Cosenza chiama e Catanzaro risponde. Il piano “cappuccio e grembiulino” del Pd-P2 e gli accordi trasversali con la destra

Così parlò Bellavista. Non è la trama del film commedia tratto dal romanzo di Luciano De Crescenzo ma più semplicemente il romanzo criminale della massomafia calabrese, fatto di ‘ndrine e di obbedienze dove primeggia per storia e ruberie il Pd-P2 con la firma di Capu i Liuni e Madame Fifì. In pieno accordo con i compari di Forza Italia. 

«Progressisti nei valori, riformisti nel metodo, radicali nei comportamenti“. È questa la sfida che Enrico Letta lanciò all’Italia ed all’Europa candidandosi alla segreteria nazionale del Pd nel marzo dello scorso anno. È questa la sfida che lanciammo e vincemmo insieme a Cosenza con la mia elezione a Sindaco della città. È con questa sfida, che per i cosentini è stata di buon auspicio, che saluto la venuta del segretario Letta in Calabria, a Catanzaro, dove dobbiamo e possiamo vincere con il candidato Fiorita, affinché anche la città capoluogo di Regione possa cambiare rotta ed affermare una gestione della cosa pubblica intrisa di legalità, trasparenza e partecipazione, per come stiamo facendo nella città dei Bruzi»… Parola di Franz Caruso, il sindaco incappucciato (nel senso che tutti sanno che è massone iscritto agli elenchi del Goi, anche se lui si vergogna a dirlo) di Cosenza… un nome, e che qualità!

Franz l’incappucciato è temerario. Ha alzato la faccia dalle secche del Crati e lanciato lo sguardo oltre l’ostacolo, verso Catanzaro, nel tentativo di esportare il “modello cappuccio e grembiulino” prêt-à-porter della “nuova” Cosenza, figlia del Pd-P2 con l’aiuto delle manine dell’Occhiuto family o se preferite della famiglia dei cazzari. Il comune denominatore che rivendica come copyright Franz “cappuccio” non è la storia di Alarico il disperso e di Carlo V l’imperatore, ma un denominatore comune che lega le due città: la corruzione e la massomafiosità.

Il parallelo è presto fatto. La storia è quasi comune, gli obiettivi si sovrappongono, così come gli abbracci mortali e gli accordi già scritti sottobanco. La massomafia si riaccomoda al banchetto e replica Franz l’incappucciato con la controfigura di don Nicola Fiorita, l’ecclesiastico. 

Cosenza chiama e Catanzaro rispondeLa volata era stata lanciata da tempo a favore dello scalatore dei Tre Colli, don Nicola Fiorita, il grido di battaglia era partito proprio da Franz l’incappucciato, i tamburi rullano e le truppe sono chiamate a raccolta, anche quelle sepolte nei rottami dalla Chiesa di Catanzaro e fra i morti non sepolti della sanità cittadina. Per la vittoria di don Nicola Fiorita si può accettare la scomunica: quella cattolica, quella comunista e pure quella massomafiosa.

A Cosenza Franz I della dinastia degli incappucciati si è insediato grazie all’accorduna fra Robertino, con le sua sopracciglia da povero gabbiano e Capu i Liuni, al secolo Nicola Adamo, il principe consorte di Madame Fifì. A Catanzaro nel cambio di geografia ma non di metodo, don Nicola Fiorita vince grazie al sostegno, nel ballottaggio, di Mimmo Tallini e Claudio Parente, con la benedizione delle ‘ndrine di Cutro e delle curie massomafiose, così come sancito nell’accordo di mut(u)o soccorso con Antonello Talerico già largamente annunciato dal clamoroso dato del voto disgiunto contro l’avversario di Fiorita.

