Lo abbiamo giù scritto più volte ma è arrivato il momento di ripeterlo e forse anche di gridarlo. Uno degli aspetti sconcertanti del “giallo” del molto presunto incidente di Lorica costato la vita alla giovane cosentina Ilaria Mirabelli è rappresentato dall’atteggiamento dei carabinieri di San Giovanni in Fiore e in particolare del vicecomandante della caserma o della stazione se preferite, il maresciallo Luca Pagliara.
Del resto, ogni volta che c’è da mascherare un fatto grave entra in scena un’anima nera con la divisa. Noi in particolare ne sappiamo qualcosa per quanto è avvenuto, 35 anni fa, con l’omicidio Bergamini: anche allora c’era un’anima nera in divisa ed era un altro carabiniere, il famigerato brigadiere Francesco Barbuscio.
Ma torniamo a Pagliara. Secondo quanto abbiamo appreso e purtroppo secondo l’evolversi dei fatti e degli eventi, il maresciallo – che è tra i primi ad arrivare sul posto – non avrebbe fatto davvero nulla per eseguire correttamente i rilievi sul posto e non ci sarebbero neanche le misurazioni e le fotografie planimetriche che per legge devono essere effettuate e scattate sul luogo di un incidente. Per non parlare dell’aspetto più clamoroso ovvero il mancato sequestro del luogo del presunto incidente, che non viene neanche transennato nonostante siano evidenti una serie di reperti sparsi per terra e utilissimi per accertare i fatti. E per non parlare della circostanza che il maresciallo riesce nell’impresa di tenere il posto sotto controllo – a completa disposizione degli insabbiatori – per due lunghe ore, dalle 16,15 alle 18,20 – prima di chiamare l’Anas e di dare il via libera a Mario Molinari per avvisare la famiglia di Ilaria. Pagliara arriva a “vette” altissime, insomma, e riesce nell’impresa di sbloccare anche il traffico per evitare curiosi e ficcanaso.
Il maresciallo in sostanza non fa niente di niente… al punto che le uniche testimonianze degne di nota riguardanti il luogo del presunto incidente sono i video e le foto dell’avvocato Ugo Morelli, che è arrivato a Baracchella di Lorica intorno alle 21 e ha documentato tutto quello che gli è stato possibile. Non siamo esperti, ma non bisogna esserlo per valutare ancora una serie di assurdità – per utilizzare un eufemismo – legate alla “professionalità” del maresciallo Pagliara. Che il veicolo sia stato rimosso dalla sua posizione di statica finale prima che venissero completate le operazioni tese alla raccolta degli elementi oggettivi, indispensabili alle indagini e prima ancora dell’arrivo della polizia scientifica, è un fatto estremamente grave, che compromette una corretta ricostruzione dei fatti. Al di là delle ubicazioni e della conformazione dei danni che in ogni caso lasciano non poche perplessità. Se a questo quadro poi aggiungiamo i “precedenti” del maresciallo Pagliara, la situazione diventa – se possibile – tragicomica.
Perché a quanto pare il maresciallo non è nuovo a queste “prodezze”. Nel 2015 Pagliara, che all’epoca era comandante di stazione a Roccabernarda, fu rinviato a giudizio per 8 gravi accuse, tra le quali quelle di falso ideologico e frode assicurativa. Secondo l’accusa, Pagliara avrebbe predisposto moduli di rinuncia ai rilievi non veritieri relativamente ad alcuni incidenti stradali coinvolgendo la sua attuale moglie e alcuni parenti. In un’occasione, in particolare, fu contestato un falso incidente con falsa documentazione in cui il protagonista era lo stesso maresciallo in veste di… privato cittadino. Sì, avete capito bene…
Il processo di primo grado arrivò a conclusione nel 2019 e il Tribunale di Crotone condannò il maresciallo Pagliara a 3 anni e 8 mesi di reclusione. Con la contestuale sospensione dal servizio. Ma poi, come spesso accade in queste vicende e in particolare ai soggetti… amici degli amici, la Corte di Appello di Catanzaro ribaltò la sentenza decretando la sua assoluzione e – ahinoi – il suo ritorno in servizio proprio nella caserma dei carabinieri di San Giovanni in Fiore dove appare chiarissimo che non abbia fatto il suo dovere.
Nel 2015 Luca Pagliara, dunque, lavorava a Roccabernarda. A denunciarlo era stata una compagnia di assicurazioni per alterazioni – ma guarda un po’ il caso – di rilievi di incidenti stradali in cui erano coinvolti sua moglie e parenti della stessa, che così si “pagavano”, pers semplificare il tutto.
Di conseguenza, in attesa della sentenza di primo grado, Pagliara subì un trasferimento a San Giovanni in Fiore, che possiamo tranquillamente definire “punitivo”.
Come abbiamo scritto, nel processo a Crotone Pagliara viene condannato pesantemente a 3 anni e 8 mesi in primo grado per responsabilità diretta rispetto ai fatti esposti dall’assicurazione e viene sospeso dal servizio. Ma circa due anni e mezzo dopo, tra il 2021 e il 2022, dopo la sentenza di assoluzione in Appello “per non aver commesso il fatto”, Pagliara rientra in servizio.
Tuttavia, è davvero del tutto atipico il reinserimento del Pagliara in un Reparto operativo. Infatti, attualmente il Pagliara è sottordine (vicecomandante) nella caserma di San Giovanni in Fiore.
Il ritorno di Pagliara a San Giovanni in Fiore è, insieme, un favore al medesimo, perché la moglie lavora proprio nella ridente cittadina silana, e un fatto strategico per ripagare il debito che Pagliara ha con chi ne avrebbe favorito il ritorno in servizio. In sostanza, Pagliara diventa “il nostro uomo a L’Avana” per coloro che sono amici degli amici e fratelli deviati tra i fratelli e allora il suo coinvolgimento è quasi immediato perché si tratta di una cambiale che Pagliara deve pagare. E il maresciallo la paga – secondo lui… – nel migliore dei modi, facendo di tutto per allontanare chiunque e per non accertare nulla di quanto ha visto, fino a lasciare il luogo del molto presunto incidente addirittura in balia di chi ci vuol fare i… picnic. Ma qualcosa alla fine è andato storto nonostante il ruolo fondamentale del “grande regista”. Ma questa è un’altra storia.