Sono passati meno di otto mesi dalla bufera giudiziaria che ha investito il Comune di Reggio Calabria con l’operazione “Ducale”. Sono state chiuse le indagini preliminari e la commissione d’accesso antimafia, che veniva paventata da più parti, non solo non è arrivata ma pare che adesso arrivino segnali di natura opposta. C’è chi dice, infatti, che il sindaco Falcomatà abbia aperto un fruttuoso corridoio diplomatico con Fratelli d’Italia e in particolare con Wanda Ferro per evitare il “guaio”… Come in effetti l’ha evitato. Ma c’è anche chi da tempo sostiene che a Reggio la commissione d’accesso non serve…
di Nicola Martino
Fonte: Il Meridio (https://ilmeridio.it/no-la-commissione-daccesso-non-serve-disonore-e-malaffare-si-sono-presi-la-citta-gia-da-anni/)
No, cari signori, Prefetti e Ministri, funzionari, uomini e donne delle istituzioni: l’invio della Commissione d’accesso agli atti per verificare l’eventuale infiltrazione della ‘ndrangheta nelle attività del Consiglio comunale di Reggio Calabria, non serve. Non serve più. Nominatela e mandatela pure, se la necessità delle procedure rituali in una democrazia taroccata lo richiede, ma la sua utilità è pari a zero. O quasi, servirà solo a meglio definire le altre tante identità sporche e disoneste che vivono solo per arricchire le trame balorde disegnate da ordinanze ed inchieste.
L’elenco del “Far West di Piazza Italia, nonostante le ulteriori pagine scritte dall’indagine “Ducale” non è ancora completo, anche se il quadro è già dilatato davanti alle pupille, pur oscurate dalla patologica cecità civile, dei reggini. Non ha nemmeno senso snocciolare nomi: sindaco, assessori, consiglieri, soggetti tutti intranei ad una maggioranza di centrosinistra che di amministrazione mai ha imparato in dieci anni i principi elementari, ma che conosce a menadito individui loschi e situazioni turpi. Le mani sulla città si sarebbe detto un tempo. Ma adesso oltre alle mani, ci sono le braccia ed i piedi ad essere inghiottiti da quella palude sporca che è diventata la sedicente politica reggina. E pazienza se l’opinione pubblica cittadina è così inservibile ed abulica da non riuscire nemmeno ad avere un’opinione.
Chi se ne fotte: ben vengano i pochissimi che ancora hanno accanto il fiammifero della parola per tenere accesa la fiammella della civiltà e della dignità. Quello di Reggio Calabria non è un Consiglio comunale, è un branco di paladini dell’illegalità che non meritano sia richiesto loro l’atto, minimo, addirittura ovvio, delle dimissioni. No, ora devono subire l’onta dello scioglimento. Ora sarebbe persino comodo scappare, da vili quali essi hanno ampiamente dimostrato di essere, di fronte all’ineluttabilità della vergogna. Lo scioglimento li deve cogliere sul fatto ed il fatto è che già facciano ingresso nei Palazzi che hanno reso luridi con la loro sola presenza. Ricoperti da una deficienza politico-ammnistrativa che non ha eguali, ormai godono solo della fiducia di clan e picciotti. Nessuno, se è una persona perbene può osare per un istante, di legittimare enti che sputano ‘ndrangheta e voti dalle stesse luride budella. E ben vengano le lettere, le note, gli articoli di giornale, le opinioni, ma solo se si ricostruisce una consapevolezza collettiva che conduce verso l’unica direzione reale: dal 2014 Reggio Calabria è stata dolosamente massacrata da sguatteri travestiti da amministratori pubblici che si permettono e si arrogano competenze che non sono loro mai appartenute.
E quando si ha a che fare con servi scodinzolanti e con la lingua umida tutto quello che non è una rivolta popolare si riduce ad una complice commistione di interessi. Il marciume di questo Consiglio comunale e di quello precedente, di questa Giunta e di quelle dell’ultimo maledetto decennio, non ha mai avuto bisogno di essere sottolineato da giudici e forze dell’ordine: è lì sotto gli occhi di tutti, ma proprio di tutti i reggini, non solo di quelli dal quoziente intellettivo limitato ad un punto così basso da poter esprimere una preferenza (incredibile a dirsi) nei confronti dei capibastone del centrosinistra, anche quelli oggi seduti sul lato opposto dell’Aula, ma nutriti fino ad ieri del latte tossico della maggioranza di centrosinistra. Qua siamo arrivati al punto che lo Stato, nelle sue rappresentanze imparziali ed istituzionali, deve provare, se ci riesce, a capire quanto la politica in riva allo Stretto si sia infiltrata nella ‘ndrangheta, non il contrario. Se solo esistesse quella coscienza civile di cui sopra, di fronte alla saga che vede protagonisti malvagi cacciatori di malaffare, urlerebbe a gran voce sotto il Palazzo della Prefettura rapidità nelle scelte, formalità che nulla aggiungeranno e nulla toglieranno al disgusto che è obbligatorio provare nei confronti di produttori sani di melma da scacciare lontano dagli scranni delle Assemblee elettive, da scacciare lontano dalla città.