Olimpiadi. I “magnifici 7” calabresi vincitori di medaglie/2. Le favole di Simone Rosalba, Giuseppe Sculli, Simone Alessio e Rosalba Forciniti

Con la medaglia di bronzo conquistata ieri sera da Simone Alessio a Parigi nel taekwondo salgono a 7 gli atleti calabresi che hanno vinto medaglie olimpiche. Si tratta di Oreste Moricca di Filandari (scherma: un oro nella Sciabola a squadre e un bronzo nella Spada a squadre) a Parigi 1924; di Emilio Bulgarelli di Reggio (pallanuoto: un oro a Londra 1948); di Giovanni Parisi di Vibo (boxe, oro a Seul 1988); di Simone Rosalba di Paola (pallavolo: un bronzo a Sidney 2000); di Giuseppe Sculli della Locride (calcio, bronzo ad Atene 2004); di Rosalba Forciniti di Longobucco (judo, bronzo a Londra 2012) e di Simone Alessio di Sellia Marina (taekwondo, bronzo a Parigi 2024).

Nella prima parte abbiamo ricordato i tre atleti che hanno vinto l’oro: Moricca, Bulgarelli e Parisi.

OLIMPIADI E CALABRIA, I TRE ATLETI D’ORO (https://www.iacchite.blog/olimpiadi-i-magnifici-7-calabresi-vincitori-di-medaglie-1-moricca-bulgarelli-e-parisi-i-tre-atleti-doro/)

Nella seconda parte ricordiamo i quattro atleti che hanno vinto le ultime medaglie di bronzo.

SIMONE ROSALBA DA PAOLA 

Simone Rosalba (Paola, 31 gennaio 1975), schiacciatore-laterale (“martello” se preferite) ha vinto la medaglia di bronzo con la Nazionale di pallavolo a Sidney 2000.

C’è anche Simone Rosalba nel “dream team” che ha composto la cosiddetta generazione di fenomeni della pallavolo italiana. Classe 1975, ha scritto pagine importanti della storia del volley azzurro, con un talento che ha saputo esprimere nonostante i molteplici infortuni che lo hanno tormentato per quasi tutta la carriera. Con la Nazionale italiana debutta nel 1995, quando gioca a Trieste in un’indimenticabile vittoria ai danni della Grecia per 3-0. Vince il Mondiale 1998, la medaglia di bronzo ai Giochi olimpici di Sidney e 4 World League (1995, 1997, 1999 e 2000). Insomma, un curriculum da stropicciarsi gli occhi. Così Simone Rosalba è a tutti gli effetti un componente eccellente della fatidica generazione di fenomeni.

“Generazione di fenomeni” è un documentario sportivo, un racconto corale ricco di repertori inediti, alcuni girati dagli stessi giocatori durante le trasferte. Una storia collettiva sull’unione e l’amicizia – non sempre semplice – di un gruppo di straordinari sportivi uniti da un fuoriclasse seduto in panchina: Julio Velasco. I nomi di questi fenomeni sono ormai leggenda: Andrea Anastasi, Davide Bellini, Lorenzo Bernardi, Vigor Bovolenta, Marco Bracci, Luca Cantagalli, Mirko Corsano, Alessandro Fei, Ferdinando De Giorgi, Claudio Galli, Andrea Gardini, Andrea Giani, Giacomo Giretto, Pasquale Gravina, Andrea Lucchetta, Stefano Margutti, Marco Martinelli, Roberto Masciarelli, Marco Meoni, Michele Pasinato, Gilberto Passani, Damiano Pippi, Simone Rosalba, Andrea Sartoretti, Paolo Tofoli, Fabio Vullo, Andrea Zorzi.
Un viaggio dentro l’anima di una squadra che ha cambiato la cultura sportiva del nostro paese. Quella nazionale che non aveva mai vinto nulla fino all’Europeo del 1989 e che si trova a dominare la scena mondiale per dieci anni. I numerosi successi e le cocenti delusioni – come quell’oro olimpico sfuggito nel 1992, nel 1996 e anche nel 2000 e che è rimasto ancora un tabù anche quest’anno – sono l’asse temporale dentro cui si sviluppa il racconto e il ritratto intimo dei protagonisti. E tra questi c’è anche il nostro Simone Rosalba. 

