Domani ricorre il 36° anniversario del barbaro omicidio di Denis Bergamini. Da meno di un mese è iniziato il processo d’appello a carico di Isabella Internò, condannata in primo grado a 16 anni di reclusione perché riconosciuta colpevole di concorso in omicidio volontario pluriaggravato. Oggi riportiamo la prima e la seconda parte della requisitoria del pm Luca Primicerio.
Il pm Luca Primicerio, nella prima parte della sua requisitoria nel processo per l’omicidio volontario pluriaggravato di Denis Bergamini, spiega com’è morto il calciatore del Cosenza e parte dal racconto di Isabella Internò non prima di aver ricordato, però, che Bergamini aveva appena firmato un contratto molto vantaggioso per la sua carriera e aveva una nuova relazione sentimentale: “Aveva tutta la vita davanti” sintetizza il pm.
Primicerio legge testualmente il racconto di Isabella Internò, quello ormai celebre nel quale la donna riferisce che Bergamini si sarebbe tuffato sotto il camion “nella stessa posa di quando si fanno i tuffi in piscina”. E lo smonta pezzo per pezzo, partendo prima ancora che dalla prova scientifica della perizia medico-legale del 2017 dalla prima autopsia eseguita dal professore Francesco Avato. “Fu eseguita 45 giorni dopo la morte e il professore Avato ci ha detto anche in udienza che ha agito alla cieca, al buio, eppure aveva già evidenziato una grave sofferenza polmonare ponendo un problema importante nonostante stesse agendo con quesiti che riportavano all’ipotesi di omicidio stradale e senza neanche avere a disposizione i rilievi fotografici. Avato scriveva con chiarezza che Bergamini era disteso a terra e che non presentava nessuna ferita da urto, proiezione o abbattimento ma che era stato solo sormontato dal camion”.
Il pm passa quindi alle perizie del 2013 effettuate dai medici legali Roberto Testi e Giorgio Bolino, che lavorano sui vetrini repertati da Avato e già chiariscono che le lesioni riportate da Bergamini sul bacino non sono vitali e che, di conseguenza, sono stata inferte quando era già morto. Chiedono la riesumazione del cadavere ma la procura non la concede, tuttavia concludono il loro lavoro affermando che il quadro polmonare è compatibile con una morte avvenuta per asfissia meccanica violenta.
Così si arriva al 2017 quando nel frattempo si è insediato il procuratore Eugenio Facciolla, che ha riaperto il caso e ha disposto la riesumazione del cadavere e un incidente probatorio alla presenza di un collegio di periti e di consulenti con esami radiologici che non erano disponibili all’epoca dei fatti.
Primicerio mostra le immagini “forti” del corpo corificato di Denis Bergamini, che già 28 anni prima Avato aveva definito “didatticamente eccezionali”. Ma a tanti anni di distanza si va decisamente oltre ogni ottimistica previsione e il pm, con la documentazione, assesta un altro fendente fondamentale all’imputata e ai suoi difensori. “E’ stato possibile effettuare addirittura 101 prelievi sul corpo, 23 dei quali sul bacino – ha ricordato – e ci fu la condivisione totale dei periti sull’uso della glicoforina per valutare le lesioni vitali sul cadavere di Bergamini, che stabilì la morte del calciatore per asfissia meccanica violenta”.
Il pm si sofferma a lungo sulla spiegazione della valenza scientifica della glicoforina e spiega come sia impossibile avere falsi positivi e negativi. Poi conclude la parte della requisitoria legata all’incidente probatorio con un interrogativo al quale dà subito la risposta: “Che cosa ci dicono i periti? Che Bergamini è stato vittima di asfissia meccanica violenta prima che arrivasse il camion e che le versioni raccontate da Isabella Internò e dal camionista Raffaele Pisano sono false. La prova scientifica entra nel complesso e nel contesto generale di tutta la vicenda: i periti ce l’hanno consegnata e noi adesso la diamo a voi della Corte”.
Si passa così all’esame dei polmoni di Bergamini e anche in questo caso il pm mostra foto “forti” che parlano quasi da sole: “Siamo davanti a polmoni iperespansi che cercano aria: ci sono le tracce di un enfisema macroscopico, di un edema polmonare, della rottura dei setti e di una congestione. L’enfisema, poi, è arrivato in tempi rapidissimi e non è certo di natura cronica come potrebbe essere quello di un fumatore o di un soggetto asmatico. Bergamini non fumava e non ha mai sofferto di asma… ed era uno sportivo soggetto a frequenti rigorosi controlli medici che non hanno mai evidenziato problemi di sofferenza polmonare”.
