Calabria. La ragnatela inestricabile dei Consorzi in mano alla malapolitica

di Saverio Di Giorno

Il tema dei Consorzi tiene banco da mesi. In realtà torna periodicamente alla ribalta per un motivo o per un altro. La motivazione più recente è la proposta del Consorzio Unico di Bonifica che evidentemente è un bluff che rischia solo di essere un gioco delle tre carte per chiudere i buchi di bilancio dei Consorzi. Si getta fumo negli occhi e si conservano i privilegi e gli stipendi senza indagare le responsabilità. Ma perché è così spinoso agire su questi enti (che siano di Bonifica o meno)?

Il fatto è che i Consorzi e i loro dirigenti sono divenuti negli anni una sorta di casta, ma questo è un tabù. Parlare degli stupendi più che dignitosi corrisposti, a dispetto però di servizi sempre più carenti e costi sempre più alti ai cittadini è spinoso. Il punto è che in molti casi i Consorzi sono divenuti nel tempo un coacervo di conflitti di interessi, di nomine e di posizioni che possono muovere anche voti. Gallo e le sue preferenze così come le varie segreterie che in questi anni hanno confermato le varie nomine negli uffici lo sanno. E lo sa anche Occhiuto

La cosa non riguarda ovviamente solo la Calabria tant’è che c’è una normativa che prova a normare il divieto delle doppie cariche. Stabilisce che non può ricoprire incarichi elettivo locali l’amministratore o il dipendente con poteri in un ente che abbia almeno il 20% di partecipazione comunale. Più recentemente anche l’ente Anticorruzione (ANAC) dice che il sindaco non può essere anche presidente di un Consorzio in cui è compreso il comune. Insomma, sono tutti d’accordo nel notare come i Consorzi sono enti che sommano nomine, fondi e privilegi e quindi da monitorare molto bene.

L’esempio storico (se non altro perché finito in una interrogazione parlamentare) è il Consorzio Valle Crati (al quale partecipano 43 comuni della provincia di Cosenza) all’interno della società ValleCrati spa (il 49% per cento invece era dalla Consortile Crati). I soci privati sono stati scelti con la gara cosiddetta «a evidenza pubblica”. Della società facevano parte soci milanesi non meglio precisati che si occupano di depurazione. Tra gli altri ne faceva parte l’Alto Tirreno Cosentino spa, il cui amministratore era Francesco Rovito, imprenditore in passato indagato, con ruoli nel Comune di Rende. Presidente era Mario Russo, ex sindaco di Scalea, che volle a tutti i costi una discarica nel Comune tirrenico. Anche il cda della ValleCrati vede la presenza di ben undici consiglieri. Non solo, molte aziende di rifiuti (la MIA, ad esempio, che lavora in tutto il cosentino) sono collegabili ad imprenditori del Consorzio o ai comuni.

A proposito di Bonifica invece nell’Alto Tirreno Cosentino gli stessi ruoli di apice o direttivi sono ricoperti da amministratori locali dei comuni parte (a Maierà ad esempio). Ancora, tempo fa era circolata sulla stampa una lettera dei produttori di cedro che denunciavano irregolarità nel Consorzio del Cedro (poi era seguita replica). Si scriveva di continui finanziamenti e lauti stipendi anche a favore di tale Grosso Ciponte vicina alla politica di Oliverio e poi il ruolo viene riconfermato.

Il quadro si completa con le imprese locali o i loro legami. Della spazzatura si è più volte detto, così come l’efficiente Consorzio Artek che da Scalea a Cassano vede aziende (partecipanti) vincere in vari lavori. Ovviamente può capitare anche che gli imprenditori-sindaci o assessori vincono appalti nei paesi di amici sindaci o svolgano consulenze professionali (in qualità di ingegneri, avvocati o altro) per conto del comune o nelle stesse commissioni giudicanti. Si disegna una ragnatela intricata, che cade forse nel conflitto d’interesse che è sicuramente inopportuno. Può essere che sia anche illegale?