di Alessia Candito
Fonte: Repubblica
Reggio Calabria. Pattuglie ben visibili su strada e motovedette che pattugliano la costa, elicotteri che volano bassi, berline scure che sfrecciano, uomini in completo scuro e auricolare all’orecchio piazzati nei pressi dei più noti hotel fra Reggio Calabria e Villa San Giovanni. L’arrivo delle delegazioni internazionali è iniziato in sordina, ma il Reggino già si prepara all’avvio del G7 del commercio previsto per domani. Oltre ai Ministri dei Paesi G7, saranno coinvolti quelli di importanti Paesi partner come Brasile, Corea del Sud, India, Nuova Zelanda, Turchia e Vietnam, assieme alla Direttrice Generale dell’OMC e al Segretario Generale dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE).
Una riunione vista Stretto, in una struttura non distante dal pilone che domina Santa Trada, a un passo dalla Scilla cantata dal mito, e dirimpetto alla siciliana Torre Faro.
Un panorama mozzafiato di cui – si sussurra negli uffici – il vicepremier Antonio Tajani si sarebbe “innamorato”, tanto da voler organizzare una delle riunioni internazionali programmate italiana, a dispetto di una tutt’altro che semplice logistica. Peccato che, se quel Ponte divenuto cavallo di battaglia del suo collega, il ministro Matteo Salvini e che il governo di certo non sembra osteggiare, di quel paesaggio da cartolina rimarrebbe poco o nulla.
Al posto dei due colossi – le due grandi stature di Poseidon che secondo diversi studi archeologici erano poste a protezione dello Stretto e i cui resti potrebbero riposare sui mai troppo esplorati fondali – ci sarebbero due giganteschi pilastri.
Nel programma ufficiale della manifestazione, di Ponte non c’è traccia. Ma, secondo indiscrezioni, insieme al porto di Gioia Tauro – asset logistico e commerciale strategico per la Calabria e il Sud Italia – è il convitato di pietra dell’incontro. Per certi versi, due opere incompatibili è emerso negli ultimi mesi. Come denunciato dal presidente di Federlogistica Merlo, le navi più grandi – tanto commerciali, come da crociera – sotto il Ponte non riuscirebbero a passare. Circostanza smentita dalla Stretto di Messina ma su cui più anche l’Autorità portuale di Gioia Tauro starebbe sviluppando studi e proiezioni.
È solo uno degli aspetti controversi della grande opera su cui tanto ha puntato il ministro Salvini che risultano indigesti al territorio. “la violenza con cui il Ponte viene imposto a calabresi e siciliani poggia proprio sull’inconsistenza della sua proposta progettuale, di cui molto si è parlato in questi mesi (dalle faglie attive su cui sorgerà l’enorme pilone della sponda calabrese alle carenze documentali e ingegneristiche, per non parlare delle criticità giuridiche e amministrative denunciate dal presidente di ANAC, Giuseppe Busia)”, tuona il movimento No Ponte, che domani tornerà in piazza.
Non è in programma una manifestazione o un corteo, solo un’assemblea in piazza e assai lontana dalla struttura in cui è organizzata la riunione. Eppure le misure di sicurezza sono imponenti, anche le strade attorno sono state interdette alla circolazione. E dire che a relazionare ci saranno docenti, legali, professionisti, studiosi.
All’incontro, cui hanno aderito associazioni ambientaliste e culturali, comitati di quartiere, sindacati, circoli, sindacati e diversi partiti, prima di passare la parola alla piazza, interverranno il professor Domenico Marino (Università Mediterranea), che relazionerà sulla insostenibilità economica e giuridica del progetto Ponte, affrontando anche il tema del trasporto navale, al centro dell’intervento del professor Domenico Gattuso (Università Mediterranea), che si focalizzerà sulle alternative di trasporto nella mobilità dell’area dello Stretto. Aura Notarianni, avvocata e attivista di WWF, condividerà aggiornamenti sulle azioni legali in corso e su quelle che riguardano espropriandi ed espropriande. Piero Polimeni, invece, affronterà il tema della sostenibilità nello Stretto.
“La nostra contrarietà a questa mega opera inutile e distruttiva trova immediata e concreta traduzione in tanti Sì che decliniamo nella rivendicazione di servizi pubblici, sanità, occupazione, tutela ambientale, infrastrutture, sviluppo ed economie di comunità. Mentre i Sì Ponte sono primitivamente ossessionati da un modello di sviluppo oggi superato e decisamente inattuale, vogliamo dare risonanza pubblica a prospettive alternative di sviluppo, quelle di cui i nostri territori avrebbero veramente bisogno”, dicono gli attivisti del Movimento No Ponte. Che promettono battaglia, a dispetto del nuovo emendamento del decreto sicurezza che sembra essergli stato cucito addosso.
“Anche solo scrivere e diffondere un volantino in cui si invita a mobilitarsi per impedire la cantierizzazione dei territori, democraticamente e pacificamente come sempre avvenuto nella storia della lotta al Ponte, potrà essere associato al cosiddetto terrorismo della parola, e punito con nuove pesanti pene”, commentano sdegnati e preoccupati. Perché mentre l’emendamento voluto dal deputato leghista Igor Iezzi si faceva strada in commissione, il governo ha licenziato l’ennesimo decreto legge che appare pensato per spianare la strada alla maxiopera.
“Di fronte all’impossibilità di pervenire a un progetto esecutivo la realizzazione del Ponte potrà procedere per “stralci funzionali”: si potranno cioè aprire i cantieri senza un progetto esecutivo, con i privati che potranno chiedere penali fino al 10 per cento del mancato guadagno per gli stralci che non saranno realizzati. E tutto questo mentre la Commissaria Europea per i trasporti, Valean, ricorda che l’Unione Europea non finanzierà mai il progetto, perché ancora mancano reali studi preparatori”.
E già basta questo – osservano dal movimento – perché il Ponte si dimostri “una gigantesca e pericolosa menzogna che chiama in causa la tenuta democratica di questo Paese e che rischia di essere un incubo non solo per gli espropriandi che vivono con questa spada di Damocle sulla loro testa, ma per tutti coloro che provano rabbia e vergogna di fronte alla possibile devastazione della bellezza di ambienti che andrebbero tutelati e vissuti all’insegna di una sensibilità diversa da quelle delle colate di cemento e dei mostri di acciaio, che ci parla della protezione degli ecosistemi, delle specie con cui conviviamo in queste terre e in questi mari, e con cui dobbiamo immaginare e progettare un avvenire diverso”.