Primicerio va avanti con estrema convinzione e incalza l’imputata con argomentazioni sempre più schiaccianti. L’esame per piani del collo e della laringe è un’altra mazzata per chi continua a sostenere che Bergamini si sarebbe suicidato. Il professore Avato non lo aveva eseguito perché all’epoca non gli era stato chiesto nei quesiti della procura ma nell’incidente probatorio questo esame eseguito con la glicoforina ci restituisce stravasi di sangue dentro i tessuti incontestabili. In modo particolare quelli sulla lingua sono chiaramente indicativi di asfissia e compressione. Concludendo questa parte della requisitoria, il pm afferma con nettezza: “Abbiamo la certezza che Bergamini è stato asfissiato con un mezzo soft che non lascia segni sul collo oppure con una manovra con le braccia e con le mani da dietro effettuata da almeno due persone”.
Di contro, invece, la lesione monofocale sul bacino presente sul corpo di Bergamini non è assolutamente vitale e non è minimamente compatibile con il “tuffo” evocato dall’imputata. “Se si fosse tuffato, avrebbe dovuto avere ferite sul volto, sui polsi, fratture alle spalle o quantomeno lesioni da urto, che invece non ci sono… Inoltre, i 23 prelievi effettuati nella zona del bacino ci indicano chiaramente che non ci sono lesioni vitali perché Bergamini era già morto per asfissia e tutti i medici concordano con questa versione. In particolare, già nel vetrino numero 13 di Avato ricavato dal bacino, non c’è traccia di nessuno stravaso intorno all’osso”.
Il magistrato, quindi, dimostra sempre scientificamente e con cognizione di causa che l’asfissia non può essere stata provocata dallo schiacciamento prodotto dalla ruota del camion perché l’energia va verso le gambe e non certo sopra: il diaframma è integro, lo stomaco è al suo posto, di conseguenza lo schiacciamento della ruota non ha potuto provocare la sofferenza polmonare. E neanche la preasfissia evocata da Avato con la “sorpresa” per lo schiacciamento perché una semplice “boccata” d’aria non può causare la rottura dei setti. Del resto, alla fine, lo stesso Avato, che non aveva mai visto le foto scattate nell’immediatezza dei fatti sul cadavere di Denis, conferma che la “gola” di sangue visibile è quella di una persona già morta. “Bergamini – riassume ancora il pm – è stato asfissiato da terzi prima dell’impatto col camion e le versioni di Internò e Pisano sono incompatibili con le lesioni e completamente false perché il calciatore era già morto”.
IL RACCONTO DI ISABELLA INTERNO’ E’ TOTALMENTE FALSO
Un’altra parte importante della requisitoria ha riguardato l’incompatibilità della versione del tuffo di Isabella Internò con la ricostruzione della dinamica dei fatti da parte dei carabinieri del Ris. Il primo quesito al quale rispondere è il seguente: dove sta la Maserati di Denis Bergamini? “Qualcuno dice che è parcheggiata nello spiazzo a destra – dice , qualcuno nella piazzola vicino al guardrail: c’è di sicuro una grande e brutta confusione. E dov’è la piazzola?”.
Il pm parte dalla relazione dell’ingegnere Coscarelli, che è un diario di appunti, ma è molto utile per ricostruire il campo dell’evento. “Diciamo subito – spiega – che non c’è luce, c’è un “buco nero” e non si vede nulla… La piazzola poi è in un tratto sterrato, in terra battuta, e la traccia utilizzata dal brigadiere dei carabinieri Barbuscio dalla fine della piazzola al camion per misurare un inesistente trascinamento è falsa. Dopo la parte finale della piazzola c’è un piano di campagna con arbusti e addirittura un canale e quindi non si può parcheggiare un’auto…”.
Primicerio, per rafforzare le prove contenute nella relazione di Coscarelli, mostra anche lo schizzo planimetrico disegnato da Piero Romeo con la collaborazione di Padre Fedele nell’immediatezza dei fatti. Tra i due disegni, che sono quasi perfettamente sovrapponibili, la differenza è minima, solo di qualche metro. I due disegni ci dicono che in quella distanza di circa 60 metri l’auto non ci poteva stare: l’auto, dunque, era parcheggiata all’interno della piazzola e non nella sua parte finale come affermano Isabella Internò e il brigadiere Barbuscio.
