Il procuratore di Castrovillari Alessandro D’Alessio ha preso a cuore il processo per l’omicidio volontario pluriaggravato di Denis Bergamini fin dai primi giorni del suo insediamento e non a caso ha già partecipato a diverse udienze importanti nell’economia del dibattimento supportando il suo sostituto che ha chiuso le indagini e ha ottenuto il rinvio a giudizio dell’imputata. Oggi, per la requisitoria, ha il compito di introdurre il certosino lavoro del pm Luca Primicerio e lo fa snocciolando una serie di concetti che, qualora ce ne fosse stato bisogno, rispecchiano la volontà della procura di Castrovillari di voler arrivare fino in fondo sulla base di prove che scottano e che inchiodano senza possibilità di equivoci Isabella Internò.
“Questo è un processo vivo, nonostante si celebri dopo 35 anni dai fatti e l’ipotesi di reato (omicidio volontario pluriaggravato) non a caso è imprescrittibile – ha esordito il procuratore – perché riteniamo che due delle tre aggravanti siano pienamente provate”. Le aggravanti, lo ricordiamo, sono la premeditazione, i motivi abietti e futili e le sevizie.
D’Alessio sottolinea che siamo davanti a un processo indiziario ma con prove piene e cioè con i requisiti della probabilità logica e dell’alta probabilità razionale e che vanno lette in un contesto generale con una serie di elementi di accompagnamento molto forti. Il procuratore le cita queste prove piene e lo fa con un crescendo disarmante per l’imputata e per chi la difende: la prova scientifica sotto il profilo medico-legale, la relazione dei carabinieri del Ris per la dinamica ma anche le testimonianze che descrivono il contesto e che legano insieme i fatti. E si tratta di più elementi forti che bastano a chiarire il quadro probatorio.
La requisitoria della procura di Castrovillari è stata divisa in due parti. “Oggi – ha detto D’Alessio – ci occuperemo di com’è morto Bergamini, della verità storica e quindi di come è stato ucciso. Domani ci occuperemo del ruolo dell’imputata. Si parte, dunque, dal racconto dell’unica persona presente al momento dei fatti e questa versione verrà vivisezionata ma non per tifo o schieramento ma perché abbiamo delle prove. E le prove ci dicono che è completamente falsa e ricade come un macigno sulle sue spalle perché l’imputata ha interesse a nascondere la verità avendo avuto sia uno scopo e sia un movente”.
D’Alessio ovviamente spiega quali sono lo scopo e il movente e per farlo ci riporta con la mente a com’era la Calabria nel 1989 quando le questioni d’onore si risolvevano ancora con la lupara. Il procuratore invita a pensare quale peso potesse avere la situazione di una donna rimasta incinta e non sposata in un ambiente “patriarcale” e chiosa: “Questa era la vera situazione inaccettabile nella quale è maturato il delitto”. E richiama le parole di Bergamini, che pochi giorni prima di essere ucciso, diceva alla sua nuova fidanzata che aveva ragione a dire che in Calabria per le questioni d’onore si usa ancora la lupara. Subito dopo ha preso la parola il pm Luca Primicerio, sulla cui requisitoria scriveremo a parte.