A proposito di rispetto. Forse non tutti sanno che la parola rispetto deriva dal verbo latino “respicere”, letteralmente “guardare nuovamente” o “guardare indietro”. Ed è quello che stiamo facendo noi: “guardare nuovamente”, e sotto un’altra luce, tutti i “momenti” che hanno preceduto la strana dinamica del presunto incidente in cui ha perso la vita la giovane e solare Ilaria Mirabelli di Cosenza. Una morte che in tanti hanno già addebitato all’infame destino. Vogliamo solo capire se è così, e per capirlo dobbiamo necessariamente “guardare indietro”, analizzando tutti i dati oggettivi in nostro possesso, con il solo intento di porre tutte le domande che nel ricostruire la cronologia degli eventi, emergeranno.
Domande che in questa storia sorgono spontanee e che meritano una risposta: se dubbi ci sono vanno fugati e presto, ferie dei magistrati permettendo. E questo a tutela di tutti. E’ così che esprimiamo il nostro profondo rispetto, che non è sinonimo di silenzio, per Ilaria e per la sua famiglia. Onoriamo la sua memoria “guardando indietro e nuovamente” ogni istante che ha preceduto la sua morte, non per accusare qualcuno, ma per il rispetto che si deve alla verità. Che in questa tragica storia ancora non è emersa, e che non può restare sopita. Porre legittime domande non significa lanciare atti di accusa verso nessuno. E se qualcuno pensa questo, resta libero di pensarlo, e noi, come sempre, ce ne faremo una ragione.
Detto questo passiamo ai fatti nudi, crudi e senza commenti.
Di punti fermi in questa tragica storia ce ne sono pochi, ma uno dal quale partire c’è, ed è granitico: Ilaria alle 15,19 era seduta al ristorante “La Terrazza sull’Arvo”, insieme a Mario Molinari e a una coppia di loro amici. La presenza è testimoniata da un video postato sulla pagina del ristorante “La Terrazza sull’Arvo”, una diretta del 25 agosto. Dal video si capisce che il pranzo è alle battute finali e che da lì a poco Ilaria e Mario sarebbero andati via. Verosimilmente verso le 15,30, o poco dopo. Con loro c’è la cagnolina Lupetta. Molinari è alla guida della Volkswagen – il dato è stato accertato dai carabinieri -, e l’auto con i due si avvia sulla strada statale 108 bis “Silana di Cariati”, direzione Cosenza.
La distanza dal ristorante al punto esatto del presunto incidente (km 33,900) è di pochi chilometri, e si percorre in 8/10 minuti. Per cui, verosimilmente, l’auto guidata da Molinari con a bordo Ilaria, arriva sul luogo del presunto incidente attorno alle 16 o poco prima. L’ora in cui, ragionevolmente, è avvenuto il presunto incidente. Questo orario è confermato da un testimone oculare che proprio alle 16,15 transitava lungo la statale 108 bis e, dopo aver notato una lunga fila di auto ferme ai bordi della strada, incuriosito, si è fermato a chiedere cosa fosse successo. Sostando, insieme a tanti altri testimoni, per oltre 30 minuti sul luogo del presunto incidente. E quando va via, ci dice, ancora l’ambulanza non era arrivata. Siamo, verosimilmente, attorno alle 16 40. Solo pochi minuti dopo, alle 16,50, l’ambulanza arriverà sul luogo del presunto incidente. Subito dopo arriveranno i carabinieri guidati dal vicecomandante della caserma di San Giovanni in Fiore, il maresciallo Luca Pagliara. Raggiunti in seguito da una pattuglia (Radio Mobile) della questura.
Questi i dati oggettivi. Sull’orario dell’incidente sin dall’inizio non c’è stata chiarezza, il primo comunicato ufficiale dell’Anas arriva nelle redazioni alle 19,30. E la prima domanda è: perché la notizia di un incidente con vittima viene diffusa con un così inspiegabile ritardo? Generalmente, e lo sanno tutti i cronisti, non è così. Ma non è solo il ritardo a stupirci: la velina diffusa alle 19,30 dall’Anas nulla dice sull’orario e sulla dinamica del presunto incidente, si limitano a definirlo un incidente autonomo. La notizia rimbalza su tutti i siti e social, e tutti pensano che l’incidente sia avvenuto a quell’ora. Invece è avvenuto quasi 3 ore prima. Un vuoto di comunicazione di quasi tre ore che qualcuno deve spiegare. Ed è per questo che iniziamo, in questa storia, a mettere dei paletti dove possiamo. e quello dell’orario è il primo.
