Dal carcere di Catanzaro alla chiesa di Natuzza: il dono dei detenuti è diventato… “evasione”

“Nel mese di agosto in carcere la solitudine e la disperazione pesano di più. La fede, per chi ce l’ha, può essere un grande conforto. E il simbolo di una fede semplice è l’effigie del volto di Natuzza realizzata dai detenuti della Casa Circondariale di Catanzaro e donata in occasione della dedicazione della chiesa di Paravati organizzata della Fondazione del Cuore Immacolato di Maria, rifugio delle anime…”.

Così, appena due anni e mezzo fa, i media di regime “sponsorizzavano” generosamente il dono dei detenuti del carcere di Catanzaro a Mamma Natuzza. Nessuno avrebbe mai pensato, che dopo nemmeno tre anni quel carcere sarebbe diventato il male assoluto, come invece la Dda di Catanzaro ci sta dicendo con la “brillante” operazione di ieri che ha spedito a Siano persino la (ex) virtuosa direttrice, Angela Paravati.

E persino quella iniziativa spinta e sposata dai media di regime ora acquista un’altra luce se è vero – com’è vero – che nelle carte dell’inchiesta quella donazione altro non è che il pretesto per una “evasione” di due soggetti pericolosi detenuti a Catanzaro. Ad Angela Paravati vengono infatti contestati i reati di evasione e procurata evasione in concorso con Francesco Cannizzaro, 55 anni, di Marina di Gioiosa Ionica, e Michele Futia, 34 anni, di Locri. Gli ultimi due si trovavano reclusi in carcere per associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico e – secondo la nuova accusa – su disposizione dell’allora direttrice della Casa circondariale il 6 agosto 2022 sarebbero stati accompagnati da una scorta della polizia penitenziaria – a bordo di un veicolo Fiat – a Paravati in occasione della cerimonia di consacrazione della Grande chiesa voluta da Natuzza. Senza autorizzazione – dice la Dda – del magistrato di sorveglianza. 

Eppure, nell’immediatezza della cerimonia, le cronache dicevano testualmente: “… La cerimonia è stata un lungo momento di commozione perché si è svolta alla presenza del direttore del carcere Angela Paravati, del magistrato di sorveglianza Angela Cerra e di due detenuti che rappresentavano la fede della comunità dei ristretti.
Il vescovo della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, monsignor Attilio Nostro, ha pronunciato parole di conforto e di speranza ricordando la semplicità della fede della stessa mistica di Paravati, la sua vicinanza agli ultimi, alle persone più bisognose, e in particolare ai detenuti, anche per un’infanzia triste, e per la tragica vicenda della mamma, poverissima e a sua volta madre di molti figli, che si racconta sia stata arrestata per il presunto furto di una gallina…”. E ancora: “Le persone detenute nel carcere di Catanzaro, nel loro percorso rieducativo trovano in questa persona un punto di riferimento” aveva spiegato Angela Paravati: “Un modello da seguire, perché anche dalla sofferenza può nascere una profonda capacità di amare, di volere il bene del prossimo. E l’attenzione al prossimo è la premessa per qualsiasi forma di reinserimento sociale”.

Insomma, dalle cronache a tutto sembra di trovarsi davanti meno che… ad una evasione e tra le altre cose abbiamo letto che la signora Paravati era addirittura accompagnato da un magistrato di sorveglianza. Ma tant’è. Noi non possiamo fare altro che segnalare fatti che oggi sembrano dimenticati da tutti ma che, però, sono realmente accaduti. Da Twin Peaks per il momento è tutto, a voi la linea.