I numeri: 5 musicisti sul palco di San Siro (stadio Meazza) a Milano, 50 canzoni, 50 anni di storia, 50mila spettatori, per la precisione 50.408, dichiarati nel pomeriggio dal promoter Ferdinando Salzano di F&P.
Quasi tre ore di concerto e 33 brani con Riccardo Fogli, quindi due terzi di scaletta in versione inedita, un grande lavoro artistico sul repertorio, riarrangiato, ma senza stravolgimenti, rispettando anche in questa versione l’identità delle canzoni e della propria storia.
Il concerto inizia alle 9 spaccate con un conteggio, ma non alla rovescia: i due schermi a lato del palco contano da 1 a 50, come gli anni di storia della band. Un getto di fumo colorato a centro palco, ed entrano i Pooh, in versione a 4, che attaccano “Giorni infiniti”. Il pubblico seduto in platea si alza subito, per risedersi alla seconda canzone.
Il primo boato è per “Dammi solo un minuto”, riconosciuta alle primissime note con Roby Facchinetti e Dodi Battaglia in gran spolvero e cantata a squarciagola; un boato ancora più grande per l’entrata di Fogli, su “Banda nel vento”, seguita da un blocco di canzoni dedicato alle origini del gruppo, come la sequenza dedicata al singolo “In silenzio/Piccola Katy”.
Sia nelle formazione a 4 che in quella a 5, sia quando la band richiama il pop melodico delle origini, che quando va in territori più rock, il suono è compatto, perfetto al millimetro ma senza essere freddo, le armonie vocali impeccabili. Come da tradizione, i Pooh si dividono in maniera altrettanto impeccabile gli spazi.
Fogli è posizionato sulla sinistra del palco, rompendo la simmetria perfetta della disposizione, ma si muove spesso, a perfetto agio con il resto del gruppo: entra con la chitarra acustica, ma più avanti nel concerto rimbraccerà anche il basso duettando con il suo sostituto, Red Canzian.
Il primo blocco con Fogli, 8 canzoni, si chiude con “Amici per sempre”.
La festa dei Pooh è stata impeccabile ed emozionale allo stesso tempo. C’è la professionalità di un gruppo di musicisti straordinari che si celebra (e ne ha tutte le ragioni), con consapevolezza ma senza retorica, come sarebbe facile fare in un concerto d’addio. Non sembra neanche un addio: sembra un racconto.
Poche parole, ma mai una di troppo, e quelle dette sempre sentite come ringraziamenti alle persone e al pubblico che li hanno portati fin qua; una produzione degna di chi ha sempre sperimentato con le scenografie e gli effetti speciali. Ma soprattutto, una sequenza di canzoni da togliere il fiato, un continuo riemergere di emozioni e pezzi di memoria collettiva e individuale: la storia e le storie. Vedere tutto questo, tutto assieme, in una sera sola, è davvero uno spaccato del pop-rock italiano, e della nostra vita.
(Gianni Sibilla)
Rockol