratteri – che ha richiesto e ottenuto l’ordinanza cautelare del gip, ritiene che Di Cicco, ucciso il 1° settembre del 2001, sia stato eliminato perché gli ‘ndranghetisti di Cassano e Corigliano ipotizzavano che fosse un confidente delle forze dell’ordine, «parlava con gli sbirri». E per questo motivo doveva essere ammazzato senza farne trovare il cadavere.