GIUSEPPE SCULLI DALLA LOCRIDE 

Giuseppe Sculli (Locri, 23 marzo 1981) ha vinto la medaglia di bronzo con la Nazionale di calcio ad Atene 2004.

Cresciuto nella Juventus, natali calabresi e un passato “scomodo” legato al nonno, Giuseppe Morabito, di Africo (Reggio Calabria) detto Tiradritto, finito in tante inchieste sui clan della ‘ndrangheta, Giuseppe Sculli ha giocato col Crotone dal 2000 al 2002. Poi è stata A, con Modena, Chievo, Brescia e Messina, e soprattutto Nazionale Under 21, con cui ha conquistato la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Atene e il Campionato europeo del 2004. Il Genoa lo ha preso nel 2006, ma, poche settimane dopo ha avuto otto mesi di squalifica con l’accusa di aver truccato assieme ad alcuni compagni del Crotone una gara con il Messina.

Al Genoa, con Gian Piero Gasperini che lo conosceva dai tempi della Juventus, Sculli ha giocato alcune delle stagioni migliori. Dava carattere e temperamento a una squadra giovane e nuova che si affacciava nel massimo campionato. Non ha mai avuto paura degli avversari, del Milan, dell’Inter e della Juventus. E neanche di amicizie o parentele “scomode”.

Tutto carattere e determinazione, in campo come nella vita, uomo spogliatoio per eccellenza, Sculli è nato all’ospedale di Locri ma è cresciuto a pochi chilometri di distanza tra Africo e Bruzzano Zeffirio. Nipote prediletto di Tiradritto, quell’uomo ingombrante lo ha sempre difeso in modo netto anche quando disse: “Vergognarmi? Io vado a testa alta, per me mio nonno non ha fatto nulla di male”.

Si dice che durante la latitanza di Tiradritto, gli investigatori girassero gli stadi di mezza Italia con la speranza di trovarlo a veder giocare il nipote, tanto era l’affetto per quel ragazzo. Sculli come non ha avuto esitazioni a difendere il nonno, così non ne ha avute nella domenica di follia degli ultras di Genova. Si è mosso deciso verso i tifosi per spiegare loro come stavano le cose. In nome della dignità personale, di quella dei suoi compagni di squadra, o soltanto in virtù di un sano istinto di ribellione, lui la maglia non se la toglieva. E non se l’è tolta.

Al timone di quella Nazionale che vinse il bronzo ad Atene 2004 c’era Claudio Gentile, che aveva formato un gruppo estremamente solido: il 3-5-2 azzurro si basava principalmente su una difesa arcigna (Bonera-Bovo-Barzagli), sulla qualità di De Rossi come perno di centrocampo e sulla vena realizzativa di Gilardino, assistito da uno sgusciante Sculli. L’Europeo andava in scena in Germania dal 27 maggio all’8 giugno e la selezione nostrana era già ai nastri di partenza una delle formazioni più quotate: ad unirsi al valore tecnico della rosa c’era anche la forza della tradizione, dal momento che a partire dal 1992 l’Italia aveva vinto addirittura quattro dei sei Campionati Europei Under 21 disputati, con le uniche eccezioni del 1998 e del 2002.

La partenza degli azzurrini fu però ad handicap a causa della sconfitta nel match inaugurale contro la Bielorussia di Alexander Hleb (1-2). L’esordio negativo obbligava l’Italia a fare risultato nelle restanti due partite del girone contro Serbia-Montenegro e Croazia: la missione venne portata brillantemente a termine grazie ai successi per 2-1 (con doppietta di Sculli) e 1-0 (con timbro di De Rossi), che regalarono alla squadra di Gentile il primato del raggruppamento. In semifinale l’Italia affrontò il Portogallo, che venne sconfitto per 3-1 grazie alla doppietta di Gilardino e alla rete di Pinzi. In finale gli azzurrini incrociarono nuovamente la Serbia-Montenegro: il goal di De Rossi nel primo tempo incanalò la sfida sui binari giusti e i sigilli di Bovo e Gilardino (capocannoniere del torneo insieme allo svedese Elmander) nei minuti conclusivi decretarono il 3-0 e diedero ancora più vigore all’apoteosi italiana.

