Reggio. La storia della discarica di Sambatello: dagli appalti della Regione all’azione da “far west”. Le cantate di Mario Chindemi

L’impianto di smaltimento dei RSU di Sambatello di Reggio Calabria, realizzato’ negli anni ’80, fa parte del sistema integrato regionale di gestione RSU denominato “Calabria Sud”. La struttura sorge a ridosso della strada a scorrimento veloce Gallico — Gambarie.
I Carabinieri del ROS, nell’informativa dell’I giugno 2022, hanno fornito una dettagliata descrizione in merito al sito ed alle vicende societarie che, nel corso degli anni, lo hanno caratterizzato…

Dal 2012 al 2019, la gestione dell’impianto di Sambatello è stata affidata alla S.p.A. ECOLOGIA OGGI, società controllata dalla 4EL GROUP S.r.L, che ha aperto il 23.11.2012 la sede locale RC/7 in Reggio Calabria via Carlo Votano snc per la «GESTIONE TRATTAMENTO DEI RIFIUTI SOLIDI URBANI».

La Regione Calabria, con Decreto Dirigenziale n. 4862 del 16.04.2019, deliberava l’aggiudicazione della procedura di gara per «l’affidamento per la realizzazione e gestione dell’impianto di trattamento dei rifiati urbani di Reggio Calabria loc Sambatello» in favore del Consorzio Ordinario di Concorrenti da costituirsi tra le seguenti aziende:
—C.I.S.A.481 S.p.A. (capogruppo);
—SALVAGUARDIA AMBIENTALE 32 S.p.A. (mandante);
—MI.GA.483 S.r.L. (mandante);
—CO.I.V.484 di Salvatore Rachieli (mandante)
… che si è aggiudicato l’appalto producendo l’offerta economicamente più vantaggiosa per un importo di 57.038.466,65 erra.
Quanto al costituendo Consorzio, accanto alla capogruppo C.I.S.A. S.p.A. ed all’impresa individuale CO.I.V. di Salvatore Rachieli, si collocano due società (la Salvaguardia Ambientale S.p.A. e la MI.GA. S.r.L.) che rientrano nella holding facente capo alla famiglia VRENNA…

Detto impianto, nel febbraio 2016, era il teatro di un drammatico fatto di sangue: il tentato omicidio, perpetrato con modalità squisitamente mafiose, ai danni di Antonino (“Nino”) PRINCI, detto “lo Sceriffo”.

Nella sentenza del GUP del Tribunale di Reggio Calabria emessa il 18 luglio 2018, all’esito del giudizio abbreviato del procedimento c.d. Kalanè, così è stato descritto quel gravissimo episodio criminale, caratterizzato dalla spregiudicata azione da “far west” che i killer mettevano in atto e che solo miracolosamente non si traduceva nella morte della vittima predestinata:

….il giorno 9 febbraio 2016, perveniva al servizio 113 della Questura di Reggio Calabria una telefonata, da parte di FAUCI Rosario, responsabile dell’impianto di trattamento dei rifiuti di Sambatello gestito dalla società “Ecologia Oggi”, il quale denunciava di avere udito dei colpi di arma da fuoco all’interno del medesimo impianto.
Sul posto si recava personale della Squadra Volanti della Questura di Reggio Calabria e, dai primi sommari accertamenti, si apprendeva che ignoti, a bordo di una autovettura, avevano esploso colpi di arma da fuoco nei confronti dell’odierno imputato, PRINCI Antonino, mentre a bordo della propria autovettura si allontanava dal luogo di lavoro, il quale era riuscito a scappare, rientrando precipitosamente all’interno del sito senza riportare gravi ferite.
Sul posto interveniva altresì personale del Servizio di Polizia scientifica della Questura di Reggio Calabria, i quali rinvenivano 3 bossoli per pistola cal. 9X21, 1 bossolo cal. 12, 1 borra per cartuccia cal. 12, mentre nell’autovettura di REPACI Antonio, dipendente dalla medesima società, -che aveva seguito il PRINCI mentre si dirigeva verso l’impianto per cercare di sfuggire all’agguato- 1 ogiva parzialmente camiciata e nel poggiatesta della macchina di PRINCI 2 palle, così come meglio descritto negli atti redatti dal Gabinetto Regionale della Polizia Scientifica di Reggio Calabria.

Oltre alle auto del PRINCI e REPACI, veniva attinta da colpi d’arma da fuoco l’autovettura di un altro dipendente dello stabilimento, MORDA Sebastiano, che era in sosta all’interno dello stabilimento durante l’attentato (3 fori passanti e 5 frammenti di piombo).
I rilievi compiuti appaiono idonei a descrivere una dinamica degli accadimenti particolarmente violenta ed efferata. Iiinsegmimento della autovettura sulla quale viaggiava il PRINCI, iniziato sulla pubblica via, continuava anche all’interno dello stabilimento della società Ecologica Oggi, mediante esplosione di ripetuti colpi di arma da fuoco, che hanno colpito anche macchine parcheggiate e i muri degli immobili e, solo per puro caso, non hanno attinto terzi estranei che si trovassero di passaggio. I fori di entrata sul parabrezza anteriore, tutti concentrati nella parte centrale in direzione del guidatore e, soprattutto, i fori rinvenuti su entrambi i poggiatesta, escludono ogni dubbio circa la effettiva volontà di attentare alla vita del guidatore.

