Fratelli d’Italia e Lega divisi su tutto: l’ultimo fronte è il terzo mandato

(di Antonio Fraschilla – repubblica.it) – ROMA — Non sembrano nemmeno alleati e parte della coalizione di governo. Tra Lega e Fratelli d’Italia lo scontro ormai è aperto anche in Parlamento e ieri le tensioni sono esplose sul terzo mandato ai governatori. E poi sono proseguiti sul Ponte sullo Stretto, sul futuro presidente del Veneto e sulla protesta dei trattori.

Il duello vero, e a distanza, è chiaramente tra la premier Giorgia Meloni e il leader leghista Matteo Salvini divisi ormai su tanti, troppi fronti. E che stanno trasformando il voto delle Europee in una resa dei conti alla destra per il futuro degli assetti a Palazzo Chigi. La giornata a nervi tesi tra meloniani e salviniani inizia con il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera Tommaso Foti, che boccia la proposta della Lega sul terzo mandato ai governatori: proposta che nasce dal caso Veneto, con Luca Zaia che vorrebbe ricandidarsi per l’ennesima volta e Salvini che lo asseconda perché in caso contrario si troverebbe un concorrente per le leadership nel partito e perderebbe la roccaforte del Veneto con FdI che reclama la Regione.

«L’emendamento della Lega al disegno di legge elettorale — dice Foti — sul terzo mandato ai sindaci? Faccio notare che si tratta di un decreto legge. Gli emendamenti dovrebbero riferirsi al caso di necessità e urgenza per i quali il decreto viene adottato ai sensi della Costituzione. Ritengo che, allo stato attuale, non sia possibile riconoscere i requisiti di necessità e urgenza che dovrebbero portare la politica a pronunciarsi in un senso o nell’altro. Se il governo Meloni avesse ritenuto di dover adottare il provvedimento d’urgenza l’avrebbe inserito direttamente nel dl». Anche il segretario di Forza Italia Antonio Tajani si schiera con i meloniani contro il terzo mandato: «Non siamo favorevoli al prolungamento del mandato ai governatori che hanno avuto due mandati, e questo per una tutela del sistema democratico».

I leghisti capiscono l’antifona e vanno dritti al cuore della questione puntando il dito sui meloniani: «C’è un gioco di FdI a non volerci dare il terzo mandato per i governatori — dice il capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari — abbiamo già ottenuto un risultato importante con l’approvazione di una norma a cui lavoravamo da tempo che toglie il limite dei mandati nei Comuni sotto i 5 mila abitanti e lo estende a 3 fino a 15 mila. È chiaro che lo stesso principio lo vorremmo applicare anche ai Comuni più grandi e alle Regioni».

Ma lo scontro FdI-Lega non finisce qui. E guarda proprio al Veneto che andrà al voto il prossimo anno. Il candidato in pectore per Meloni in vista del dopo Zaia, il senatore Luca De Carlo, parla già da governatore in campo: «Alla domanda sul prossimo candidato governatore in Veneto rispondo che sarà di FdI. Ma non solo perché non abbiamo la presidenza di alcuna regione del Nord, bensì perché il dato delle ultime elezioni politiche è stato chiarissimo: il 32,5 per cento dei veneti ha votato Fratelli d’Italia».

Un botta e riposta continuo, una mossa e contromossa tra FdI e Lega per farsi sgambetti. E così dal governo, via Meloni, arriva ieri pure il parere contrario all’emendamento della Lega che toglieva i tetti della spending review alla società Stretto di Messina, argomento caro a Salvini: «La notizia del ritiro dell’emendamento proposto dalla Lega sullo slittamento della spending review per la società che deve realizzare il Ponte, dopo il parere contrario del governo, è la prova di uno scontro politico interno alla maggioranza sul tema di questa opera che investe direttamente la premier Meloni», dice soddisfatto Angelo Bonelli di Alleanza verdi e sinistra.

La contromossa della Lega a questo ennesimo schiaffo? Oggi una delegazione dei leghisti parteciperà alla protesta al Circo Massimo dei trattori: magari sostenendo che il governo deve fare di più, tanto la delega al settore ce l’ha Francesco Lollobrigida, cognato di Meloni. Per dire il bel clima che si respira tra Lega e FdI, anzi tra Salvini e Meloni.