Reggio. Le cimici del Ros nella loggia calabrese: “L’orologio di Gelli, i voti al candidato di centrosinistra e quelli alla Lega”

Licio Gelli

di Lucio Musolino 

Fonte: Il Fatto Quotidiano

“Una mattina mi sono innervosito, sono andato là e mi esce uno che aveva un cappuccio nero sulla testa”. C’è un aspetto dell’inchiesta “Ducale” rimasto sullo sfondo dell’indagine della Dda di Reggio Calabria sugli intrecci tra ‘ndrangheta e politica che l’11 giugno scorso ha portato a diversi arresti. Un aspetto che porta dritto dentro una loggia massonica del Grande oriente italiano e che non è legato alla cosca Araniti e a Daniel Barillà, il genero del presunto boss Domenico Araniti, considerato trait d’union con le istituzioni. Per il grande elettore di destra e sinistra il gup aveva ordinato i domiciliari, poi revocati dal Riesame che per lui ha disposto, invece, l’obbligo di firma. L’accusa di avere rapporti con la ‘ndrangheta ha gettato nel panico i palazzi della politica reggina che coccolava Barillà e il suo pacchetto di voti. Per la Procura si è consumato uno scambio elettorale politico-mafioso che non ha risparmiato il consigliere regionale di Fratelli d’Italia Giuseppe Neri, il consigliere comunale del Pd Giuseppe Sera (per i quali era stato chiesto l’arresto), il sindaco Giuseppe Falcomatà, l’assessore comunale Mimmetto Battaglia (Pd) e il consigliere leghista Mario Cardia.

“Ho bussato e ha risposto uno col cappuccio” – Tutto parte dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Mario Chindemi, che il 4 aprile 2019 si trova nella sala interrogatori del carcere di Rebibbia assieme al procuratore aggiunto Stefano Musolino e al pm Sabrina Fornaro. A loro racconta un episodio singolare avvenuto prima di essere arrestato. Nei pressi della sua abitazione c’è un capannone, una volta utilizzato come ristorante, in cui alcune persone si riunivano con regolarità occupando tutti i parcheggi della zona. “Venivano gente, voglio dire… oltre 30-40 persone… non è che venivano tutti i giorni, però ogni 15-20 giorni, ogni due mesi”. E tutte le volte Mario Chindemi si ritrovava con l’auto bloccata: “Una mattina mi sono innervosito, sono andato là e mi esce uno che aveva un cappuccio nero sulla testa… mi apre… non mi ha conosciuto e se l’è tolto, mi ha detto: ‘Che ha bisogno?’, gli ho detto: ‘Che ho bisogno? Tutte quelle macchine là, per gentilezza fatele uscire, vedete come le dovete sistemare per uscire sennò facciamo qua un bel po’ di fuoco e facciamo caldo”.

Le cimici nella loggia – Il pentito aveva perso la pazienza e non aveva esitato a minacciare quell’uomo incappucciato. Non si era reso conto, però, che aveva appena interrotto una riunione della loggia massonica Sirius Vera Luce, la numero 234 del Grande Oriente di Italia. Quello col cappuccio, infatti, ricopriva la carica di Primo sorvegliante: era “un certo Stillitano”, la stessa persona che gli era stata presentata in precedenza da suo fratello, Pasquale Chindemi. “Questo era vicino ai Libri (cosca di Reggio Calabria, ndr), all’epoca della guerra, oggi è un massone”. Bastano queste poche frasi per dare il là all’ennesimo filone dell’inchiesta “Ducale” che coinvolge il consigliere comunale Mario Cardia, oggi della Lega ma eletto nel settembre 2020 con la lista “S’intesi”, collegata al candidato sindaco del Pd Giuseppe Falcomatà. Ma andiamo con ordine. Dalle carte dell’inchiesta emerge il resoconto di come la loggia massonica si sia mossa in campagna elettorale riuscendo a fare eleggere un suo iscritto, Mario Cardia appunto, al consiglio un comunale. “Che lei sappia, questa cosa è ancora là? Funziona ancora?”. Alla domanda del procuratore aggiunto Musolino, il pentito Mario Chindemi non si scompone: “Fino al giorno dell’arresto era al 100%, voglio dire … può essere che fino a dicembre c’è stato, ora non so”.

“Bisogna dare una mano a Marietto” – Tanto basta per consentire alla Dda di Reggio Calabria, guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri, di disporre le intercettazioni. Il resto lo fanno i carabinieri del Ros che riescono non solo a mettere sotto controllo i telefoni dei soggetti che ruotano attorno alla loggia massonica ma anche a piazzare una cimice all’interno del tempio, registrando così le riunioni della “camera di mezzo”. “Come sei combinato tu? Ci dobbiamo vedere, per dargli una mano a Marietto… a Mario Cardia”. A parlare è sempre l’uomo che il pentito Chindemi cita nel suo verbale. Si tratta di Carmelo Stelitano, primo sorvegliante della loggia Sirius Vera Luce, ex funzionario della Città metropolitana di Reggio Calabria. Stelitano è incensurato ma il padre Sebastiano, detto “u Tarpa”, è stato condannato nel processo Crimine ed è definito dal Ros “un elemento di vertice del locale di ‘ndrangheta di Roghudi”. Stelitano è cognato di Antonio Libri, il figlio del defunto mammasantissima don Mico Libri, uno dei protagonisti indiscussi della guerra di ‘ndrangheta che ha insanguinato Reggio Calabria dal 1985 al 1991.

L’orologio di Gelli in regalo – Carmelo Stelitano cercava i voti per “Marietto” alle amministrative del settembre 2020 e alla fine Cardia è stato eletto con 1215 preferenze. “Ora mi sono seccato. Ora voglio risposte. Abbiamo finito di giocare… – sono le parole del massone – Se vince Falcomatà, Mario è assessore, a Mario gli deve dare l’assessorato per forza”. La campagna elettorale nella loggia massonica è un susseguirsi di incontri, che proseguono pure in vista del ballottaggio: “Venerdì abbiamo una ‘gemmazione’. Se vuoi che ci vediamo con il Gran Maestro”. Il riferimento è a Nicola Tucci, un massone (non indagato) originario di Rossano che, a suo dire, quattro anni prima aveva ricevuto in dono un orologio in oro appartenuto a Licio Gelli, “con la cosa massonica”. Tucci è un massone di rango che arriva a Reggio per Cardia e nell’occasione viene organizzata “una tornata avente ad oggetto la gemmazione di una nuova officina all’interno dell’obbedienza del Grande Oriente d’Italia obbedienza Piazza del Gesù”. La gemmazione avviene quando una una loggia è ormai troppo numerosa e una parte dei massoni decide di crearne un’altra. Gli onori di casa li fa sempre Stelitano che avvisa Tucci di aver “chiuso con quel gruppetto di sette/otto fratelli” aggiungendo che “venerdì sera, se è disponibile… se è libero… perché questo è il capo struttura di… del consigliere Giannetta della Regione Calabria (Domenico Giannetta di Forza Italia, anche lui non indagato, ndr)… l’ho invitato così parliamo di persona”.