Il corpo di Ilaria viene trovato ai bordi di una stradina sterrata che costeggia il km 33,900 della statale 108 bis a 50 metri di distanza dalla vettura sulla quale viaggiava. L’auto, dopo essere uscita di strada e dopo aver percorso quasi 100 metri su un “sentiero” sterrato, viene fermata dalla folta vegetazione. Lungo i cento metri che l’auto percorre non ci sono ostacoli importanti, nè alberi, solo una recinzione che l’auto, lungo la corsa, in qualche punto urta, ma non la sfonda.
E partono le domande: come fa Ilaria a finire fuori dall’auto? Una cosa è certa, Ilaria non è sbalzata fuori dall’auto dal parabrezza, basta guardare la foto dell’auto, il parabrezza è danneggiato, ma non sfondato, né dal lunotto posteriore, visto che era seduta davanti. Allora come fa Ilaria a finire fuori dall’auto? Non resta che una sola opzione: Ilaria è “uscita” dall’auto dallo sportello passeggeri. Bisogna solo capire se questo è avvenuto per un crudele destino, o perché ha deciso, per chissà quale motivo, di scendere da quell’auto.
A guardare le foto dell’auto un’altra domanda che sorge spontanea è questa: come si spiega l’evidente ammaccatura a V del tetto dell’auto se lungo il percorso del presunto incidente non sono presenti alberi né ostacoli tali da giustificare un simile danno? Anche qui una cosa è certa: l’auto non si è cappottata. Serve perciò una spiegazione diversa per giustificare i danni sul tetto e sul parabrezza danneggiato. Che in un punto assume una forma circolare concava come se fosse stato colpito da qualcosa che arrivava dall’esterno. Le condizioni dell’auto dicono che i danni sono stati provocati da un impatto. E se lungo i 100 metri di sterrato che l’auto percorre non ci sono alberi, nè sporgenze con che cosa ha impattato l’auto?
Le tre gravi lesioni interne riportate da Ilaria sono compatibili con un violento impatto? E poi c’è una domanda in particolare che più delle altre ci tormenta: se Mario Molinari uscendo dal ristorante percorre la statale 108 bis direzione Cosenza, come mai l’auto dopo il presunto incidente si trova con il “muso” in direzione Lorica? Precisiamo che l’auto non ha effettuato nessuna giravolta. Ha percorso in maniera lineare i 100 metri di sterrato fermata dal “muro” di sterpaglie presente sul luogo.
I carabinieri giunti sul posto, dopo aver constatato il decesso di Ilaria, avvisano la procura nella persona del pm Donatella Donato che però è in ferie e invia sul posto il medico legale. Mario Molinari, che dal presunto incidente esce praticamente illeso, intanto, è stato accompagnato al pronto soccorso per un controllo. Le ore passano e i tanti testimoni presenti sul posto non notano nessuna attività “investigativa” sulla dinamica dell’incidente da parte dei carabinieri. Sono lì da ore limitandosi a controllare la zona e a dirigere il traffico. Sono le 22,00 passate quando i Vigili del Fuoco procedono con il recupero dell’auto.
E ancora il corpo di Ilaria giace sul freddo terreno. Non è presente sul luogo nessun “reparto scientifico”, si attende solo l’arrivo della polizia mortuaria. Che arriverà verso le 23,30. Niente è stato repertato e fotografato. Nessuno si preoccupa di recuperare sul luogo del presunto incidente, ad esempio, il telefonino di Ilaria, che viene trovato molte ore dopo in possesso di Mario Molinari. E allora ci domandiamo: perché Molinari quando viene portato al pronto soccorso si porta dietro il telefonino di Ilaria? Perché non lo consegna ai carabinieri quando giungono sul posto? E ancora: perché Molinari dichiara ai carabinieri che alla guida dell’auto c’era Ilaria, quando è stato accertato che a guidare era lui? Perchè dichiara il falso? E ci fermiamo, per il momento, qui.
Capiamo che possono sembrare domande inquisitorie, ma non è così che vanno intese, anzi, è esattamente il contrario: queste domande, che meritano una risposta, servono per fare chiarezza. Una opportunità per Molinari, e non un atto d’accusa. Potrebbero esserci risposte alternative, rispetto a quelle che i fatti ci inducono a pensare, alle domande poste e che magari non abbiamo considerato. E tutta la città è pronta ad ascoltarle. Perciò è importante rispondere. Senza nascondersi dietro l’alibi della Giustizia che farà il suo corso. Quello che è successo ad Ilaria non è una questione che si può liquidare con frasi fatte e retorica varia. Ilaria merita rispetto, tanto evocato da alcuni in questi giorni. Rispetto non può prescindere dal pretendere la verità su quanto accaduto. Chiedere “verità per Ilaria” è la più grande forma di rispetto che chi gli ha voluto veramente bene possa esprimere nei suoi confronti. Sempre a proposito di rispetto.