Dopo l’approvazione dell’infame legge sull’Autonomia differenziata, la già precaria situazione economica e sociale delle regioni meno abbienti d’Italia è destinata a peggiorare ancora di più. E questa non è un’opinione. I numeri parlano chiaro. Specialmente per la regione Calabria che risulta essere la regione più povera d’Italia (Istat elaborazione dati 2022). E per meglio capire la distanza abissale tra le ricche regioni del Nord e quelle del Sud, basta citare i “famosi numeri”: sul totale del Pil nazionale che si attesta su 1.782 miliardi di euro, la Lombardia concorre con 405,3 miliardi di euro, il Veneto con 164,4 miliardi di euro, l’Emilia Romagna con 163,7 miliardi di euro, e la Calabria, fanalino di coda, concorre al Pil nazionale con 32,7 miliardi di euro. Paragonando poi il Pil pro capite la differenza è davvero impressionante: 16.168 euro per un calabrese, contro i 44.054 euro di un bolzanino.
Numeri che parlano chiaro, e non ci vuole uno scienziato per capire che senza lo stanziamento statale anche i già scadenti e precari servizi essenziali per i calabresi, dopo l’approvazione dell’infame legge secessionista, rischiano di scomparire definitivamente. Con un reddito così basso nessun calabrese può permettersi di pagare ulteriormente le prestazione essenziali che lo stato, per Costituzione, deve garantire a tutti i cittadini. Quel poco di pubblico che ancora sopravvive nella sanità, ad esempio, con l’Autonomia differenziata, scomparirà definitivamente: chi ha i soldi, come la Loizzo e i suoi elettori, potrà curarsi, chi invece non ha la possibilità di rivolgersi alle strutture private per curarsi, potrà rivolgersi solo a Dio. Non c’è dubbio che la Calabria, vista la “povertà”, subirà più delle altre regioni, gli effetti nefasti di questa infame legge secessionista.
Le ragioni che proclamano la Calabria la regione più povera d’Italia, sono tante, e ognuno ha la sua tesi: i piemontesi, Cavour, Mazzini, Garibaldi, il ladrocinio della Cassa del Mezzogiorno, la mancata industrializzazione, la corruzione, una classe politica mafiosa, la ‘ndrangheta, ma un dato resta certo: la Calabria non è una regione produttiva. E se non produce non potrà più fornire i livelli essenziali di prestazione ai calabresi: i Lep, nella legge, sono solo nominati, ma non finanziati. Quindi ogni regione dovrà trovare all’interno del proprio Pil le risorse per garantire i servizi essenziali ai cittadini. E il nostro Pil non solo non cresce, ma, dicono gli esperti, è destinato a scendere. Del resto lo sanno tutti che in Calabria non ci sono fabbriche, industrie, stabilimenti, e attività produttive di un certo livello, da noi oltre al pubblico impiego, esiste un po’ di agricoltura, e il porto di Gioia Tauro. Troppo poco per far crescere il nostro Pil. Dobbiamo inventarci qualcosa per rendere la Calabria produttiva. E la soluzione è naturale, in tutti i sensi.
La nostra fortuna è quella di avere ampi settori di territorio con peculiarità microclimatiche che rendono unico e raro il frutto della terra: cedro, bergamotto, cipolla, fico dottato, liquirizia, clementine e tanti altri. Eccellenze agricole apprezzate in tutto il mondo, ma la produzione non basta a far lievitare il Pil. Ma se a questa eccellenze ci aggiungiamo la coltivazione dell’erba rossa di Calabria, non c’è dubbio sull’impennata, in men che non si dica, del nostro Pil. La marijuana rossa calabrese è da sempre un prodotto apprezzato a livello globale. Tanto da rientrare nei menù dei migliori coffee shop del mondo. Per risollevare il nostro Pil e creare, dalla sera alla mattina, migliaia di posti di lavoro, basterebbe legalizzare la marijuana che come cresce in Calabria in nessun’altra parte del mondo. La canapa in Calabria si è sempre coltivata, e non prevede uso di pesticidi, sostanze chimiche o altre porcherie, basta darle l’acqua, che da noi grazie a Dio non manca, e cresce da sola.
In quasi tutto l’Occidente e in tanti stati dell’America latina, la cannabis è stata legalizzata. In America tanti sono gli stati che hanno legalizzato la cannabis, New York compresa. E gli effetti benefici sull’economia sono sotto gli occhi di tutti. Che è quello che serve ai calabresi: una rapida crescita economica. L’erba rossa calabrese è talmente apprezzata che in California è prodotta in serra, tanto è richiesta. Ora pensate se sul mercato californiano, ma anche su quello milanese, irrompesse la rossa calabrese “Doc” prodotta in Sila, in Aspromonte, diventerebbe subito la “star” del mercato. E L’export crescerebbe a dismisura. Si sa che l’originale è meglio dell’imitazione. Ecco, se vogliamo salvare la Calabria dal fallimento, non potendo più ricorrere all’industrializzazione della regione ne sperare negli aiuti di stato, legalizziamo la marijuana, e tutti vivremo felici e contenti.









