Ieri è stata scritta l’ennesima pagina di discriminazione di genere in questa città. La notizia della mancata iscrizione della squadra femminile del Cosenza Calcio, che si era qualificata per il campionato di serie C, da parte della società presieduta da Eugenio Guarascio, è molto grave, per diversi motivi, tra cui:
– se da una parte si nega la crescita della squadra femminile cittadina, dall’altra soltanto tre mesi fa si utilizzava il calcio femminile come strumento di marketing e profitto, ospitando la nazionale italiana nello stadio Gigi Marulla
– Ricerche e dati (CENSIS, 2023) ci dicono che in Calabria soltanto il 13% delle donne pratica sport, percentuale che segna un divario enorme rispetto alle donne di altre regioni (50% in Trentino – Alto Adige).
– Sono tante le bambine e le ragazze che ogni anno si avvicinano a sport che storicamente sono stati riservati esclusivamente ai maschi. Calcio, rugby, arti marziali, boxe e i segnali di domanda in questo senso sono molto incoraggianti. Queste bambine e ragazze, spesso, affrontano pregiudizi, commenti e atti sessisti.
Ci sarebbero tante altre considerazioni da fare, ma intanto, partendo da queste, vogliamo dire che la scelta della società Cosenza Calcio non solo rappresenta una grave ingiustizia nei confronti delle calciatrici che si sono qualificate, ma lascia intendere a tante bambine e tante ragazze che si avvicinano a questo sport che la loro passione non è importante, “che non vale la pena scommettere su di loro”.
Un’ultima considerazione: il calcio, utilizzato come mero strumento per fare profitto, messo a servizio di questo sistema economico, non produce altro che sfruttamento e discriminazione.
Fem.In. Cosenza