A sostegno di queste ipotesi, il magistrato riporta un’intercettazione ambientale tra Isabella Internò e il marito Luciano Conte, che si riferisce al periodo nel quale la donna era stata interrogata dalla procura e aveva già fornito una versione che – citiamo testualmente – “faceva acqua da tutte le parti”. Il marito le chiede: “Ma tu sei andata con l’auto fino a lì (ovvero sul luogo dove è stato trovato il cadavere di Bergamini, ndr)?”. E la risposta è disarmante: “Sì, era lontano…”. Dunque, l’auto era lontana dal luogo in cui Denis è stato ritrovato senza vita. Era lontana almeno 60 metri, altro che trascinamento…
E i carabinieri del Ris? Dalle fotografie dei rilievi appare subito chiarissimo che il camion di Pisano non ha nessuna ammaccatura come invece dovrebbe avere se davvero avesse investito o urtato Bergamini. “L’ultima traccia di sangue che si rileva – spiega il pm – è a 5 metri, dunque considerando lo spazio per una frenata si arriva da 5 a 8 metri. Di quanti metri era lo spazio per la frenata? Considerando una velocità di 29 km/h, ridotta a 22 per la frenata, siamo nell’arco di 3-5 metri e quindi verosimilmente si arriva al massimo a 8 metri…”.
Primicerio si rivolge alla Corte e pone un nuovo interrogativo, al quale è facilissimo rispondere: “Come fa Bergamini a tuffarsi sotto il camion partendo dal guardrail? Non c’è lo spazio materiale: la versione del tuffo è incompatibile con le distanze e dal guardrail non poteva certo buttarsi o ancora peggio tuffarsi…”.
Ce n’è abbastanza per trarre altre e nuove conclusioni alla requisitoria: “La versione di Isabella Internò non solo è incompatibile con le risultanze delle perizie medico-legali ma anche con la ricostruzione della dinamica dei fatti da parte dei carabinieri del Ris e si rafforza ancora di più la convinzione che Bergamini era già a terra morto”.
Ma se ancora non bastasse, c’è anche la testimonianza del camionista Francesco Forte (deceduto nei mesi scorsi per un tumore, come ha rivelato il pm) a dare ancora più valenza alle perizie mediche e al lavoro del Ris. Forte, anche se si decide a parlare dopo molti anni, non ha nessun interesse a nascondere la verità e anzi continua a “resistere” anche dopo aver parlato perché ha paura e deve avere visto qualcosa di più rispetto a quanto ha detto se è vero – com’è vero – che ha richiesto la scorta per essere tutelato: è un teste credibile. E il pm aggiunge che la sua testimonianza non è affatto in conflitto con quella di Panunzio, ovvero l’uomo che accompagna Internò al ristorante “Da Mario” per telefonare. “Forte descrive la scena dell’evento quasi nell’immediatezza dei fatti, quando c’era gente e c’era una sorta di viavai, mentre Panunzio arriva dopo”.
Avviandosi alla conclusione, Primicerio si chiede: “Come viene a conoscenza dell’incidente il brigadiere Barbuscio?”. Il carabiniere, secondo quanto è agli atti, apprende dei fatti alle 19,30 dai carabinieri di Rocca Imperiale che a loro volta lo hanno appreso da una persona che aveva chiamato al numero fisso della stazione. Ergo, c’era movimento, c’era gente. E Forte e Panunzio descrivono due situazioni diverse.

Perché allora il camionista Raffaele Pisano mente? La risposta del pm è semplice: non vuole essere coinvolto, quindi ha interesse a nascondere la verità e forse ha anche pattuito il suo silenzio. Il racconto di Isabella Internò invece non solo è falso per quello che dicono i medici e il Ris ma anche per quello che dice il testimone Francesco Forte.
E poi ci sono tutti i discorsi relativi alla personalità di Bergamini, che a tutto poteva pensare tranne che… a suicidarsi. Sui suoi conti corrente c’erano 200 milioni di vecchie lire, aveva progetti di vita e professionali: cosa doveva andare a fare alle Hawaii o in Amazzonia senza avere dietro bagagli e denaro? “Il racconto di Isabella Internò – riassume il pm – è anche strampalato oltre che falso”. Primicerio chiosa anche sull’assurdità dei depistaggi riguardanti la Maserati, il calcioscommesse, la droga e la criminalità organizzata. Resta, quindi, soltanto la pista passionale. “Bergamini è stato ammazzato. Il racconto di Isabella Internò – conclude – è totalmente falso”.