Così come tutti – ma proprio tutti – sanno che dall’altra parte le ‘ndrine del Vibonese si erano acquattate sotto l’ala di Valerio Donato, il professore che si dice “progressista” ma imbarca anche i “nazisti”. Peppe Mangialavori, compare De Nisi, Wanda “nostra” e tutte le famiglie mafiose della Costa degli Dei erano in questo “cartello”, favoritissimo per la vittoria finale ma con tante, forse troppe apprensioni per quello che succedeva nell’altro campo. E con le ‘ndrine che sono prontissime a passare quatte quatte dall’altra parte, che poi è sempre la stessa… 

Non c’è trucco non c’è inganno, verrebbe da dire. Da una parte e dall’altra. Tanto comunque fosse andata, alla fine sarebbe stata la massomafia “unita” a festeggiare. E così il duo canoro Fiorita-Talerico è stato presto sputtanato. Di certo non si scandalizza nessuno, così come nessuno più crede ai vezzi di trasparenza e di correttezza troppe volte sbandierati, che si seppelliscono da soli insieme ad alcuni principi tossici e presenze ingombranti. Questa è un’altra storia che merita un approfondimento.

E le due storie, quella di Cosenza e quella di Catanzaro, si somigliano così tanto anche nelle presunte crisi che poi portano agli strappi e ai rimpasti. A Cosenza Nicola Adamo travestito da Franz ha “eliminato” la vecchia pupilla della moglie, la vicesindaca Maria Pia Funaro, ma poi non ha dato il via al rimpasto per motivi di… opportunità, per usare un eufemismo. A Catanzaro il casino è esploso in questi giorni con l’inevitabile azzeramento della giunta ma sembra la classica tempesta in… un bicchiere d’acqua. Esattamente come a Cosenza.

A Catanzaro ognuno si impegna a far apparire sempre il contrario di quello che realmente è. Catanzaro è una città aperta al contributo, spesso criminale, del suo territorio fuori dalle mura. E’ la città delle anomalie politiche, conosciute e riconosciute da tutti, quelle dei trasversalismi tipici ed opachi, dove la lotta alle mafie è fenomeno da rintracciare al netto delle sfilate e dei documenti prodotti sempre in tempo di elezioni, perché questa è una vocazione assente e soprattutto non globale. Spesso le buone intenzioni non seguono le azioni.

A distanza di tre decenni dai fatti di Palermo – anziché dire trent’anni – perché pesa di più come tempo sulla coscienza collettiva la strage di Capaci, ha ragione Nicola Gratteri quando afferma che si celebra anche il giorno dei “gattopardi” e, aggiungiamo noi, anche delle gattemorte. Catanzaro non è certamente distante da questo metodo, dei falsi protagonisti della memoria di Falcone e Borsellino che parlano di mafia e legalità e stanno con un piede ben saldo nel mondo di mezzo. La politica specialmente in campagna elettorale è lo specchio del malcostume.

Ecco perché tante parole e tante patenti di legalità sono cartastraccia. I voti non hanno né profumo, né puzza e quindi diventano buoni, sia che abbiano un bagaglio di simboli ed una ritualità fascista di quei candidati in ordine sparso distribuiti nelle liste del curato di campagna, don Nicola Fiorita. Non puzzano nemmeno se hanno il colore della morte o della truffa, quella sanitaria in particolare, storia di ruberie sulla città lunghe vent’anni radicate in quel quartiere di frontiera, il Corvo, dove i supporters a 5Stelle di don Nicola avrebbero più di un mal di pancia, sapendo bene che al ballottaggio i voti della Vivere Insieme, artista di un buco di speranze nel proprio quartiere, sono stati gli “zecchini” d’oro di don Nicola Fiorita, novello Pinocchio de noantri o di nu atri, a seconda di come butta. 

Sarà che Pinocchio Fiorita ha dimenticato di aver firmato proprio lui, peraltro unico atto di coraggio e di opposizione, diciamo su input e conosciuto in dad, l’esposto che in parte ha generato l’inchiesta della magistratura contro la Vivere Insieme? Quella società che ha fondato proprio Parente e di cui il politico, nonostante le dimissioni, avrebbe mantenuto secondo l’accusa la gestione e il controllo.

Sarà stato anche questo il prezzo dell’accordo sottoterra fra Talerico e Fiorita? Diciamo pure fra Tallini e Parente e don Nicola? Vale di più la coscienza o la seggiola del sindaco? Il mitico Corrado Guzzanti avrebbe risposto: “La seconda che hai detto…”.. E così fu!