Anche noi vogliamo prendere per buone le “fanfare” suonate durante la marcia trionfale della Dda di Catanzaro subito dopo il blitz di martedì scorso denominato “Recovery” che annunciavano la vittoria della Giustizia sul pericoloso “cartello (confederato) di narcos” presente in città. E ci aggiungiamo al corale plauso, meritato, che la stampa e le istituzioni tutte hanno voluto dedicare agli investigatori: sgominare un “cartello di narcos” in una città come Cosenza dove la coca si consuma come il pane, è sempre una buona notizia che va accolta tra applausi e lodi.
Ad usare la definizione “cartello di narcos” in riferimento agli arrestati, la Dda di Catanzaro. Diceva Nanni Moretti in “Palombella Rossa”: le parole sono importanti. E la parola narcos, evoca, senzadubbiamente, scenari di narcotraffico ad alti livelli alla Scarface. Una definizione “altisonante” che ha lo scopo di restituire all’immaginario collettivo la pericolosità e la pervicacia dei narcos finiti nella retata di martedì. Ma anche un modo per evidenziare il grande lavoro che c’è dietro ad un blitz, e i tanti rischi, sostenuti con coraggio e abnegazione, che gli investigatori hanno dovuto affrontare durante l’indagine. Un lavoro così pericoloso e ben svolto non può che meritarsi un plauso corale, con annesso sospiro di sollievo della città che, dopo due retate contro i narcos, può dirsi finalmente libera dai narco trafficanti. Ma pare che le parole usate dagli investigatori non abbiano avuto l’effetto sperato sull’immaginario collettivo. Anche a voler prendere per buone le parole usate dagli investigatori, viene difficile immaginare che il “cartello di narcos” sgomitato sia l’unico ad agire in città. Una deduzione alla portata di tutti. Se è vero come è vero che in città si consumano oltre due chili di cocaina alla settimana, va da se che il cartello di narcos sgominato non può essere l’unico a spacciare. E questo è avvalorato dalla bassa qualità criminale dei pusher arruolati dal cartello sgominato che si occupa di spacciare la pezzata ai consumatori.
È chiaro che a Cosenza c’è chi gestisce i chili, chi si occupa di rifornire i capizona, e chi si occupa dello spaccio al dettaglio. E nei bassi fondi di questa piramide del “cartello dei narcos” arrestati nell’operazione “Recovery”, si trovano solo pusher la cui “clientela” è riconducibile alla fascia sociali medio/bassa della città (ragazzini compresi). Che rappresenta meno del 30% dei consumatori. Manca tra i consumatori di pezzata la fascia sociale medio/alta: politici, avvocati, magistrati, professori, imprenditori, radical-chic, forze dell’ordine, professionisti di ogni ordine e grado, nobili, aristocratici. Che, come tutti sanno, non sono certo clienti dei pusher che abbiamo letto nell’ordinanza. E se non sono loro, la domanda è scontata: chi sono i “narcos” che riforniscono la “Cosenza bene”, ovvero il 70% dei consumatori di cocaina? Alla Dda l’ardua sentenza.