Calabria. Beni confiscati alla ‘ndrangheta, lo specchio della deriva dello Stato

di Saverio Di Giorno

Che fatica che fanno i comuni a gestire i beni confiscati alla ‘ndrangheta! Almeno spulciando i registri se ne trae una conclusione: è più facile a confiscarli i beni che poi gestirli. E quei beni poi quando non vengono lasciati nel degrado tornano a quel circolo. Questo ha in generale conseguenze terribili come segnale per il territorio che vede lo Stato non saper ristabilire la sua presenza.

In altri casi rivela anche una difficoltà – e vale anche per le amministrazioni “nuove” – di dire no ai soliti padroni dell’economia criminale. Quando si tratta di intaccare seriamente il patrimonio della criminalità, e quindi i rubinetti di voti, le amministrazioni si trovano in forte imbarazzo. Si può cambiare sindaco, amministrazione, financo personale, ma l’economia resta gestita da pochi.

E vediamo chi sono queste amministrazioni in imbarazzo. Partiamo da uno sguardo d’insieme: ,olti nel reggino, ma poca trasparenza nel cosentino.

In Calabria sono 133 i comuni che hanno avuto un provvedimento di confisca dei beni (per circa 1870 beni) e di questi ben 67 (ultimo aggiornamento lo scorso anno) non pubblicano l’elenco sul loro sito internet, come previsto dalla legge. E questi comuni o sono poco efficienti o nascondono il dato. In entrambi i casi rimandati, come recita il nome del report da cui siamo partiti per ricostruire la mappa.

I dati: Amantea, Belvedere, Palmi, Villapiana tra i peggiori. Castrovillari, Corigliano-Rossano tra i migliori.

Sulla base del report RimanDati di Libera abbiamo analizzato comune per comune i peggiori. Stando al report di Libera quelli meno trasparenti nella provincia di Cosenza sono Amantea (la prima) e poi a scendere troviamo Rende, Scalea e San Nicola Arcella. Quasi tutti i capoluoghi di provincia (Crotone, Vibo) stanno nelle prime posizioni insieme ad altri comuni minori come Gioiosa, Zungri o Palmi. Questi sono i meno trasparenti a comunicare tipologia di bene, concessione, chi è il gestore, quanto tempo e così via. Di alcuni comuni Libera non fornisce dati e abbiamo allora confrontato con un altro database (https://www.confiscatibene.it/mappa): effettivamente anche in questi comuni l’informazione o manca del tutto o non è completa e difficilmente reperibile secondo la normativa. Siamo andati a controllare e non sono comuni di secondo piano: il peggiore è certamente Belvedere sia per quantità di beni (20 assegnati su un totale di 30 confische) di cui si sa poco e poi c’è Diamante, Maierà (con un solo bene) e Santa Maria e Villapiana. A questi si accompagnano comuni dell’entroterra reggino o della piana.

Le amministrazioni vicine agli imprenditori confiscati, che ritornano…

In generale più sono piccoli (sotto i 10mila) e più sembrano in difficoltà e non solo per una questione di forze (anche). Ma anche perché è molto facile che gli imprenditori siano vicino a questa o quella amministrazione o che esercitino molta più influenza sul territorio e tramite prestanome riescano a tornarne in possesso gestendo partecipazioni a gare, affidamenti e bandi. È di questi signori che anche le amministrazioni più estranei non riescono a liberarsene e in questo modo i clan locali e le bande che investono continuano a prosperare. Poco contano poi gli arresti dopo intimidazioni, azioni violente o le retate di droga…

(Per scaricare la mappa: https://www.datawrapper.de/_/K6ihP/)

I migliori? In fondo alla classifica Varapodio (RC) ma anche tra i più trasparenti Castrovillari e sempre nelle posizioni basse anche qualche grande noto Corigliano-Rossano e Tropea.

Considerando i comuni con informazioni incomplete o mancanti insieme è interessante anche la distribuzione delle provincie: sebbene quella di Reggio Calabria abbia molti più comuni e molti più beni confiscati, sono le provincie di Cosenza e Catanzaro (in percentuale) ad avere i comuni meno trasparenti e aggiornati. Interessante ma non sorprendente: sono i luoghi più “ricchi” della Calabria. Forse meno letterari rispetti ad Africo, Platì e San Luca, ma quelli dove si reinveste e che hanno la veste di facciata in qualche modo meno compromessa.

Un’altra curiosità. Questa per i più appassionati. Se si va ad analizzare la storia di questi beni si vede che per una buona parte i provvedimenti partono da procure settentrionali o non calabresi. E anche questo non è strano siccome gli imprenditori a cui vengono confiscati hanno reinvestimenti multipli e in molti casi è dal nord che partono queste inchieste.

Quando si parla di lotta alla ‘ndrangheta, il segmento repressivo è solo la parte iniziale. La retata, l’arresto rischiano di essere solo una spolverata di comodo se il patrimonio resta poi alla mercè del tempo o del prossimo signore di passaggio.