Crotone, il sequestro del Villaggio Campisi. Casette vendute come «abitazioni di lusso»

Le casette anziché essere adibite «a dimora temporanea» sono state vendute come «civili abitazioni, anche di lusso» facenti parti del “Villaggio Campisi” di Crotone. Lo scrive la Cassazione nelle motivazioni della sentenza cautelare con la quale, il 10 luglio scorso, ha confermato il sequestro delle 74 strutture del complesso turistico di località Gabella.
La Suprema Corte ha quindi rigettato i ricorsi che i 57 proprietari degli immobili avevano avanzato contro l’ordinanza del Tribunale del riesame di Crotone che, il 14 novembre 2023, ribadì i sigilli al “Villaggio Campisi” che – secondo la Procura – sarebbe stato realizzato in violazione del Piano regolatore generale vigente e delle norme regionali. Sul banco degli imputati ci sono Antonio Campisi, di 82 anni, e Luigi Campisi, 48enne, i rappresentanti legali della “Global Service Construction”, la società titolare del permesso di costruire e committente dei lavori di edificazione delle 74 strutture. Mentre ad Antonio Campisi, in qualità di amministratore dell’impresa “Campisi Antonio”, viene anche contestato di aver edificato gli immobili contravvenendo alle disposizioni urbanistiche. Entrambi, sui quali pende un decreto di citazione diretta a giudizio emesso dal pubblico ministero Pasquale Festa, devono rispondere di lottizzazione abusiva. L’inchiesta venne alla luce ad ottobre dello scorso anno con il sequestro preventivo delle strutture da parte dei carabinieri. Per gli inquirenti, al posto di un villaggio-camping con 72 bungalows in legno dotato di punti per il ristoro e la sosta, come stabiliva l’autorizzazione rilasciata dal Municipio nel 2008, il Villaggio Campisi sarebbe diventato un insediamento turistico. Da qui la pronuncia degli ermellini, secondo i quali l’ordinanza impugnata ha escluso la buona fede degli acquirenti degli immobili in quanto il Tribunale del Riesame ha rilevato che i ricorrenti, qualora avessero speso l’ordinaria diligenza nell’acquisto delle unità, avrebbero avuto consapevolezza sul titolo abilitativo rilasciato. Che era mirato alla realizzazione di un impianto turistico leggero, destinato all’uso ricettivo temporaneo e non alla realizzazione di un complesso residenziale destinato alla parcellizzazione delle unità abitative e alla loro successiva e singola vendita”.

E ancora: negli atti di acquisto degli immobili – riporta la sentenza – a dimostrazione della finalità lottizzatoria dell’intero intervento edilizio veniva fatto espresso riferimento alle spese e ai contributi condominiali, così chiarendosi che i bungalow oggetto di compravendita, anziché parte di un complesso turistico leggero a gestione unitaria, costituivano parte di un intervento edilizio ad uso residenziale”. Fonte: Gazzetta del Sud