Il punto è questo: la procura di Cosenza da mesi sta acquisendo documenti riguardanti cottimi fiduciari e affidamenti diretti. Un lavoro che sta portando avanti la dottoressa Manzini.
Da un po’ di tempo, precisamente da quando ha inviato gli avvisi di garanzia a dirigenti e capogabinetto di Occhiuto, è “applicata” alla DDA di Catanzaro, sullo specifico di questa inchiesta. Che si incrocia con il lavoro che da tempo anche la DDA di Catanzaro nelle persona del dottor Bruni sta portando avanti sul voto di scambio politico-mafioso a Cosenza.
Si incrociano perché alcune ditte che hanno avuto favori da Occhiuto con affidamenti per milioni e milioni di euro, sono in odore di mafia. La DDA da oltre un anno sta raccogliendo le dichiarazioni di almeno 5 pentiti sul “caso Cosenza”. Almeno quelli ufficiali.
Non contiamo i confidenti e i pentiti che ancora non sono usciti. Pentiti che parlano, a cominciare da Foggetti per finire a Daniele Lamanna passando per Franco Bruzzese, dei loro rapporti con la politica. Foggetti ha già raccontato tutta la fase preelezioni 2011. Ha parlato di denaro, di favori, di promesse fatte da esponenti politici cosentini in cambio di voti: Occhiuto, Manna, Principe, Greco, Paolini.
A rafforzare le sue dichiarazioni è arrivato un ex pezzotto come Lamanna che di cose ne sa. Visto che è stato lui, insieme a Bruzzese, a gestire il dopo voto amministrativo del 2011. Parlano chiaro i canterini – anche se, per i cosentini, non c’è bisogno delle loro cantate per sapere queste cose, tutti lo sappiamo cosa succedeva al Comune in quel periodo, ma per paura nessuno parlava –, sono sciolti di lingua e raccontano di un accordo con Occhiuto.
Cooperative e cottimi fiduciari anche per loro. Del resto ci sono già altre ditte apparanzate che mangiano da tempo al Comune, vogliono la loro parte. Ed Occhiuto li accontenta. E la cosca Rango/Bruzzese/Lamanna diventa tutrice dell’allora amministrazione.
Chiunque osava criticare, o mettere i bastoni tra le ruote ad Occhiuto, finiva o malmenato come successe ad Ivan Trinni, o pesantemente minacciato. Questa era la realtà di quei giorni. Lo sanno tutti che andava così, compresi gli impiegati del Comune che questa gente la vedeva tutti i giorni girare per i corridoi di palazzo dei Bruzi.
Se solo trovassero un po’ di coraggio per parlare e dire la verità, potrebbero fare la differenza in questa battaglia contro il malaffare. Ma purtroppo è gente garantita di stipendio, chi glielo fa fare a mettersi contro famiglie paramafiose come quella degli Occhiuto, e contro la vera malavita?
Non li biasimo. Perché conosco l’origine di questa paura: se ti recavi, ai tempi di Granieri (oggi in pensione), in procura a Cosenza a denunciare qualche intrallazzo di Occhiuto o di qualche altro potente della città, il rischio che ti avrebbero venduto alla malavita, oltre ad insabbiare sistematicamente la denuncia, era veramente alto. Un rischio enorme per un padre di famiglia. Roba che solo qualche matto come noi può fare. Che, come dice qualcuno, non abbiamo niente da perdere. L’alibi dei vigliacchi, in questo caso. Come se io e il direttore non avessimo una vita, degli affetti, dei sogni, un amore, dei sentimenti, dei progetti. Mah!
Al netto, lo dico a beneficio dei querelanti, del conto in banca e della case di proprietà che non avevo 50 anni fa e non ho adesso. In particolare lo dico ad Occhiuto che vuole da me 10 milioni di euro perché ho scritto tanto su di lui. Perciò, Occhiù, se contavi su di me per cacciarti i debiti, non ci sperare.
Dunque, è da oltre un anno che la DDA raccoglie, oltre che le dichiarazioni dei canterini, anche tanto materiale cartaceo e informatico, su Cosenza corrotta. Si parla anche di tanto materiale derivante da intercettazioni ambientali e telefoniche. Che a detta di qualcuno si è protratto fino ai giorni nostri. Cioè: tanta gente anche ultimamente è stata intercettata, seguita, spiata.
In tutto questo non va dimenticata l’indagine svolta dalla Guardia di Finanza sull’appalto di piazza Fera/Bilotti. La madre di tutti gli appalti. Un quadro chiaro al procuratore aggiunto Bombardieri, che coordina il sostituto Bruni e l’aggiunto Luberto, in questa difficile e delicata inchiesta. Roba che, quando sarà, finirà in prima pagina su tutte le testate e i tg nazionali. Tipo “Mafia Capitale”. Perché è di questo che si parla. Di un sistema corruttivo che ha coinvolto politica/imprenditoria/mafia, il tutto a danno delle istituzioni e dei cittadini.
Adesso a dare un “parere” al certosino lavoro della DDA è arrivato il dottor Gratteri. Un parere autorevole, dunque. Non c’è dubbio. Che non farà altro che suggellare il buon lavoro fin qui svolto da questi magistrati in prima linea. Perché Gratteri bene conosce il marcio a Cosenza. È informato dello squallido livello di corruzione che hanno raggiunto le istituzioni a Cosenza, a tutti i livelli.
Lo sa bene che non sono fantasie di giornalisti usi a fumare droghe leggere. Ha detto e scritto tanto sulla corruzione nella pubblica amministrazione. Non ha certo bisogno di “consulenti”. Capisce al volo. E su questo stanno seriamente lavorando. Le forze, seppur esigue dal punto di vista numerico, non certo qualitativo, ci sono e sono scese in campo.
La squadra che ci sta lavorando era già al di sopra di ogni sospetto, figuriamoci adesso con l’arrivo di Gratteri, non corriamo nessun pericolo di insabbiamento o favoritismi. Non ci reta che aspettare l’esito del loro lavoro. Che a noi piacerebbe arrivasse prima del voto, visto i soggetti coinvolti. Ma capiamo che non possiamo né noi, né la politica, né l’opinione pubblica dettare i tempi alla Giustizia. Ma un dato rimane certo: annacativi mo’ perché quando arriverà il momento, e credetemi arriverà, chi ha sbagliato pagherà, e non ci sarà amicizia potente che tenga.
GdD