Il rinvenimento di due diverse tipologie di munizionamento indicano che per la commissione del fatto sono state usate due armi diverse: in particolare un fucile a pallettoni e una pistola cal. 9.
Proprio per la tipologia di tali armi, una a canna corta ed una a canna lunga, difficilmente utilizzabili nella concitazione dell’azione dalla medesima persona, si può ragionevolmente concludere che il commando omicida era composto da almeno due persone, le quali hanno esploso i colpi di arma da fuoco nella direzione del PRINCI Antonino con l’intenzione di ucciderlo”.

È certo che il responsabile di quell’agguato era stato un noto esponente delta `ndrangheta locale, ovvero Giuseppe GRECO, già capo locale di Calanna, di recente scarcerato.
Il Giudice dell’udienza preliminare — pur prendendo atto del suo sopravvenuto decesso (in data 23 giugno 2018) e pronunciando conseguentemente declaratoria di non doversi procedere per intervenuta morte del reo – concludeva nel senso che:
“Può ritenersi provato che GRECO Giuseppe, avvertendo di essere stato esautorato dalle funzioni di vertice della consorteria criminale ricevute in eredità dal padre (“don Ciccia”, il vecchio boss di Calanna), abbia organizzato e partecipato attivamente per sua stessa ammissione al tentativo di omicidio commesso ai danni dell’odierno imputato PRINCI Antonino (…)

Il Giudice ritiene pienamente raggiunta la prova in merito alla programmazione e all’esecuzione del tentato omicidio di PRINCI Antonino ad opera di GRECO Giuseppe, imputato oggi deceduto.

La causale di tale tentato omicidio si colloca nel contrasto sorto fra il GRECO, che aspirava a mantenere il controllo degli affari criminali nel territorio di Calanna, ed il PRINCI, che unitamente ad altri soggetti, stava espandendo la sua influenza criminale.

Gli interessi della famiglia ARANITI (d’intesa con la cosca di Calanna) sulla discarica di Sambatello secondo il racconto dei collaboratori di giustizia

Così i PP.MM:
Era proprio muovendo dal tentato omicidio di Antonino PRINCI, che il collaboratore di giustizia Mario CHINDEMI riferiva a questo Pubblico Ministero quanto a sua conoscenza in merito agli interessi che la `ndrina ARANITI coltivava sulla discarica di Sambatello.
CHINDEMI raccontava, per come riferitogli dal fratello Pasquale, che Giuseppe GRECO aveva attentato alla vita di PRINCI perché — approfittando del suo stato di detenzione — ne aveva preso ìl posto quale capo locale di Calanna [CHINDEMI: …quando Peppe Greco l’ha sparato voglio dire (…) al concimaio (…) là sotto nella spazzatura (…) alla discarica (…) Peppe Greco uscendo dalla galera si ritrova un pochettino messo fuori bando, automaticamente avevano dato su Calanna … su Calanna a Nino Princi di comandare (…) si è sentito escluso dalla situazione e ha affrontato la situazione sparando a Nino Princi (…) me lo aveva comunicato Pasquale].
Gli ARANITI avevano manifestato grande irritazione per l’accaduto, per due ordini di ragioni.

Per un verso, era stata censurata la scelta del luogo ove GRECO aveva attentato alla vita del rivale; luogo che ricadeva nella loro giurisdizione mafiosa e non in quella del locale di Calanna [CHINDEMI:…Pasquale mi ha detto che gli Araniti non l’hanno presa tanto bene perché se Peppe aveva intenzione di volere sparare a Nino Princi se lo doveva fare su Calanna…(…) perché Sambatello deriva … deriva diciamo … il concimaio deriva da Sambatello voglio dire il depuratore].

Per di più, gli ARANITI avevano ormai stretto un’alleanza con PRINCI, preferito a GRECO perché più giovane e dinamico nella gestione degli affari condivisi tra i due “locali” limitrofi
[CHINDEMI.• agli Araniti interessava avere una persona giovane pure voglio dire e di diversa da Peppe Greco (…) in pratica hanno voluto portare avanti Nino Princi…].
CHINDEMI, inoltre, riferiva che Domenico ARANITI gestiva i suoi interessi economici nel business dei rifiuti dell’impianto di Sambatello, tramite una società occultamente avviata con l’imprenditore Fortunato BILARDI…