Due mesi dopo, il 27 agosto 2004, gli azzurrini di Claudio Gentile salivano sul gradino più basso del podio di Atene 2004 per prendersi una medaglia che di lì a poco avrebbe spianato la strada alla vittoria del Mondiale 2006, penultimo grande atto di una Nazionale che da quel momento in poi ha cercato soltanto appigli vari per non affondare definitivamente. Amelia, Chiellini, Bonera, Barzagli, ma soprattutto De Rossi, Pirlo e Gilardino che due anni dopo, nella notte di Berlino, scrivevano uno dei capitoli più emozionanti della storia del pallone nostrano: una Nazionale non proprio Under 21 per via delle regole a cinque cerchi, ma che riuscì a mettersi in mostra in un torneo complesso arrivato al termine di una stagione massacrante.

Il percorso degli Azzurri nell’estate greca inizia col pari contro il Ghana, prosegue con la vittoria contro il Giappone e il ko incassato dal Paraguay, poi vincitore dell’argento. Mali e Iraq sono le parentesi positive, la batosta con l’Argentina una lezione tanto severa quanto difficile da apprendere in quel preciso istante: sembrerà una caduta banale, innocua, da dimenticare in fretta, sarà invece il primo campanello d’allarme di un Paese che da lì a poco si renderà conto di non essere più in grado di produrre talenti ma soprattutto gruppi coesi, amalgamati tra loro e in grado di fronteggiare coppe e campioni. L’Albiceleste del Loco Bielsa sembra inarrivabile, lo diventerà col passare degli anni: è un boccone amaro da mandare giù, ma il bronzo conquistato pochi giorni più tardi aiuterà a dimenticare in fretta. Il gol di Gilardino è la solita azione vista e rivista, un film proiettato più volte durante l’arco del campionato: colpo di testa al momento giusto e tanti saluti, l’Italia non sarà d’oro ma sul podio farà festa comunque.

ROSALBA FORCINITI DA LONGOBUCCO 

Rosalba Forciniti, nata a Cosenza il 13 febbraio 1986 ma cresciuta a Longobucco, ha vinto la medaglia di bronzo nel judo a Londra 2012 superando in finale la lussemburghese Marie Muller. Non Sono stati sufficienti né il tempo regolare né il golden score con altri tre minuti per assestare una mossa vincente. Alla fine la vittoria è stata decisa dai giudici anche in base alle due penalità ricevute dall’avversaria dell’azzurra. Il cammino di Rosalba era iniziato con un Yppon alla tedesca Romy Tarangul poi ha battuto la coreana Ok Kim Kyung e in semifinale è stata superata da Ae An Kum della Rep. Popolare di Corea (101). Rosalba Forciniti è la prima donna calabrese a salire sul podio olimpico nella storia dei Giochi.

Dalla Calabria a Londra con furore, la bionda judoka ha conquistato un bronzo olimpico incantando l’Italia e il mondo intero. Dietro questo successo ci sono tanti segreti, come il sostegno di “papi” Domenico al quale ha dedicato il risultato e il lavoro dei maestri Luigi Guido e Sandro Rosati. Ma c’è di più: la voglia di riscatto di chi viene da una terra bellissima ma difficile, storicamente affossata dalla mala politica e dalla criminalità organizzata.

Alle origini del trionfo. I ricordi del maestro Mangiarano


“L’avventura di Rosalba iniziò per caso – rivelava a Tgcom24 il primo maestro Mario Mangiarano, recentemente scomparso. Seguì le orme della sorella Maria Caterina, che aveva qualche chilo in più del dovuto e aveva bisogno di andare in palestra. Rosalba aveva soltanto 7 anni, era minuta e sottopeso, e la mamma Dina era inizialmente contraria alla sua iscrizione. ‘Maestro, così la fa scomparire’, sosteneva temendo che la bambina dimagrisse troppo”.

Mangiarano, che ha fondato la Kodokan Cosenza, insieme ai figli istruttori Sandro e Marco, ha seguito la Forciniti dal 1993 al 2005. E racconta alcuni aneddoti: “Rosalba combattè per la prima volta a 8 anni all’isola di Lipari ed ebbe la meglio sui maschietti, infliggendo loro 4 Ippon in 4 incontri. Il primo premio fu una medaglia in vetro, che lei ruppe mentre la stava mostrando alle amiche del paese”…

Nessun dramma, ne arrivarono tante altre. Come nel 1999 a Udine dove conquistò la prima medaglia italiana nella categoria Esordienti e nel 2003 a Sarajevo dove vinse l’oro agli Europei juniores. Nello stesso anno a Lione in Francia la Forciniti fu insignita atleta dell’anno, la più giovane nella storia del Judo Italiano. Il risultato di Londra è figlio di intensi allenamenti, fra ostacoli strutturali e chilometri macinati: “Rosalba-continua Mangiarano- era l’allieva migliore e grazie alla famiglia riuscì spesso a viaggiare verso il capoluogo, dove c’è la nostra sede principale. La Kodokan, nella sede distaccata di Longobucco, fu costretta ad allenare i tanti talenti al primo piano di un piccolo appartamento di circa quaranta metri quadrati in cucina sgombra da mobili scaldata a legna perché il Comune aveva negato l’utilizzo della palestra della scuola…

SIMONE ALESSIO DA SELLIA MARINA

Una medaglia cercata, voluta con le unghie e con i denti. Sognava l’oro olimpico Simone Alessio, ma alla fine il 24enne di Sellia Marina (Catanzaro) ha dovuto accontentarsi di salire sul più basso gradino del podio. Dopo la delusione di Tokyo, il calabrese arrivava a Parigi da campione del Mondo e da numero 1 del ranking, ma anche stavolta sfortuna ed episodi al limite del thrilling nel quarto di finale contro l’iraniano Barkhordari hanno fatto la differenza impedendo ad Alessio di proseguire la sua avventura. Superata la delusione, guidato da coach Claudio Nolano, Alessio ha completato il percorso di ripescaggio andando a vincere una splendida medaglia di bronzo. La Calabria, nel giorno della delusione del rossanese Lavia quarto con l’Italvolley, sorride e a distanza di 12 anni, dal bronzo di Rosalba Forciniti a Londra 2012, torna a conquistare una medaglia.

L’atleta calabrese aveva iniziato la giornata battendo al primo turno il kazako Toleugali Batyrkhan, ai quarti di finale aveva perso 2 a 1 dall’iraniano Mehran Barkhordari al culmine di una gara beffarda, persa a 4” dalla fine quando era in vantaggio. L’atleta di Teheran vincendo la sua semifinale ha consentito all’azzurro di entrare nel tabellone dei ripescaggi che avrebbero consentito una delle due medaglie di bronzo. Nel primo combattimento Alessio ha sconfitto per 2 a 0 l’uzbeko Jasurbek Jaysunov. Quindi il successo nella finalina. Tre anni fa a Tokyo la bruciante eliminazione ai quarti in un’esperienza olimpica che andava riscattata (cedette di misura, per 6-5, all’egiziano Seif Eissa). A Parigi la gioia del podio. Dopo i due ori al Mondiale nei 74 kg a Manchester nel 2019 e negli 80 kg a Baku nel 2023, arriva la prima gioia olimpica con un bronzo di grande valore.

Simone è nato a Livorno ma ha scoperto il taekwondo in provincia di Catanzaro, a Sellia Marina, dove andò a tre anni, “un posto dove potevi fare solo danza, calcio e taekwondo. E la mia fortuna è stata che a 10 anni mio padre mi disse: a calcio, secondo me non hai possibilità, a taekwondo qualche possibilità ce l’hai”, disse in un’intervista che si è rivelata profetica.

Per me è bello avere una medaglia al collo, anche se di bronzo. Ero venuto per l’oro, la fortuna mi ha dato questa possibilità dall’alto di potermi giocare ancora il podio, dopo il ko nei quarti, e non potevo sprecarla. Sono molto soddisfatto perché il bronzo ripaga questi quattro anni di sacrifici, non vedo l’ora di portare questa medaglia a casa dai miei genitori“. C’è però qualche rammarico per il ko ai quarti e per una storia che sarebbe potuta essere molto diversa: “Nei quarti ho sbagliato io. Sono andato indietro, arretrando e pensando a quello che dovevo fare io e non a quello che ha fatto lui. Ho difeso per un altro tipo di calcio, non per il posteriore, perché immaginavo che lui si girasse per colpirmi. L’errore è stato mio, mi sono preso le mie responsabilità”.

2 – (fine)