[P.M.:.. lei ad un certo punto dice la discarica era un posto … cioè in realtà Sambatello era zona degli Araniti, ma con riferimento alla discarica lei sa se c’è qualcuno degli Araniti che attualmente … cioè la discarica porta soldi immagino…
CHINDEMI: sì, sì, sì, sì. (..) Domenico Araniti aveva il controllo, però lui aveva come … diciamo possiamo dire come prestanome Bilardi Fortunato, Bilardi è un imprenditore dall’epoca, da quando ha iniziato li … mi sembra nel 1995, al completamento dei servizi, di fare la discarica … (…)
PM: e questo è un imprenditore che si occupa di rifiuti?
CHINDEMI: si occupa … è nella cosa edilizia, sulla cosa edilizia, ha una ditta edilizia dove ha fatto tutte le cose e dove … dove oggi ha la fornitura delle … che ha 5 camion, che porta la … la spazzatura da … dai depuratori di là al bruciatore a Gioia Tauro. (…)
PM.: quindi Bilardi Fortunato. Lei dice che Bilardi in realtà è prestanome di Domenico Araniti?
CHINDEMI: hanno la… hanno una società, hanno fatto pure… non so come esce questa società].

Le cointeresse economiche tra Domenico ARANITI e Fortunato BILAARDI erano note a CHINDEMI perché egli stesso aveva lavorato nel cantiere di quest’ultimo, avendo però contrattato le sue prestazioni con il boss di Sambatello [P.M.: … E questo lei come lo sa? CHINDEMI: e lo so perché io, voglio dire, tramite gli Araniti ho pure lavorato io là, all’interno, gli ho fatto… tutta la guaina gliel’ho fatta io (…) all ‘interno là della struttura. E allora i soldi me li aveva dati il Ritardi, però a me mi aveva fatto andare Domenico Araniti].
CHINDEMI sapeva, inoltre, che nell’impianto di Sambatello lavoravano anche altri soggetti cooptati da Mimmo ARANITI: tra questi, Piero PELLICANO’ (anch’egli esponente della cosca e coimputato dello stesso CHINDEMI nel processo c.d. De Bello Gallico), tali BUCCAFURRI e Mimmo REPACI, quest’ultimo genero di Pietro ARANITI [CHINDEMI: in più lui era… ci sono sei – sette persone del paese pure, voglio dire, che li ha fatti entrare pure là sotto a lavorare. P.M.: questo chi, Domenico? CHINDEMI: sì. (…) c’è Piero Pellicanò (…) Buccafurri, mi sembra che si chiamava, papà e figlio erano là, all’interno (…) c’era Minimo Repaci, il genero di Pietro, (…) poi ce n’è qualcun altro che ora non… non focalizzo, ma …(..) ne è entrato sei – sette, almeno sei — sette].

Aggiungeva il collaboratore che, per gli ARANITI, era stato più semplice raggiungere un accordo con PRINCI per la spartizione dei proventi della discarica di Sambatello.
Peppe GRECO, infatti, pretendeva una quota del 50%, mentre con il PRINCI era stata realizzata una mediazione al ribasso, ferma la possibilità per lo stesso PRINCI ed alcuni dei suoi uomini di lavorare all’interno dell’impianto
[Dr. Ignazitto: senta, ma Peppe Greco… Peppe Greco per esempio lo sapeva che gli Araniti avevano gli interessi sulla discarica di Sambatello?
Chindemi Mario: Sì, avevano il conflitto là, perché lui richiedeva… chiedeva il 50% sulla discarica, perché Calanna non è che è… come Mulini … (…) però è quasi là vicino e… e in un certo modo… in un certo modo ha ottenuto una certa… come le posso dire? Non tranquillità, ma hanno… hanno fatto una specie di meditazione dove infatti il Princi ci lavorava là dentro per…
Dr. Ignazitto: Princi lavorava là dentro.
Chindemi Mario: …come qualcun altro magari…
Dr. Ignazitto: quando lei dice “meditazione” vuol dire “mediazione”.
Chindemi Mario: mediazione.
Dr. Ignazitto: un accordo.
Chindemi Mario: una specie di accordo, dove hanno messo pure… pure Peppe aveva messo tre – quattro ragazzi, non è che li conoscevo…
Dr. Ignazitto: quindi diciamo Nino Princi lavorava lì perché gli Araniti avevano dato il loro o ok.
Chindemi Mario: avevano dato il loro ok….].

Tale era il risentimento per quanto verificatosi, che Domenico ARANITI aveva chiesto a Pasquale CHINDEMI ed allo stesso PRINCI di uccidere Peppe GRECO [CHINDEMI: Pasquale mi raccontava (…) gli avevano richiesto se vedevamo su Gallico a Peppe Greco di ucciderlo (…) Domenico Araniti (…) gli aveva chiesto a Pasquale… (…) Domenico Araniti allora a Princi gli aveva chiesto, conte gliel’aveva chiesto a Pasquale…(…) “se lo stringi tu verso sopra, uccidilo pure tu “].
CHINDEMI tuttavia non sapeva chi, in concreto, fosse coinvolto nell’attentato che — nell’aprile 2016, si era concluso con il ferimento di Greco e l’uccisione dell’uomo che era con lui’…